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lunedì 17 ottobre 2022

Nazionalismi di ieri e di oggi - Maria Grazia Recupero (VIDEO)

Nazionalismi di ieri e di oggi 
Maria Grazia Recupero 
(VIDEO INTEGRALE)

Primo dei Mercoledì della Spiritualità 2022
tenuto il 12 ottobre 2022
e promossi dalla
Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto


TESTIMONI DI SPERANZA NEGLI INFERI DELLA STORIA
Esperienze a confronto e attualità


Ci sono tantissime cose da dire a favore del nazionalismo 
e del fatto che esso mantiene le diversità, nella letteratura, nell’arte,
nel linguaggio e in tutto ciò che riguarda la cultura. 
Ma quando si tratta di politica, penso che il nazionalismo sia soltanto un male.
B. Russell

1. Nazione e nazionalismo 
Il “nazionalismo” è l’indirizzo culturale che, in formulazioni molteplici e talvolta contrastanti, attribuisce un ruolo centrale all’idea di nazione e sostiene la necessità di promuovere lo sviluppo autonomo delle singole nazioni. «Tutte le costituzioni politiche, repubblicane o di altro tipo, hanno come unico fine – se sono legittime – d’impedire o almeno limitare l’oppressione verso la quale la forza inclina naturalmente. E quando c’è oppressione non è una nazione ad essere oppressa. È un uomo, e un uomo, e un uomo. La nazione non esiste; come potrebbe essere sovrana?» (1) . In queste parole lapidarie di Simone Weil, scritte durante la Seconda Guerra Mondiale, si condensa la sua critica alla sovranità astratta e impersonale della nazione, che oggi appare profondamente colpita. Si pensi alla violenza di certi populismi contro le categorie politiche classiche, in primis quella di sovranità, ma anche quella di rappresentanza. Ancor più di recente, una guerra che sembra essere scoppiata improvvisamente, quando piuttosto è scaturita dal disinteresse globale nei confronti di popoli a lungo travagliati da confini incandescenti. Simili escalation, dai risvolti drammatici quando non tragici, si esprimono sotto il segno comune di nazionalismi risorgenti. Per cogliere il nazionalismo come problema del nostro tempo, riprendo il termine “nazione” che nel suo significato originario affiora dal fenomeno della vita, connotando dimensioni naturali, impolitiche per eccellenza. Deriva infatti dal latino natio – a sua volta forma sostantivata del verbo nascor, ossia ‘nascere’(2) . Come si dirà in seguito, la massima degenerazione dell’intreccio tra la matrice biologica da cui deriva il nazionalismo e le sue declinazioni politiche si manifesterà col nazismo. Ma facciamo un passo indietro. Perché l’idea di nazione assuma la potente carica identitaria che la connota politicamente, occorre attendere le grandi trasformazioni seguite alla Rivoluzione francese del 1789. Nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino leggiamo, in effetti, che «Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella nazione; nessun corpo, nessun individuo, può esercitare un’autorità che non emani direttamente da essa» (3) . Contemporaneamente in Europa si stavano diffondendo dottrine che criticavano gli ideali democratici e liberali, pensati dagli illuministi e affermati con la rivoluzione, poiché rischiavamo di disperdere in un intangibile concetto di uomo universale le concrete tradizioni radicate nelle diverse culture particolari. Il tedesco Johann Gottfried Herder, considerato il fondatore del nazionalismo, era un teorico del linguaggio che aveva coniato il neologismo “Nationalismus” per indicare, in particolare attraverso l’omologazione linguistica, l’attaccamento della comunità alla «terra dei padri», e il sangue versato per conquistare e difendere il territorio (4) . Entro tale impostazione si considera necessario un continuo lavoro di purificazione e sorveglianza contro l’intrusione di elementi culturali estranei; viene invece condannata la strategia dell’espansione, della conquista e dell’assimilazione culturale, in una parola la logica imperialista che pure si sarebbe consolidata a partire dall’età napoleonica. Potremmo allora sostenere che il nazionalismo è sia una rivoluzione che una controrivoluzione: da un lato, esprime l’istanza di liberazione, progresso, ed emancipazione dalle ingiustizie di un potere autoritario in favore di un potere democratico (fondato cioè su basi diverse dalla tradizione e dal diritto divino premoderni); in tal senso è uno strumento ideale, capace di alimentare la cooperazione tra le nazioni nonché di veicolare coesione e solidarietà all’interno dello Stato, integrando diversi gruppi sociali ed istanze contrastanti altrimenti destinati ad una conflittualità senza sintesi. Dall’altro lato, rappresenta la pretesa superiorità da parte di una nazione sulle altre, la sovranità esclusiva come valore, la supremazia a tutti i costi; in tal senso costituisce uno strumento ideologico, con effetti divisivi piuttosto che inclusivi; reazionari piuttosto che riformatori; omologanti piuttosto che pluralisti. Possiede dunque due anime il nazionalismo, che si combinano continuamente: quella universalista aperta alla solidarietà internazionale, diremmo simbolica; quella imperialista, aggressiva verso l’esterno, che nega qualsivoglia autorità al di sopra della nazione stessa, diremmo diabolica (5) .

2. Nazionalismo e nazismo
 Con queste premesse, l’indirizzo politico del nazionalismo quale criterio di legittimazione per l’indipendenza e autodeterminazione dei popoli, dischiude necessariamente risvolti paradossali: perché l’indipendenza non coincide con l’uguaglianza, come avrebbero voluto i razionalisti e gli illuministi; perché l’autodeterminazione finisce col comportare l’uso della forza sul piano internazionale, nell’impossibilità di trovare e/o applicare una legge universalmente valida.
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La promessa su cui – più o meno velatamente – si fonda ogni nazionalismo, su cui ogni nazionalismo crolla, è che in base alla propria nazionalità – questa incarnazione terrena e intimamente pericolosa della Provvidenza – si sarà tra i salvati e non tra i recisi. Il nazionalismo come ideologia dello stato nazionale, storicamente concepita per il progetto politico di unificazione culturale di un territorio e in un territorio restituisce, insieme all’appropriazione e al radicamento, una continua opera di espropriazione e sradicamento fin dentro le frontiere (10). Lo confermano le proposte degli autoritarismi europei – basate sui dualismi noi/loro, dentro/fuori, prima/dopo, etc. – centrate sulla salvezza contro gli altri – che di volta in volta personificano i disperati del mondo. Ma quali sono i confini del mondo? Mentre risuona ancora quel Nessuno si salva da solo in una piazza San Pietro bagnata di pioggia e lacrime il 27 marzo del 2020 (11), la domanda vuole essere una provocazione a ripensare i confini, costruire linguaggi e codici simbolici capaci di rifiutare la costruzione di confini contro – una sorta di contraddizione in termini, di cui si dirà a breve.
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