"Un cuore che ascolta - lev shomea"
"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Vangelo:
Morbo terribile la lebbra, definita nella Bibbia «la figlia primogenita della morte» (Gb 18,13) e ritenuta un vero e proprio castigo di Dio, una punizione mortale riservata a coloro che fanno esperienza del peccato, e a motivo di ciò, divorati pezzo per pezzo dalla morte. I lebbrosi sono dei cadaveri ambulanti che rendono immondo tutto ciò che toccano, dei morti viventi per sempre esclusi dalla comunità civile e religiosa. La Samaria e la Galilea sono i simboli rispettivamente della idolatria e della infedeltà, cifra di questa impurità che impedisce qualsiasi tipo di relazione con Dio, con gli esseri umani e con le cose. Per questa ragione Gesù attraversa queste due regioni, le taglia in mezzo, perché nessuno possa sentirsi escluso dalla prossimità e dalla misericordia del Padre per condurre tutti dietro di sé fino a Gerusalemme. Ma solo Gesù, il Figlio amato perché obbediente al progetto d'amore del Padre, può compiere il santo viaggio perché è l'unico che ha «mani innocenti e cuore puro» (Sal 24). Grazie a Lui e per mezzo di Lui, anche noi siamo resi degni di compiere ciò che prima non ci era permesso: poter stare senza vergogna davanti al volto del Padre. Lebbrosi sono samaritani e galilei, lebbrosa è tutta la comunità di Israele (il numero dieci, il minian, è simbolo della assemblea sinagogale) perché è incapace di vivere la misericordia (Lc 17,1-6), lebbrosi siamo anche noi perché facciamo esperienza della medesima morte. Accostandosi a noi, Gesù ci usa misericordia, lasciandosi toccare dalla nostra lebbra assume la nostra stessa impurità divenendo così un inavvicinabile immondo come noi (cfr. Lv 13). Escluso dalla comunità degli uomini, ci conduce tutti alla comunione con il Padre. «La sua misericordia ha piagato Lui della nostra lebbra e guarito noi per mezzo delle sue piaghe (cfr. Is 53,5). A noi spetta solo alzare la voce, invocare il suo Nome e così ottenere la salvezza insperata e, cadendo ai suoi piedi, fare il Rendimento di Grazie» (cit.)