Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



domenica 13 ottobre 2019

"Un cuore che ascolta - lev shomea" - n. 49/2018-2019 (C) di Santino Coppolino

"Un cuore che ascolta - lev shomea"
Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)


Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino


Vangelo:

Lc 17,11-19



Morbo terribile, la lebbra, chiamata: «La figlia primogenita della morte» (Gb 18,13) e ritenuta una vera e propria maledizione di Dio, una punizione mortale riservata a quanti fanno esperienza del peccato e, a motivo di questo, divorati pezzo a pezzo dalla morte. I lebbrosi sono «cadaveri ambulanti, esseri impuri esclusi dalla comunità dei viventi e per questo obbligati a rimanerne fuori», morti viventi che rendono immondo tutto ciò con cui vengono a contatto. Samaria e Galilea, simboli dell'infedeltà e dell'idolatria, sono la cifra di questa impurità che impedisce ogni contatto con Dio, con gli uomini e con le cose. Ragion per cui Gesù attraversa queste due regioni, le taglia in mezzo perché nessun figlio possa sentirsi escluso dalla prossimità e dalla tenerezza del Padre, e condurre tutti dietro a sé fino a Gerusalemme. Ma chi è colui che ha mani innocenti e cuore puro per salire al monte del Signore? (Sal 24,3ss). Solo Gesù, il Figlio amato perché obbediente, può compiere il santo viaggio. Grazie a Lui e per Lui, anche noi diventiamo capaci di compiere ciò che ci è interdetto. Lebbrosi sono samaritani e galilei, lebbrosa è la comunità tutta (il nr. 10 - il mìnian - è simbolo dell'assemblea sinagogale) perché è incapace di vivere la misericordia (17,1-6), lebbrosi siamo noi perché anche noi facciamo esperienza della stessa morte. Gesù, avvicinandosi a noi, ci usa misericordia, lasciandosi toccare assume la nostra stessa lebbra divenendo un inavvicinabile immondo come noi (cfr. Lv 13). «Escluso dalla comunità degli uomini, ci porta tutti in comunione con Dio. La sua misericordia ha piagato Lui della nostra lebbra e guarito noi per mezzo delle sue piaghe. A noi spetta solamente di alzare la voce, invocare il suo Santo Nome e così ottenere la Salvezza cadendo ai suoi piedi con la faccia a terra, per rendergli grazie (eukharistòn)» (cit.).