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lunedì 7 ottobre 2019

Ma Cristo è sempre di nuovo crocifisso di Giuseppe Savagnone




Ma Cristo è sempre di nuovo crocifisso

di Giuseppe Savagnone







Un falso problema

Le polemiche sulla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche, riaccese qualche giorno fa da una dichiarazione del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, rischiano di nascondere, piuttosto che evidenziare, i reali problemi sia della nostra società che della Chiesa.

È evidente, infatti, che le enormi difficoltà strutturali e culturali in cui si dibatte cronicamente la scuola statale non hanno nulla a che vedere con una simile questione. Come del resto ha riconosciuto lo stesso ministro, che, investito da una bufera mediatica, si è affrettato a ribadire che essa non rientra neanche di striscio nelle priorità del governo.

Forse era meglio dirlo prima, invece di sbilanciarsi in considerazioni personali che sono state subito strumentalizzate (come era ovvio che avvenisse!), dagli organi di stampa per “fare notizia”, dai nemici del governo per prolungare l’equivoco di una “destra” cristiana contro una “sinistra” miscredente.

Un equivoco su “destra” e “sinistra”

La verità è che entrambe sono profondamente estranee allo spirito del vangelo. La prima per la sua radicale incapacità di coglierne lo spirito e per la sua tendenza inveterata a usarne i simboli in un’ottica identitaria e discriminatoria che è agli antipodi del messaggio d’amore illimitato verso tutti annunciato da Cristo.

La seconda per la sua adesione a una prospettiva liberal-borghese di stampo individualista, secondo cui si è persone in quanto proprietari di noi stessi – delle nostre facoltà, del nostro corpo («l’utero è mio e ne faccio quello che voglio») –, senza doverne rispondere a nessuno.

Un cristianesimo senza amore e senza Chiesa

Non stupisce, così, che la storia della Lega sia caratterizzata, fino ad oggi, da un doppio binario che l’ha sempre vista, da una parte, imbevuta di elementi religiosi panteisti ed esplicitamente pagani (Calderoli si sposò addirittura con un rito celtico!), nonché sprezzante verso il «primo comandamento» cristiano, quello di amare Dio e gli altri esseri umani anche se lontani e perfino nemici; dall’altra critica verso le gerarchie ecclesiastiche, troppo morbide verso i nemici della fede (soprattutto l’islam), e convinta di rappresentare meglio di esse il “vero” cristianesimo, ridotto peraltro alla sua crosta superficiale.

Il trionfo dell’individuo

Così come non stupisce la ricorrente battaglia del Pd – a dispetto dell’alleanza tra socialisti e cattolici da cui esso ha avuto origine – a favore di una “cultura dei diritti” che interpreta questi ultimi sganciandoli dai doveri e privilegiando, di conseguenza, quelli civili (modellati, a loro volta sul diritto di proprietà), a detrimento di quelli sociali e delle responsabilità che ne deriverebbero.

Con la conseguente indifferenza verso le forme comunitarie – prima fra tutte la famiglia – che su questo inscindibile intreccio di diritti e responsabilità si fondano. E l’altrettanto inevitabile risultato di privilegiare le preferenze dei più forti, economicamente e socialmente, rispetto alle esigenze e alla dignità dei più deboli (dall’embrione, al malato terminale, alla donna che “affitta” il proprio utero).

Di fronte a questo quadro, che vede tanti crocifissi in carne ed ossa vittime di logiche disumane, il problema dei crocifissi di legno nelle scuole diventa francamente molto secondario.

L’eredità ricevuta da papa Francesco

A maggior ragione lo è, in questo momento, per la Chiesa, che non solo deve fronteggiare, all’esterno, questi allarmanti scenari culturali, ma si trova alle prese, al suo interno, con una crisi profonda, al tempo stesso di ordine dottrinale e strutturale, in cui stanno venendo al pettine i nodi del passato.

Il pontificato di papa Francesco ha ereditato, infatti, tutto l’immenso carico di problemi irrisolti che il suo predecessore, onestamente, si era ritenuto incapace di affrontare.

Da una Chiesa arroccata…

Problemi di principio, innanzi tutto. La Chiesa di Benedetto rischiava di ridursi a una roccaforte, impegnata con tutte le sue forze a difendere i «valori non negoziabili», vale a dire la sacralità della vita biologica (dell’embrione o del malato terminale), la famiglia fondata sul matrimonio e a libertà della scuola (cattolica).

Una cittadella assediata. Senza dire che il concetto stesso di “valori non negoziabili” – ridotti a tre – poteva dar luogo all’equivoco che tutti gli altri fossero invece negoziabili…

… Ad una aperta e centrata sull’essenziale

Francesco ha esordito, già col suo stile e poi con i suoi documenti, capovolgendo questo atteggiamento difensivo – e l’immagine di Chiesa che gli era connesso – in uno sereno e dialogico.

Al tempo stesso, però, ha allargato l’orizzonte e ristabilito il primato dell’essenziale, sottolineando con forza che l’annuncio fondamentale del vangelo non è di ordine morale, ma teologale, salvifico – Dio ci ama e ci salva! – e che, nella stessa sfera morale, il valore non negoziabile, da cui tutti gli altri derivano la loro intangibilità, è l’essere umano.

Non l’Uomo, ma gli uomini, le donne reali, con le loro povere storie piene di errori e di contraddizioni, con le loro fragilità, con il loro anelito, sempre incompiuto, al bene.

Gli uomini e le donne che Gesù ha incontrato nel suo cammino e a cui ha detto che il Padre li amava anche così com’erano, e che perciò potevano rialzarsi.

La misericordia al centro

Perciò Francesco ha insistito sulla misericordia, nello stile di Gesù, non subordinandola al preventivo pentimento, ma donandola come un appello ad esso e alla conversione: «Neanch’io ti condanno. Va’ e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8,11).

Da qui un richiamo – in piena linea con la grande tradizione del pensiero cattolico – al superamento di una morale delle regole precostituite e al primato della coscienza personale, anche se non in chiave individualistica, ma, al contrario, nella prospettiva di una dimensione comunitaria indispensabile per superare il rischio del soggettivismo.

Una duplice minaccia

Era un rinnovamento necessario, se si voleva uscire dalla logica puramente difensiva e proporre alla nostra società una versione più adeguata del messaggio cristiano. Ma ha dovuto fare i conti con una duplice minaccia.

Da una parte, quella di un clima culturale fortemente secolarizzato, impregnato di individualismo e soggettivismo, che ha portato molti a scambiare questa lettura – non meno, anzi più rigorosa ed esigente della precedente – per una rinunzia a parlare ancora di peccato (quando invece proprio il richiamo alla salvezza e alla misericordia lo implica!).

Dall’altra, quella di una rivolta di quanti erano abituati alla via facile delle regole, alla sicurezza dei tre “valori non negoziabili”, e hanno visto in questa apertura di orizzonti il dissolvimento della morale cristiana.

Una protesta che, a dire il vero, è stata alimentata dalla mancanza di direttive più concrete sulle modalità di quell’accompagnamento ecclesiale che il papa ha sempre unito al cammino della coscienza personale. Col risultato che la prima minaccia di cui abbiamo parlato si è spesso realizzata, per mancanza di più precisi punti di riferimento ecclesiali.

I problemi strutturali

Dicevo prima che i problemi della Chiesa ereditati da Francesco non erano solo di ordine dottrinale, ma anche strutturale.

Il Vaticano è un riassunto di questi problemi. Benedetto ne è stato soverchiato e alla fine ha dovuto prendere atto della sua impotenza. Francesco non sembra in grado neanche lui di fronteggiare con successo questa situazione. Anzi, ha tutta l’aria di aver ereditato dal suo predecessore, oltre al problema, un limite che rende impossibile risolverlo, vale a dire l’incapacità di individuare i collaboratori giusti.

Benedetto si è fidato del card. Bertone, Francesco del card. Pell, e non solo. La notizia di nuovi gravi scandali finanziari, legati a monsignori e cardinali “di fiducia” del papa, fa temere che anche i successori di Pell non siano stati degni di questa fiducia.

Il Dio crocifisso nella storia degli uomini

Il credente non può non soffrire di tutto questo, anche se sa bene che fin dall’inizio Gesù sapeva di non aver lasciato la sua Chiesa in buone mani (dei dodici, Giuda lo tradì, Pietro lo rinnegò, gli altri scapparono) e si ricorda che in secoli successivi, per fortuna ormai lontani, abbiamo avuto personaggi – perfino papi – ben più scandalosi di Bertone, di Pell o dei monsignori dell’ultima ora.

Forse egli può vedere, in quello che accade oggi – la situazione culturale dell’Occidente, le divisioni della Chiesa, gli scandali del Vaticano – un nuovo modo in cui il suo Dio viene crocifisso, non simbolicamente, sulla parete di un’aula scolastica, ma ben più tragicamente, nella storia degli uomini. Non è una rinunzia a lottare per una cultura e per una Chiesa diverse, ma la presa di coscienza che questa lotta sarà lunga e non sarà mai conclusa una volta per tutte.