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mercoledì 9 ottobre 2019

Morire in mare non può diventare normale! #LampedusaFunerali13Vittime

Oggi a Lampedusa i funerali per le vittime del naufragio ... 
A poche ore dall'ennesima tragedia difficile trovarne traccia nei media ... 
Morire in mare non può diventare normale!



Dalla bacheca facebooke di Mauro Biani: 

#Lampedusa #naufragio Morte almeno 13 donne e 4 bambini dispersi.
La vignetta oggi su la Repubblica
Mentre la #OceanViking continua la ricerca di corpi o sopravvissuti, pensavo come ancora una volta, solo 24 ore dopo, la notizia sembra vecchia, archiviata. Ineluttabile.


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Si terrà a Lampedusa la cerimonia funebre delle 13 donne vittime del naufragio avvenuto lo scorso 7 ottobre a 6 miglia dall’isola siciliana. 

Sarà la parrocchia di San Gerlando ad ospitare i funerali. Don Carmelo La Magra ha scelto una forma intima e privata, niente fotografi e telecamere: il silenzio accoglierà le salme. 
La funzione religiosa è stata richiesta dai sopravvissuti ma anche dalla comunità di Lampedusa e si terrà questo pomeriggio alle 18, all’interno, appunto, presso la "casa della Fraternità".
"La cerimonia sarà aperta a cittadinanza, forze dell’ordine e soccorritori, tutti possono partecipare liberamente" fanno sapere dalla chiesa di San Gerlando. 

Già ieri, presso la Casa della fraternità dove le salme erano ospitate, si è svolto un momento di preghiera officiato dall’arcivescovo di Agrigento, cardinale Francesco Montenegro, che ha benedetto le bare delle 13 vittime del mare e portato l’abbraccio e il sentimento di vicinanza espresso da Papa Francesco.  "Questi fratelli non sono morti per caso - ha detto don Franco - lo sapevamo tutti che potevano morire. Ci vuole una risposta definitiva, non si può giocare al rimbalzo delle responsabilità". 

Guarda il video

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Al naufragio sono sopravvissuti 22 naufraghi, undici tunisini e gli altri della Guinea, Costa d’Avorio e Camerun. Secondo quanto raccontato dai superstiti, tra cui una coppia di giovani tunisini, a bordo c'erano 52 persone, 14 tunisini e 38 subsahariani.
Tra le persone disperse risultano quattro bambini (una di soli 8 mesi, una 2 anni e due dodicenni)  e donne, una delle quali incinta. 
Per le ricerche dei dispersi del naufragio di Lampedusa vengono usati elicotteri, uno della Guardia di Finanza e uno della Guardia costiera, con raggi infrarossi. Secondo gli inquirenti i dispersi, sarebbero annegati e si troverebbero "ad almeno cinquanta o sessanta metri di profondità". 

Delle tredici vittime solo quattro sono state riconosciute. Nella sala adibita a camera ardente sono stati portati solo i superstiti che nel naufragio hanno perso un familiare. La più parte però non se la sono sentita di avvicinarsi ai corpi gonfi e deformati e hanno effettuato i riconoscimenti attraverso le foto scattate dalla polizia scientifica.

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Prima di giungere a Lampedusa, il cardinale Montenegro ha rilasciato un'intervista al Giornale di Sicilia: "Tutti promettono, ma niente cambia"

"I morti di sei anni fa sono famosi, ma ce ne sono tanti di cui non si sa nulla. Se non si fa niente per porre rimedio, il rimedio da solo non si presenta. Io credo che ci sia la responsabilità di tanti nella morte di questa gente: tutti parlano, tutti promettono, tutti progettano ma non cambia nulla. Anzi, i morti aumentano. Non si può cambiare la storia solo parlando. Ci vuole che qualcuno finalmente inizi a cambiare le cose, ma fino ad adesso siamo nella fase del parlare. Forse vogliamo essere, o fingere di essere impotenti. È strano commuoverci davanti alla morte di tanti bambini quando sappiamo che accadrà nuovamente. Tante imbarcazioni affondano e non sappiamo nulla, e là siamo scusati. Ma quando poi accade ci meravigliamo e siamo pronti a dire: poveri bambini. Ma qui - ha proseguito don Franco - dovremmo indignarci per noi che ci meravigliamo davanti a questi fatti. Li dobbiamo dare per scontati. Se non cambiamo, se non cambiano i cuori e le teste, le barche continueranno ad affondare. Loro se ne potrebbero stare là, è la soluzione che abbiamo trovato. Ma, per coerenza, perché non facciamo rientrare i nostri migranti? Facciamo il gioco delle due parti. Che gli altri se ne stiano nella loro terra dove c’è fame, persecuzione e noi continuiamo a dare consigli. È un gioco che non può durare a lungo, di queste morti anche io mi sento responsabile. Mi chiedo cos’è che posso fare, ma ce lo dovremmo chiedere tutti. Quando noi disprezziamo e diciamo: se ne vadano via, sono tutti delinquenti. Io dico: sono morte donne, non credo fossero tutte delinquenti così come i bambini. Dobbiamo stare attenti a mettere delle etichette. Noi ci mettiamo quella dei buoni, e a loro tocca quella dei cattivi. Ma onestamente, credo che non sappiamo più da che parte stiamo. Spero di andare a Lampedusa, prima che le salme vengano portate via, è gente che ci appartiene".