Fratel Biagio Conte, il sorriso dei poveri di Palermo
Michelangelo Nasca ha pubblicato la biografia più recente di quello che già tutti chiamano santo
Biagio Conte aveva tutto per fare una bella vita. Soldi, carriera, lavoro con un padre imprenditore. E l’ha fatta fino a 26 anni quando rimase folgorato dalla povertà di tanti disoccupati, immigrati e ‘scarti’ che circolavano per Palermo, la sua città. Decise di abbandonare tutto e di ritirarsi sulle montagne siciliane per ritrovare se stesso e dare un senso alla propria vocazione. Tra stenti, fame e freddo Biagio si sentì investito da una particolare ‘forza’ interiore che cambiò il corso della sua esistenza.
Dopo un avventuroso cammino-pellegrinaggio ad Assisi tornò a Palermo e fondò la ‘Missione di Speranza e Carità’ che ospita circa un migliaio di persone, tra poveri e immigrati senza una fissa dimora. Le missioni fondate da fratel Biagio oggi sono una decina. Al centro di tutte c’è la ‘Casa di Preghiera per tutti i popoli’, nata sulle macerie di un ex caserma dell’aeronautica, come ha scritto l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nella prefazione del libro di Michelangelo Nasca, ‘Fratel Biagio, il sorriso dei poveri’: “Il segno che lascia nel cuore di Palermo è un dono grande ma anche un compito grande: la sua domanda continuerà a provocarci intimamente e collettivamente”.
E nel ‘Discorso alla Città’ di apertura per l’anno giubilare di santa Rosalia lo stesso arcivescovo di Palermo aveva annoverato Biagio Conte tra i ‘santi’ della città: “E accanto alla Santuzza, come non ricordare uomini a noi cari, a noi particolarmente vicini (anche essi vivi pur se invisibili, vivi nel corpo vivo della nostra Città) come don Pino Puglisi, come fratel Biagio Conte? Anche per loro, sorelle e fratelli, il segreto è stato nutrirsi dell’Eucaristia, del Corpo del Crocifisso. Anche la loro vita è stata ‘eucaristia’. Anche dalla loro esistenza donata ci sentiamo chiamati e radunati: avvertiamo vivo in mezzo a noi il loro corpo per la stessa ragione”.
All’autore del libro, Michelangelo Nasca, docente di ‘teologia dogmatica’, presidente dell’emittente radiofonica dell’Arcidiocesi di Palermo, ‘Radio Spazio Noi’, e dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo, abbiamo chiesto di spiegarci per quale motivo l’arcivescovo ha annoverato Biagio Conte tra i santi della città che hanno scelto di seguire Gesù?
“Fratel Biagio Conte, ha rappresentato e rappresenta ancora oggi per la città di Palermo un punto di vista significativo per comprendere l’invito evangelico di Cristo a lasciare tutto per porsi alla sua sequela. Chi ha conosciuto Biagio Conte (e non era difficile incontrarlo per le strade della Città) ha riconosciuto nella sua persona l’amore puro e semplice verso Cristo e verso i poveri. L’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, nei giorni del Festino di Santa Rosalia, Patrona della Città, ha ricordato più volte la figura di Biagio, insieme a quella del beato Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia in odio alla fede, definendoli, come Rosalia, ‘i discepoli feriali del Regno, che non fanno rumore ma che ogni giorno silenziosamente continuano sulla traccia di Gesù’”.
Quale segno lascia tra i palermitani fratel Biagio Conte?
“La vita di fratel Biagio s’intreccia con la vita degli ultimi a partire da un libero abbandono alla volontà di Dio e da una disponibilità a lasciarsi guidare nel misterioso e avventuroso cammino della carità. E’ stato definito il ‘san Francesco’ di Palermo, ma per tutti era semplicemente fratel Biagio, un’anima innamorata di Dio e decisa ad offrire le energie di un’intera esistenza per aiutare gli ultimi. Il cuore del messaggio che fratel Biagio lascia ai palermitani e a tutti i cristiani è dentro quella sua libera scelta di vivere ‘povero con i poveri’, con quanti portano stampato nel volto l’immagine di Cristo che chiede di essere amato. Un ‘punto di riferimento (ha scritto il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, in occasione della sua morte), non soltanto a Palermo, per chi crede nei valori della solidarietà e della dignità della persona, che ha testimoniato concretamente, in maniera coinvolgente ed eroica’”.
