Giornata pro orantibus.
Le contemplative “fiaccole e fari” per l’umanità
in questi tempi bui.
di Diana Papa
Foto SIR/Marco Calvarese
Molti uomini e donne, in questo tempo, sembrano annaspare, perché non trovano un senso da dare a ciò che stanno vivendo, al di là della cultura della superficie che si respira e della scienza che, talvolta, sembra voler dare le risposte ultime all’umanità senza Dio.
Tanti sperimentano l’inquietudine a cui non sanno dare il nome: provano disagio esistenziale, ma non cercano la strada giusta per aprirsi al Mistero. Alcuni si rifiutano di venire in contatto con la vita che li attraversa e che li interpella: non si pongono domande, né si inoltrano sulla via del mistero, per cercare. C’è chi si lascia condurre dall’ansia e dalla rabbia sulle strade del mondo e, spinto solo dalle proprie urgenze, cammina senza vedere nessuno e senza lasciarsi incontrare da qualcuno.
Spesso l’individuo è in movimento per le cose da fare, ma nel profondo avverte che nessuno lo cerca o lo attende. Vivendo il non senso della vita, a volte crede di essere nato per caso: non sa da dove viene, che cosa fare, dove andare. Preso dai bisogni individuali, insegue la felicità nel possesso, nella difesa di se stesso e non la ricerca autentica di senso che lo faccia decollare.
Solo quando capita qualcosa di importante nella vita, specialmente dolorosa, la persona è costretta a fermarsi, a guardarsi intorno, a scontrarsi anche con la realtà, soprattutto quando vede frantumare davanti a sé il suo delirio di onnipotenza. È ciò che sta accadendo in questo tempo con l’esperienza della pandemia. C’è chi minimizza, c’è chi nega la realtà, c’è chi piange per i propri cari che non ci sono più, c’è chi si ferma e si chiede che senso ha tutto ciò che sta accadendo, c’è ancora chi, rientrando in se stesso, scopre di essere abitato da una Presenza che lo aspetta da sempre, Gesù Cristo che rivela l’amore del Padre per l’umanità.
L’esperienza di fragilità si sta trasformando in risorsa?
Tante persone oggi si chiedono dov’è Dio, mentre altri incominciano a invocarlo. Molti, in questo periodo, riscoprono la preghiera, si accorgono della presenza dei monasteri, contattano le fraternità di contemplative, le frequentano, chiedono di pregare con loro o di essere ascoltati. Sentono il bisogno non solo di chiedere la loro intercessione orante, perché il Signore ponga fine alla pandemia, ma sentono la necessità di aprirsi personalmente a Lui. Quando scoprono che la preghiera è relazione, è rapporto d’amore personale e inedito con il Signore, le persone vivono nella profondità dell’esistenza lo svelamento di Dio e, nella relazione con Lui, scoprono il senso della vita.
La presenza delle contemplative spesso aiuta a far scoprire il suono armonico del silenzio, quale eco della voce della presenza dello Spirito nella storia.
Tale esperienza, molte volte, porta a risvegliare la nostalgia e la sete di Dio negli uomini e nelle donne del nostro tempo. La persona, ascoltando il silenzio in monastero, viene in contatto con la sua vita, che sembra non aver più valore: si scopre luogo della continua presenza di Dio che, nel suo amore, le rivela la sua unicità.
Frequentando le contemplative, si accorgono che è possibile vivere di fede, rimanere in contatto con la Parola di Dio, nonostante i propri limiti. Si rendono conto che
per seguire il Signore e incarnare il Vangelo
non bisogna essere già santi o supereroi.
Chi infatti vive in monastero, lotta come tutti, sperimenta davanti a Dio i contorni limitanti della propria umanità e, con il dono della fede, cammina sulle orme di Gesù Cristo, attraversando la parabola dell’esistenza con la fiducia nel cuore.
Si accorge, proprio oggi in cui tutto è spettacolarizzato, che le contemplative, immerse nel silenzio dell’amore e ascoltando Dio in solitudine, sperimentano nel contempo la separatezza e la comunione, la solitudine e l’intimità. Intuisce che la solitudine non è isolamento, ma lo spazio e il tempo per andare verso l’Altro e ogni altro, per incontrarli. Vede che si può vivere la bellezza della fraternità, che è possibile farsi dono ed essere sempre con e per l’altro nella gratuità, sperimentando realmente la comunione.
Vivendo il tempo nella storia come tempo di Dio, le contemplative,
mentre custodiscono il silenzio e la solitudine,
si sentono sempre in relazione con tutti e con tutto.
Ponendosi in ascolto dell’umanità, riconoscono Dio nella vita di ciascuno e, con un atteggiamento di non-violenza e di un continuo dono di sé, incarnano senza fine l’accoglienza gratuita sperimentata con Dio.
Chi condivide in alcuni momenti la loro preghiera che sale a Dio, percepisce che le contemplative, attraverso la lode, il ringraziamento e l’intercessione, sono voce orante anche dei fratelli e delle sorelle che abitano in ogni luogo.
Attraverso la comunicazione autentica, essenziale, sobria, profonda delle contemplative, molti colgono che sono testimoni delle parole che affondano in Dio, foriere di pace, strumento per consolidare le relazioni.
In questo tempo di buio per tanti, le contemplative sono chiamate ad essere, come scrive Papa Francesco, fiaccole e fari per l’umanità. Narrando la fede incarnata nella vita, rendono visibile che la relazione con Gesù Cristo non è un’ideologia, ma una Persona, il volto umano di Dio Padre.
La pandemia interpella, in questo tempo, anche le contemplative: la storia le riconoscerà dalla loro fedeltà a Cristo e al Vangelo. Questa è la sfida di oggi per loro: essere persone di fede e di relazione che fanno vedere Dio operante nella storia, perché altri credano.
(fonte: Sir 21/11/2020)