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lunedì 25 maggio 2020

Che cosa lascerà nelle nostre menti l’esperienza della pandemia? Le risposte degli specialisti: “Attenti alle ossessioni” - Perché abbiamo paura di uscire?



Che cosa lascerà nelle nostre menti l’esperienza della pandemia? 
Le risposte degli specialisti:

“Attenti alle ossessioni” 


Giorgio Nardone, esperto di disturbi fobico-ossessivi e autore di «Covid-19 il virus della paura», spiega quali sono i rischi dopo un cambiamento così radicale nelle abitudini

Anche se gradualmente si sta cercando di tornare alla vita di prima, quando ancora la pandemia non l'aveva sconvolta, per moltissimi italiani non sarà facile lasciarsi alle spalle le passate settimane di terrore e solitudine.

«A cambiare sarà lo stesso nostro concetto di «normalità», conferma lo psicoterapeuta Giorgio Nardone, esperto di disturbi fobico-ossessivi e autore del nuovo ebook «Covid-19 il virus della paura» (Paesi Edizioni), nato da un'idea di Consulcesi. «Angoscia, ipocondria e disturbi ossessivo-compulsivi saranno le conseguenze principali dopo la quarantena da coronavirus», sottolinea.

ITALIANI A RISCHIO IPOCONDRIA E DISTURBI OSSESSIVO-COMPULSIVI

«Abbiamo già osservato gli effetti dello stato psichico che deriva dalla situazione, come un aumento dei livelli generali di ipocondria», riferisce Nardone. «Questa patofobia deriva dalla difficoltà di individuare un mezzo efficace nella battaglia contro il coronavirus. La pericolosità intrinseca di questa situazione - prosegue - potrebbe portare a una serie di comportamenti patologici». Come l'esacerbazione di pratiche di igienizzazione o l'insorgere di disturbi ossessivo-compulsivi.

«Nel disturbo ossessivo compulsivo da contaminazione, la persona sviluppa tutta una serie di rituali finalizzati a evitare o gestire eventi, situazioni, stimoli o più in generale oggetti che, agli occhi di chi soffre, possono essere portatori di germi, malattie e infezioni», dice Nardone. «Molti pazienti con questo tipo di disturbo, parlano di un effetto ‘radioattivo e contaminante’, che li spinge a temere ogni forma di esposizione (anche accidentale) verso tutto ciò che si teme possa essere infetto. Questo crea, spesso, un circolo vizioso disfunzionale: appunto, il circolo vizioso dell’ossessione del contagio», aggiunge.

STA CAMBIANDO IL NOSTRO CONCETTO DI “NORMALITA'”

«L'essere umano è estremamente duttile, si adatta al cambiamento, che diventa la nuova normalità», spiega Nardone. «Questa pandemia modificherà i nostri stili relazionali, che non saranno più basati sulla vicinanza ma sulla distanza. Il contatto fisico – continua - verrà sostituito da una condivisione negoziata, mentre la digitalizzazione delle vite, già avviata con l'avvento dei social media, della tecnologia esternante e della realtà virtuale, verrà ulteriormente enfatizzata, grazie alla legittimazione medico-scientifica».

Secondo lo psicoterapeuta, sarà estremamente comune una sensazione di isolamento. «Saremo abituati alle relazioni basate sulla distanza, e ci sembreranno addirittura più sicure per la nostra salute. Non ci sarà più una condizione di 'normalità' come la conosciamo», dice Nardone.

PER GLI STATI PATOLOGICI SONO NECESSARIE TERAPIE AD HOC

Per le situazioni più problematiche, come i disturbi ossessivo-compulsivi, abbiamo a disposizione specifici trattamenti «L’obiettivo delle terapie contro questo genere di disturbi è liberare il soggetto dalla trappola dei rituali», riferisce l'esperto. «In particolare, all’interno di una terapia, si è osservato – prosegue - quanto sia fondamentale lavorare e agire sullo sfatare le credenze di base, come la convinzione che avere il completo controllo dell’igiene e della pulizia possa proteggerci da una situazione pericolosa. Nella maggior parte dei casi, anche la più ostinata delle ossessioni e delle compulsioni può essere vinta». Come? «Semplicemente ridefinendo la situazione e creando ad hoc una serie di concrete esperienze emozionali-correttive, che liberino il paziente dal suo sistema percettivo-reattivo rigido e auto-alimentante», dice Nardone. Fondamentale nel processo di “guarigione” è liberarsi dalla false notizie. Da qui l'importanza di una corretta informazione, motivo per cui è nato l'ebook di Consulcesi. Il libro è già disponibile al costo di 4,99 euro e i proventi saranno devoluti interamente alla Protezione Civile.
(fonte: La Stampa, articolo di Valentina Arcovio14/05/2020)

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Perché abbiamo paura di uscire?