‘Fratel Biagio, il sorriso dei poveri’: per quale motivo?
“Immediatamente dopo la morte di Biagio Conte, avvenuta il 12 gennaio 2023, sono stato contattato dai responsabili della Sanpino Edizioni per chiedermi se ero disposto a scrivere una breve biografia del missionario laico appena scomparso. Una proposta che ho subito accettato con gioia, e attraverso la quale mi sono reso conto di come la testimonianza di fratel Biagio aveva abbondantemente superato i confini della Sicilia. Il sottotitolo della mia pubblicazione, ‘Il sorriso dei poveri’, è stato suggerito dall’Editore.
In quasi tutte le immagini fotografiche che ritraggono fratel Biagio, infatti, è possibile osservare quel particolare sorriso che lo contraddistingueva e attraverso il quale riusciva a trasmettere serenità e speranza. Un dettaglio, questo, sottolineato anche dall’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, che ha curato la presentazione del libro: ‘E’ indelebile nella nostra mente, scrive mons. Lorefice, il suo sorriso luminoso e irresistibile e, soprattutto il suo sguardo e i suoi occhi pieni di cielo’. Così, dopo un lavoro di ricerca delle fonti e la redazione del testo, è nata questa bella pubblicazione, ‘Fratel Biagio. Il sorriso dei poveri’, edita dalla Sanpino Edizioni che ringrazio per la pubblicazione e per avermi dato fiducia”.
Come è nata la sua ‘vocazione’ ad abbandonare tutto per i poveri?
“Biagio, come racconto nel mio libro, aveva deciso di prendere le distanze da una società che talvolta si mostrava indifferente verso i poveri e gli emarginati. Si allontanò da casa, dagli affetti familiari e dalla stabilità che gli offriva il suo lavoro per vivere in eremitaggio e compiere la volontà di Dio che percepiva nel suo cuore.
Decise anche di compiere un pellegrinaggio a piedi ad Assisi, e proprio al termine di quel lungo viaggio (dopo una serie di eventi spirituali straordinari che dettaglio nel testo) iniziò quel cammino che lo portò poi a fondare la ‘Missione di Speranza e Carità’. Da quel momento era possibile incontrarlo sotto i portici della Stazione Centrale di Palermo, indaffarato a prendersi cura dei poveri e dei senza fissa dimora, emarginati e abbandonati al loro destino, senza nessun punto di riferimento umano ed istituzionale”.
Per quale motivo la sua è stata una ‘folle’ avventura?
“L’avventura, come lo stesso Biagio Conte disse, fu davvero ‘folle’! I gesti di solidarietà verso gli ultimi, a Palermo come in qualsiasi altra parte del mondo, erano presenti, grazie anche alle attività caritative promosse dalle parrocchie e da persone sensibili ai bisogni di chi non ha nulla per vivere.
Certamente era anche presente quell’indifferenza denunciata da fratel Biagio, che lo portò ad incontrare e scuotere la politica locale perché intervenisse con gesti concreti. Biagio, allora, stanco delle promesse non mantenute, decise di iniziare a vivere povero in mezzo ai fratelli ultimi. Poteva offrire il suo sostegno e il suo aiuto e poi tornarsene a casa, ma forse è stata proprio questa la ‘follia’, inedita per certi versi a Palermo: vivere come vivono i poveri, di provvidenza, di gesti di attenzione e di persone capaci di amare l’altro come se fosse Dio. E’ il Vangelo stesso che ce lo ricorda: ‘Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’ (Mt 25,40)”.
Come è possibile non perdere la speranza?
“Mi viene in mente un’espressione di sant’Agostino: ‘La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno ed il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle’. Credo che questa citazione descriva perfettamente la scelta che ha portato fratel Biagio a spingersi fino a tanto, e, nello stesso tempo diventa per tutti noi un richiamo a non mollare i remi in barca e a lasciarsi plasmare dalla volontà di Dio, con la certezza (come ricorda Isaia 49,23) che non saranno delusi quanti sperano in Lui!”
(fonte: ACI Stampa, articolo di Simone Baroncia 14/08/2023)
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Fratel Biagio - Il sorriso dei poveri
Con la Prefazione di Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo.