Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



domenica 6 ottobre 2019

Concistoro Ordinario Pubblico per la creazione di nuovi Cardinali - "Compassione, parola-chiave del Vangelo" Papa Francesco - Omelia (cronaca, foto, testo e video)

Compassione, parola-chiave del Vangelo; 
è scritta nel cuore di Cristo, 
è scritta da sempre nel cuore di Dio.


CONCISTORO ORDINARIO PUBBLICO PER LA CREAZIONE DI TREDICI CARDINALI
CAPPELLA PAPALE
Basilica Vaticana
Sabato, 5 ottobre 2019

La Chiesa ha tredici nuovi cardinali. A crearli è stato Papa Francesco nel sesto Concistoro del suo pontificato, improntato alla vocazione missionaria della Chiesa. Otto su 13 porporati infatti appartengono a ordini religiosi missionari . Dieci gli elettori e tre gli ultraottantenni che portano il collegio cardinalizio a 228 cardinali. Solenne la cerimonia alla presenza di delegazioni dai cinque continenti.



Il rito inizia con il saluto liturgico del primo dei cardinali in ordine di creazione, Monsignor Ayso Guixot, Presidente Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Il neo Cardinale saluta e ringrazia Papa Francesco a nome di tutti: "Le siamo vivamente riconoscenti per averci insignito di un particolare titolo di comunione con la Chiesa di Roma che è una chiamata del Signore a diventare ancora più stretti collaboratori cum Petro e sub Petro".


"Questo è un pò il Concistoro dei religiosi" afferma, ricordando quanti dei nuovi porporati fanno parte di ordini impegnati nell'annuncio del Vangelo nel mondo e quanto questa giornata si collochi provvidenzialmente nel mese missionario straordinario. Nelle sue parole soprattutto la certezza di un servizio da voler svolgere per la Chiesa e i fratelli:

"Lei, Santo Padre, con la sua instancabile opera, ci ha più volte invitato ad essere una 'Chiesa in uscita', ad andare alle periferie esistenziali, a camminare sulla strada del dialogo ecumenico ed interreligioso. Desideriamo adoperarci, assieme a Vostra Santità, ad avviare processi e non ad occupare spazi, a costruire un mondo nuovo dove possano regnare la fraternità, la pace e la convivenza comune. Chiediamo a Nostro Signore che ci doni uno sguardo e un cuore compassionevoli."


Nell'omelia il Papa ha tracciato il profilo dei pastori della Chiesa prendendo spunto da un passo del Vangelo di Marco che mette al centro la parola "compassione".

Al termine dell'omelia la cerimonia del Concistoro entra nel vivo. Il Papa pronuncia la formula di creazione di questi "intrepidi testimoni di Cristo" e li chiama ad uno ad uno; quindi in risposta ciascuno dei nuovi cardinali a sua volta, recitato il Credo, giura fedeltà e obbedienza "per ora e per sempre" al Vangelo, al Papa e ai suoi successori. Segue l'imposizione della berretta, la consegna dell'anello cardinalizio e l'assegnazione del Titolo o Diaconia, seguito dall'abbraccio di pace.

L'ultimo momento subito dopo il canto del Padre nostro vede il Pontefice sostare brevemente in preghiera davanti alla statua della Santissima Vergine per il canto dell'antifona mariana.





 



OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Al centro del racconto evangelico che abbiamo ascoltato (Mc 6,30-37a) c’è la «compassione» di Gesù (cfr v. 34). Compassione, parola-chiave del Vangelo; è scritta nel cuore di Cristo, è scritta da sempre nel cuore di Dio.

Nei Vangeli vediamo molte volte Gesù che sente compassione per le persone sofferenti. E più leggiamo, più contempliamo, e più comprendiamo che la compassione del Signore non è un atteggiamento occasionale, sporadico, ma è costante, anzi, sembra essere l’atteggiamento del suo cuore, nel quale si è incarnata la misericordia di Dio.

Marco, ad esempio, riferisce che quando Gesù incominciò ad andare per la Galilea predicando e scacciando i demoni, «venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, sii purificato!”» (1,40-42). In questo gesto e in queste parole c’è la missione di Gesù Redentore dell’uomo: Redentore nella compassione. Lui incarna la volontà di Dio di purificare l’essere umano malato dalla lebbra del peccato; Lui è “la mano tesa di Dio” che tocca la nostra carne malata e compie quest’opera colmando l’abisso della separazione.

Gesù va a cercare le persone scartate, quelli che ormai sono senza speranza. Come quell’uomo paralitico da trentotto anni, che giace presso la piscina di Betzatà, aspettando invano che qualcuno lo aiuti a scendere nell’acqua (cfr Gv 5,1-9).

Questa compassione non è spuntata a un certo punto della storia della salvezza, no, è sempre stata in Dio, impressa nel suo cuore di Padre. Pensiamo al racconto della vocazione di Mosè, per esempio, quando Dio gli parla dal roveto ardente e gli dice: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido […]: conosco le sue sofferenze» (Es 3,7). Ecco la compassione del Padre!