In un parco romano una madre accompagna la figlia di tre anni a giocare sullo scivolo, nel primo giorno della riapertura. Ma la bimba comincia a piangere disperata e si attacca con insistenza alle gambe della madre, che guarda verso altre donne sedute sulla panchina e dice: “Non vuole più uscire di casa, nemmeno per venire al parco”. Una condizione comune a tanti che negli ultimi giorni tentennano sulla soglia di casa: bambini, ragazzi, ma anche molti adulti.

Nel Barone rampante, Cosimo Piovasco di Rondò, il giovane protagonista del romanzo di Italo Calvino, sale su un albero per protestare contro i genitori, ma finisce per rimanerci, tanto che il mondo di sotto e la sua vecchia normalità gli appaiono estranei. “Era il mondo ormai a essergli diverso, fatto di stretti e ricurvi ponti nel vuoto, di nodi o scaglie o rughe che irruvidiscono le scorze, di luci che variano il loro verde a seconda del velario di foglie più fitte o più rade, tremanti al primo scuotersi d’aria sui peduncoli o mosse come vele insieme all’incurvarsi dell’albero”.

Qualcosa di simile sta succedendo ad alcune persone che dopo due mesi d’isolamento, in case non sempre confortevoli, raccontano di non avere più voglia di uscire, malgrado l’allentamento recente delle misure restrittive adottate per limitare la diffusione del covid-19 in Italia.

Secondo la Società italiana di psichiatria (Sip), più di un milione di italiani rischia di sviluppare la cosiddetta sindrome della capanna, la tendenza ad avvertire un senso di disagio, inquietudine e ansia quando si esce di casa e ci si chiude la porta alle spalle. Da una parte c’è chi ha paura a uscire e dall’altra chi cerca di fare come se nulla fosse, mettendo in atto una specie di rimozione del momento traumatico che abbiamo vissuto al livello collettivo. Sono due reazioni speculari che allo stesso modo evidenziano un disagio.

Massimo Di Giannantonio, presidente della Società italiana di psichiatria, spiega che per molti il ritorno alla routine precedente, e quindi al proprio ruolo, suona come una minaccia: in molti casi ci si confronta con l’insicurezza economica, che si aggiunge alle preoccupazioni per la salute. “Ci sono timori di perdere il posto di lavoro e il proprio ruolo sociale”, spiega Di Giannantonio. Poi esiste un lato psicologico, perché durante il confinamento, per adattarsi alla libertà limitata, molte persone hanno vissuto un vero e proprio processo di regressione a uno stadio emotivo e cognitivo precedente.

L’impatto psicosociale
“La regressione è il vissuto che accompagna i momenti di crisi. Per questo ora in molti hanno la tentazione di rimanere chiusi dentro casa, dove le certezze sono elementari e l’aggressività degli altri è limitata”, spiega Di Giannantonio. Ovviamente è difficile generalizzare, ciascuno ha vissuto la quarantena in condizioni materiali, sociali e psicologiche molto diverse. In generale, la fine delle restrizioni provoca un maggiore senso di liberazione in chi ha dovuto condividere uno spazio ristretto con parenti e familiari con i quali esistevano dei vissuti di sofferenza o difficoltà.

Tuttavia, il clima d’insicurezza economica e sanitaria, e la mancanza di regole chiare sulle modalità di riapertura delle attività produttive causano in molte persone un disagio. Il 14 maggio le Nazioni Unite hanno presentato un rapporto che contiene delle linee guida sulla salute mentale e il covid-19, in cui sottolineano l’importanza di sostenere psicologicamente i più vulnerabili sia durante sia dopo la fine dell’isolamento. “La salute mentale e il benessere della società sono state gravemente colpite dalla crisi sanitaria del nuovo coronavirus”, ha dichiarato Devora Kestel, direttrice del dipartimento di salute mentale dell’Organizzazione mondiale della sanità.

