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sabato 22 ottobre 2022

Dov’è Dio e dov’è l’uomo, quando i cristiani si fanno la guerra? - Egidio Palumbo (VIDEO INTEGRALE)

Dov’è Dio e dov’è l’uomo,
quando i cristiani si fanno la guerra? 
Egidio Palumbo, Carmelitano
(VIDEO INTEGRALE)

Secondo dei Mercoledì della Spiritualità 2022
tenuto il 19 ottobre 2022
e promossi dalla
Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto


TESTIMONI DI SPERANZA NEGLI INFERI DELLA STORIA
Esperienze a confronto e attualità


1. Il “grido” che sale dall’umanità nella notte oscura della storia «Dov’è Dio?». 
È la domanda, spesso rivolta come un grido, che drammaticamente affiora nella coscienza e sulle labbra dei cristiani di fronte alle catastrofi umane causate dalla guerra o da altri tragici avvenimenti (pandemie, terremoti, alluvioni, terrorismo, stragi, genocidi…). È una domanda che interpella direttamente Dio, esigendo da Lui una giustificazione (“teodicea”) riguardo alla sua assenza, al suo mancato intervento nel mondo e nella storia. Le risposte a tale domanda sono varie e riflettono per lo più l’immagine di Dio che ognuno ha o pensa di avere; come pure riflettono la propria maturità (o immaturità) di fede, il proprio cammino di ricerca o anche la propria presunzione di avere pronta una risposta (spesso di comodo e strumentale) per ogni tragedia... Tuttavia, accade anche di non saper trovare una risposta adeguata e convincente, di rimane muti e silenziosi, come di fronte ad un enigma ad un mistero. E questo non è sempre un male… Ma, assieme alla domanda «Dov’è Dio», affiora drammaticamente anche un’altra domanda, anche un altro “grido”: «Dov’è l’uomo?», «Che ne abbiamo fatto della nostra umanità?». È una domanda che interpella la nostra responsabilità, il nostro modo di essere e di agire; è una domanda che esige da noi umani – ieri come oggi – una giustificazione (“antropodicea”) riguardo ai nostri silenzi, omissioni e irresponsabilità, alla nostra indifferenza e al nostro cinismo. Qui la risposta non può essere elusa o ignorata da nessuno. E va anche detto: per un credente le due domande si tengono insieme, perché la passione per Dio non può essere separata dalla passione per l’umanità e dal ricordo delle vittime dell’ingiustizia e dell’oppressione, di ieri e di oggi. Se infatti guardiamo al secolo passato e a quello presente, forte è la sensazione di essere avvolti da una “notte oscura” che rende stanca la nostra fede e arido il nostro amore, il nostro senso di umanità e di ospitalità. Facciamo, allora, memoria delle vittime che giorno e notte gridano davanti a Dio (cf. Lc 18,7).
Raccogliamo questo “grido”, e ascoltandolo, lasciamoci liberare, noi cristiani dell’Occidente, dalla tentazione di continuare a fare del cristianesimo una religione per “smemorati”.
... 
b) Pregare per cambiare il proprio stile di vita 
Tra coloro che hanno maturato di più la consapevolezza che da Auschwitz in poi il vissuto della fede cristiana e la riflessione teologica non possono rimanere più gli stessi, vi è il teologo cattolico Johann Baptist Metz (1928-2019). Egli ha interpellato l’occidente cristiano, affinché si liberasse da quella sorta di trionfalismo borghese che inneggia all’Onnipotenza di Dio6 , rimanendo apatico e insensibile di fronte alla sofferenza umana, per riaprirsi invece alla “memoria passionis” delle vittime della Shoah e di ogni altra tragica catastrofe causata dagli umani (7) . Solo a questa condizione, dopo Auschwitz – da Metz considerata cifra simbolica di ogni catastrofe – diventa credibile il nostro parlare di Dio. Noi possiamo ancora parlare di Lui, rendere testimonianza a Lui e alla sua Parola e continuare ad invocarLo nella preghiera, perché numerosi uomini e donne – ebrei, cristiani e altri – l’hanno nominato e pregato nell’inferno di Auschwitz e di altri campi di sterminio. Questa, dopo la Shoah, è la certezza che dà ancora senso al nostro invocare Dio, al nostro vivere in Lui e per Lu i8) . Fare memoria e pregare con le vittime delle catastrofi causate dall’insipienza e dall’ingiustizia umane, impegna oggi noi cristiani, persone e comunità ecclesiali, a domandare a Dio Padre, al suo Figlio Gesù e allo Spirito Consolatore il dono della conversione e della responsabilità, affinché ci sia dato il coraggio di cambiare il nostro stile di vita, fondandolo sul vangelo della nonviolenza e della pace, della compassione per il dolore degli altri, della solidarietà e dell’ospitalità
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