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martedì 25 ottobre 2022

SCUOLA - Bisogna considerare la stazione di partenza, prima che quella di arrivo. Un'altra scuola, inclusiva, è possibile - Eraldo Affinati

SCUOLA 
Bisogna considerare
 la stazione di partenza, 
prima che quella di arrivo. 
Un'altra scuola, inclusiva,
 è possibile 
Eraldo Affinati


Affinati: “Il merito? Non nelle classi sarebbe una gara che esclude gli ultimi”. 
L’intervista allo scrittore e fondatore della Penny Wirton
di Corrado Zunino
(pubblicato su "La Repubblica"  del 24 ottobre 2022)


Professor Eraldo Affinati, il ministro Giuseppe Valditara rivendica la parola merito a fianco di istruzione ma, per ora, non spiega il nuovo titolo coniato per il ministero che guiderà.

«In attesa di spiegazioni della fonte, proviamo a immaginare che la parola sia riferita agli studenti. Tutti i docenti vorrebbero ottenere il massimo dai propri alunni, ma sappiamo che per farlo bisogna calcolare la stazione di partenza di ognuno».

È la storia del voto a Pierino e a Gianni, i due scolari evocati da Don Lorenzo Milani in “Lettera a una professoressa”.

«Sì, il primo era avvantaggiato dal fatto di appartenere a una famiglia istruita e benestante, l’altro non aveva mai letto un libro in vita sua. I due ragazzi vanno davanti all’insegnante, recitano la stessa lezione e lei assegna la sufficienza a entrambi, facendo le parti uguali fra diseguali. Avrebbe dovuto dare sei a Pierino e otto a Gianni premiando il lavoro fatto da ognuno prima ancora del traguardo raggiunto. Se applicassimo questo criterio democratico oggi, rovesceremmo come un calzino l’impianto dell’istruzione italiana».

In questo caso l’affermazione classica della destra è: a scuola bisogna crescere futuri buoni lavoratori.

«Questo si farà all’università, che è un’altra cosa. L’ingegnere che non fa bene i calcoli provoca il crollo di Ponte Morandi. A scuola, però, ci riferiamo ai più piccoli, ai meno avvantaggiati. Non si chiamano più Pierino e Gianni, ma Ibrahim e Mohamed, Irina e Fatima, ancora lì ad annaspare nella retrovia polverosa insieme a Romoletto, un altro figlio della borgata romana».

Quindi?

«L’articolo 34 della Costituzione italiana è molto chiaro: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”».

Perché, secondo lei, il ministro Valditara e prima di lui la premier Giorgia Meloni hanno enfatizzato la parola merito ponendola accanto alla parola istruzione?

«Oggi potrei pensare che vogliano riproporre l’idea di una scuola che deve scegliere i migliori attraverso prove selettive. Fosse così, cosa faremmo con quelli che non raggiungeranno gli obiettivi prefissati? Li spazzeremo via come foglie cadute dall’albero in un Paese che ha i più alti indici di dispersione scolastica? Se così fosse, la scuola diventerebbe l’ospedale che vuole curare i sani e non i malati, per riprendere la famosa espressione del priore di Barbiana».

Qual è, e quale deve continuare a essere, allora, l’obiettivo della scuola italiana?

«Formare alla vita. Consegnare il testimone. Scoprire il futuro degli adolescenti che abbiamo di fronte, spesso a loro stessi ignoto. Se accostiamo la parola merito a quella di istruzione rischiamo di trasformare le nostre aule in campi di gara dove, dopo apposite performance chiamate interrogazioni, si stabiliscono gerarchie di valore fra chi vince e chi perde. Non solo i deboli hanno bisogno dei forti, vale anche il contrario».

Professor Affinati, lei, a proposito di scuola, si fida di questo governo?

«Vedremo le azioni, li aspettiamo senza preconcetti. Nella scuola italiana più che i timonieri conta la macchina ministeriale, e quella ha resistito a tutti i governi».

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