“La pandemia ci ha fatto regredire perché abbiamo dovuto ricominciare a preoccuparci dei bisogni primari”

Un’indagine sull’impatto psicosociale dell’epidemia di covid-19 in Italia, condotta a partire dal 9 marzo dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e dall’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali con 140mila interviste in tutta Italia, mostra che le preoccupazioni economiche sono seconde solo a quelle sanitarie. La ricerca sarà pubblicata nei prossimi giorni sulla European Review for Medical and Pharmacological Sciences.

“Quattro persone su dieci di quelle interpellate prevedevano di andare incontro a gravi perdite economiche, più di una su dieci riferiva di aver perso il lavoro o di aver chiuso la propria attività, e due su dieci di essere andate in cassa integrazione”, spiega Antonio Tintori, sociologo e coordinatore del progetto di ricerca. Tintori racconta che i sentimenti più diffusi durante l’isolamento sono stati tristezza (4,6 persone su sette), paura (4,2 su sette), ansia (3,9 su sette) e rabbia (3,1).

Le incertezze della riapertura
“La pandemia ci ha fatto regredire perché abbiamo dovuto ricominciare a preoccuparci dei bisogni primari come la sicurezza, la salute dei nostri cari e il sostentamento economico. Questo ha mobilitato delle emozioni molto forti di paura e di tristezza. Abbiamo registrato una regressione sia psicologica sia culturale, molti si sono rifugiati in modelli del passato anche nella divisione dei compiti in casa e molte donne si sono dovute confrontare con vecchi stereotipi che le confinano nelle mansioni domestiche e di cura”, continua Tintori.

Questo elemento, per il sociologo, sarà da tenere sotto controllo nella fase di riapertura per capire come questi fenomeni si siano cronicizzati e stabilizzati. “Il 40 per cento degli interpellati ha parlato di un ruolo naturale delle donne legato al lavoro di cura e di assistenza, e questo causerà probabilmente anche nella fase di riapertura una rinuncia di molte al lavoro. Il timore è che siano proprio le donne a pagare un prezzo più alto: il 5 per cento degli interpellati ha denunciato episodi di violenza psicologica tra le mura domestiche”. Questo dato dovrà essere confermato da ulteriori ricerche, ma se fosse vero che il 5 per cento della popolazione ha subìto violenza psicologica in casa durante la pandemia si tratterebbe di numeri importanti.

“Le emozioni negative più intense le hanno provate le donne, in generale chi ha un livello di istruzione più basso e le persone che vivono nelle regioni meridionali, a parità di condizioni economiche. Al sud i sentimenti negativi durante la pandemia sono stati più diffusi nonostante siano state le regioni del nord del paese le più esposte alla malattia”, spiega il sociologo. “Ipotizziamo che una delle ragioni sia l’organizzazione della vita quotidiana, che nel meridione dipende molto di più dalla rete di familiari e di relazioni e che durante l’isolamento si è bruscamente interrotta. Questo ha provocato sentimenti molto negativi”, aggiunge Tintori. I dati hanno comunque mostrato una buona capacità della popolazione di reagire anche in maniera positiva al trauma della brusca interruzione delle relazioni sociali: “La capacità di fronteggiare questo tipo di situazioni migliora con l’età e con il livello d’istruzione”, conclude.

Secondo uno studio (non ancora pubblicato) del Centro studi e ricerche in psicopatologia e psicologia della Salute (Cerpps) dell’Università di Tolosa sull’impatto psicologico della pandemia in Francia, le emozioni negative che molti avvertono nella cosiddetta fase due sono innanzitutto legate alle condizioni in cui è stata vissuta la quarantena. In secondo luogo pesa la situazione d’incertezza che caratterizza questo momento in cui gli interrogativi sul futuro sono più numerosi delle certezze. Inoltre le indicazioni delle autorità sono spesso vaghe e la responsabilità della propria salute e di quella dei propri cari sembra ricadere unicamente sulle spalle dei singoli.
(fonte: Internazionale, articolo Annalisa Camilli 20/05/2020)