L’amore di Dio per il suo popolo è tutto impregnato di compassione, al punto che, in questa relazione di alleanza, ciò che è divino è compassionevole, mentre purtroppo sembra che ciò che è umano ne sia tanto privo, tanto lontano. Lo dice Dio stesso: «Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? […] Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. […] Perché sono Dio e non uomo, sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira» (Os 11,8-9).

I discepoli di Gesù dimostrano spesso di essere senza compassione, come in questo caso, di fronte al problema delle folle da sfamare. Loro in sostanza dicono: “Che si arrangino…”. È un atteggiamento comune a noi umani, anche quando siamo persone religiose o addirittura addette al culto. Ce ne laviamo le mani. Il ruolo che occupiamo non basta a farci essere compassionevoli, come dimostra il comportamento del sacerdote e del levita che, vedendo un uomo moribondo sul ciglio della strada, passarono oltre dall’altra parte (cfr Lc 10,31-32). Dentro di sé avranno detto: “Non tocca a me”. Sempre c’è qualche pretesto, qualche giustificazione per guardare da un’altra parte. E quando un uomo di Chiesa diventa un funzionario, questo l’esito più amaro. Ci sono sempre delle giustificazioni, a volte sono anche codificate e danno luogo a degli “scarti istituzionali”, come nel caso dei lebbrosi: “Certo, devono stare fuori, è giusto così”. Così si pensava, e così si pensa. Da questo atteggiamento molto, troppo umano derivano anche strutture di non-compassione.

A questo punto possiamo domandarci: siamo coscienti, noi per primi, di essere stati oggetto della compassione di Dio? Mi rivolgo in particolare a voi, fratelli Cardinali e in procinto di diventarlo: è viva in voi questa consapevolezza? Di essere stati e di essere sempre preceduti e accompagnati dalla sua misericordia? Questa coscienza era lo stato permanente del cuore immacolato della Vergine Maria, che loda Dio come il “suo salvatore” che «ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1,48).

A me fa tanto bene rispecchiarmi nella pagina di Ezechiele 16: la storia d’amore di Dio con Gerusalemme; in quella conclusione: «Io stabilirò la mia alleanza con te e tu saprai che io sono il Signore, perché te ne ricordi e ti vergogni e, nella tua confusione, tu non apra più bocca, quando ti avrò perdonato quello che hai fatto» (Ez 16,62-63). Oppure in quell’altro oracolo di Osea: «La condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. […] Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto» (2,16-17). Possiamo domandarci: sento su di me la compassione di Dio? Sento su di me la sicurezza di essere figlio di compassione?

È viva in noi la coscienza di questa compassione di Dio per noi? Non si tratta di una cosa facoltativa, e nemmeno, direi, di un “consiglio evangelico”. No. Si tratta di un requisito essenziale. Se io non mi sento oggetto della compassione di Dio, non comprendo il suo amore. Non è una realtà che si possa spiegare. O la sento o non la sento. E se non la sento, come posso comunicarla, testimoniarla, donarla? Anzi, non potrò fare questo. Concretamente: ho compassione per quel fratello, per quel vescovo, quel prete?… Oppure sempre distruggo con il mio atteggiamento di condanna, di indifferenza, di guardare da un’alta parte, in realtà per lavarmene le mani?

Da questa consapevolezza viva dipende per tutti noi anche la capacità di essere leale nel proprio ministero. Anche per voi, fratelli Cardinali. La parola “compassione” mi è venuta nel cuore proprio nel momento di incominciare a scrivere a voi la lettera del 1° settembre. La disponibilità di un Porporato a dare il proprio sangue – significata dal colore rosso dell’abito – è sicura quando è radicata in questa coscienza di aver ricevuto compassione e nella capacità di avere compassione. Diversamente, non si può essere leali. Tanti comportamenti sleali di uomini di Chiesa dipendono dalla mancanza di questo senso della compassione ricevuta, e dall’abitudine di guardare da un’altra parte, dall’abitudine dell’indifferenza.

Chiediamo oggi, per intercessione dell’Apostolo Pietro, la grazia di un cuore compassionevole, per essere testimoni di Colui che ci ha amato e ci ama, che ci ha guardato con misericordia, che ci ha eletti, ci ha consacrati e ci ha inviati a portare a tutti il suo Vangelo di salvezza

GUARDA IL VIDEO
Omelia integrale


GUARDA IL VIDEO
Concistoro integrale

Al termine della celebrazione, Papa Francesco e i nuovi cardinali si sono recati con un pullmino al Monastero Mater Ecclesiae per incontrare il Papa emerito, Benedetto XVI.

“Dopo un breve saluto - riporta un comunicato stampa della Sala Stampa - in cui ha ricordato ai nuovi Cardinali il valore della fedeltà al Papa, Benedetto XVI, insieme a Papa Francesco, ha impartito loro la benedizione. Al termine i 13 nuovi Cardinali si sono recati in Aula Paolo VI e nel Palazzo Apostolico per le Visite di Cortesia, mentre Papa Francesco è rientrato a Casa Santa Marta”.