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sabato 5 novembre 2022

L’UNICA MAGIA CHE RIMANE - Dio legando la sua eternità alla nostra, mostra che ciò che vince la morte non è la vita, ma l'amore. - XXXII Domenica Tempo Ordinario Anno C - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Ronchi

L’UNICA MAGIA CHE RIMANE


 Dio legando la sua eternità alla nostra, 
mostra che ciò che vince la morte non è la vita, ma l'amore.


I commenti di p. Ermes al Vangelo della domenica sono due:
  • il primo per gli amici dei social
  • il secondo pubblicato su Avvenire

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».

Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Lc 20,27-38


per i social

L’UNICA MAGIA CHE RIMANE

Dio legando la sua eternità alla nostra, mostra che ciò che vince la morte non è la vita, ma l'amore.

I sadducei sottopongono a Gesù una storiella ingannevole, quella della donna sette volte vedova e mai madre, caricatura della fede nella risurrezione in cui non credono.
La piccola unica eternità che essi riconoscono è quella biologica, così importante da trattare quella donna come un oggetto di scambio. Non si lasciano neppure sfiorare dall’idea dell’amore, riducendo la carne dolorante e luminosa della vita a strumento, a proprio uso e consumo. Una specie di utero in affitto ante litteram.
Gesù non ci sta, e alla loro domanda subdola (di quale dei sette fratelli sarà moglie quella donna?) contrappone un mondo nuovo: quelli che risorgono non prendono né moglie né marito.

Attenzione: Gesù non dichiara la fine degli affetti. I risorti non si sposano, ma danno e ricevono amore ancora, finalmente capaci di amare bene, e per sempre.

Non è facile credere nella vita eterna, perché il sadduceo in noi la misura ancora col metro della durata indefinita, anziché con quello dell’intensità profonda.

Dio di Abramo, di Isacco, di Gesù, Dio di mio padre, di mia madre...
In questo «di» ripetuto 5 volte è racchiuso il segreto dell'eternità.
Una sillaba breve come un respiro, ma forte del legame che significa: Dio appartiene a loro, e loro appartengono di Dio. Legando la sua eternità alla nostra, mostra che ciò che vince la morte non è la vita, ma l'amore.
Il Dio dei miei padri vive solo se Isacco e Abramo, solo se tu e io, vivremo. Se quei nomi non esistono più è Dio stesso che non esiste. Se quel legame si dissolve è il nome di Dio che si spezza.
I risorti saranno come angeli. Come le gentili creature evanescenti, incorporee e asessuate del nostro immaginario? O non piuttosto, biblicamente, annuncio di Dio (Gabriele), forza di Dio (Michele), medicina di Dio (Raffaele)?
Occhi che vedono Dio faccia a faccia (Mt 18,10)?

Nella Bibbia gli angeli hanno la potenza di Dio, dinamismo che trapassa, sale, penetra, che vola nella luce e nella bellezza per custodire, illuminare, reggere, rendere bello l'amore.
Con l'immagine degli angeli Gesù ci indica una realtà di faccia a faccia con Dio, e poiché la risurrezione rimane un tema cruciale della nostra fede, il Risorto dirà: non sono uno spirito, un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho (Lc 24,36).

L'eternità non è durata, è intensità, e soltanto la nostra risurrezione farà di Dio il Padre per sempre, perché essa non cancella il corpo, non cancella gli affetti. Non fa morire nulla dell'uomo. Lo trasforma.
Ogni nostro amore si sommerà agli altri nostri vissuti, senza gelosie ed esclusioni, per farci capaci di intensità profonda, grati dell’infinita scoperta di amare con il cuore stesso di Dio.
L'unica cosa che rimane per sempre, ciò che rimane quando non rimane più nulla, quando tutto si dissolve, è l'amore (1 Cor 13,8).


per Avvenire

Non è la vita che vince l'amore, ma l'amore  (...)

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