E’ l’ultima Udienza Generale di Papa Francesco prima della pausa estiva in una ventosa e soleggiata Piazza San Pietro e, come mercoledì scorso, è divisa in due luoghi: i malati in Aula Paolo VI e gli altri invitati in Piazza.
“Voi vedrete dal maxischermo la piazza e la piazza dal maxischermo vedrà voi. Saremo tutti uniti”. È il saluto del Papa, in Aula Paolo VI.
Tra i fedeli presenti, anche una delegazione di 100 atleti di Special Olympics – un programma internazionale di allenamento sportivo e competizioni atletiche per oltre 3 milioni di ragazzi e adulti con disabilità intellettiva – e i portavoce delle Conferenze episcopali d’Europa.
Saluti del Santo Padre nell'Aula Paolo VI
Ai pellegrini dell’Organizzazione “Deaf Catholic Youth Initiative of the Americas” (DCYIA)
Cari amici,
do un caloroso benvenuto al gruppo “Deaf Catholic Youth Initiative of the Americas”. Prego affinché il vostro pellegrinaggio, che avete chiamato “Un tempo per camminare con Gesù” – possa aiutarvi a crescere nell’amore per Cristo e gli uni per gli altri. Il Signore riserva un posto speciale nel suo cuore per chiunque presenti qualche disabilità, e così è anche per il Successore di San Pietro! Spero che il tempo che trascorrerete a Roma vi arricchisca spiritualmente e rafforzi la vostra testimonianza verso l’amore di Dio per tutti i suoi figli. Voi continuate il vostro viaggio, vi chiedo, per favore, di ricordarvi di pregare per me. Possa Dio Onnipotente benedire con abbondanza tutti voi!
Alla delegazione dell’Organizzazione “Special Olympics ”
Rivolgo uno speciale benvenuto alla delegazione dell’organizzazione “Special Olympics” in occasione del 50° anniversario della sua fondazione. Il mondo dello sport offre una particolare opportunità alle persone di crescere nella reciproca comprensione ed amicizia, e io prego affinché questa Fiamma Olimpica possa essere un segno di gioia e di speranza nel Signore, che concede i doni dell’unità e della pace ai suoi figli. Su tutti coloro che sostengono le finalità di “Special Olympics”, volentieri invoco le benedizioni di gioia e di pace di Dio Onnipotente.
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Il Papa ha fatto il suo ingresso sulla jeep bianca scoperta alle 9.35 circa, e subito ha fatto fermare la vettura per far salire a bordo quattro bambini, due maschietti e due femminucce, vestiti in abiti tradizionali. Il vento che soffia sulla Capitale ha subito portato via lo zucchetto al Papa, che poco dopo ha fatto una sosta per sorseggiare il mate e ha indossato un altro copricapo bianco offertogli dai fedeli, ma anche questo è volato quasi subito. Terminato il giro tra i settori della piazza, Francesco si è congedato dai sui piccoli ospiti e si è fermato a salutare alcuni fedeli che lo hanno richiamato dalla prima fila delle transenne. Poi ha percorso, come al solito, a piedi il tratto che lo conduce alla sua postazione al centro del sagrato, con lo zucchetto questa volta al suo posto.
Catechesi sui Comandamenti. 3: L’amore di Dio precede la legge e le dà senso
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi, questa udienza si svolgerà come mercoledì scorso. In Aula Paolo VI ci sono tanti ammalati e per custodirli al caldo, perché fossero più comodi, sono lì. Ma seguiranno l’udienza con il maxischermo e, anche noi con loro, cioè non ci sono due udienze. Ce n’è una sola. Salutiamo gli ammalati dell’Aula Paolo VI. E continuiamo a parlare dei comandamenti che, come abbiamo detto, più che comandamenti sono le parole di Dio al suo popolo perché cammini bene; parole amorevoli di un Padre. Le dieci Parole iniziano così: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile» (Es 20,2). Questo inizio sembrerebbe estraneo alle leggi vere e proprie che seguono. Ma non è così.
Perché questa proclamazione che Dio fa di sé e della liberazione? Perché si arriva al Monte Sinai dopo aver attraversato il Mar Rosso: il Dio di Israele prima salva, poi chiede fiducia. Ossia: il Decalogo comincia dalla generosità di Dio. Dio mai chiede senza dare prima. Mai. Prima salva, prima dà, poi chiede. Così è il nostro Padre, Dio buono.
E capiamo l’importanza della prima dichiarazione: «Io sono il Signore, tuo Dio». C’è un possessivo, c’è una relazione, ci si appartiene. Dio non è un estraneo: è il tuo Dio. Questo illumina tutto il Decalogo e svela anche il segreto dell’agire cristiano, perché è lo stesso atteggiamento di Gesù che dice: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi» (Gv 15,9). Cristo è l’amato dal Padre e ci ama di quell’amore. Lui non parte da sé ma dal Padre. Spesso le nostre opere falliscono perché partiamo da noi stessi e non dalla gratitudine. E chi parte da se stesso, dove arriva? Arriva a se stesso! È incapace di fare strada, torna su di sé. È proprio quell’atteggiamento egoistico che, scherzando, la gente dice: “Quella persona è un io, me con me, e per me”. Esce da se stesso e torna a sé.
La vita cristiana è anzitutto la risposta grata a un Padre generoso. I cristiani che seguono solo dei “doveri” denunciano di non avere una esperienza personale di quel Dio che è “nostro”. Io devo fare questo, questo, questo … Solo doveri. Ma ti manca qualcosa! Qual è il fondamento di questo dovere? Il fondamento di questo dovere è l’amore di Dio Padre, che prima dà, poi comanda. Porre la legge prima della relazione non aiuta il cammino di fede. Come può un giovane desiderare di essere cristiano, se partiamo da obblighi, impegni, coerenze e non dalla liberazione? Ma essere cristiano è un cammino di liberazione! I comandamenti ti liberano dal tuo egoismo e ti liberano perché c’è l’amore di Dio che ti porta avanti. La formazione cristiana non è basata sulla forza di volontà, ma sull’accoglienza della salvezza, sul lasciarsi amare: prima il Mar Rosso, poi il Monte Sinai. Prima la salvezza: Dio salva il suo popolo nel Mar Rosso; poi nel Sinai gli dice cosa deve fare. Ma quel popolo sa che queste cose le fa perché è stato salvato da un Padre che lo ama.
La gratitudine è un tratto caratteristico del cuore visitato dallo Spirito Santo; per obbedire a Dio bisogna anzitutto ricordare i suoi benefici. Dice San Basilio: «Chi non lascia cadere nell’oblio tali benefici, si orienta verso la buona virtù e verso ogni opera di giustizia» (Regole brevi, 56). Dove ci porta tutto ciò? A fare esercizio di memoria: quante cose belle ha fatto Dio per ognuno di noi! Quanto è generoso il nostro Padre celeste! Adesso io vorrei proporvi un piccolo esercizio, in silenzio, ognuno risponda nel suo cuore. Quante cose belle ha fatto Dio per me? Questa è la domanda. In silenzio ognuno di noi risponda. Quante cose belle ha fatto Dio per me? E questa è la liberazione di Dio. Dio fa tante cose belle e ci libera.
Eppure qualcuno può sentire di non aver ancora fatto una vera esperienza della liberazione di Dio. Questo può succedere. Potrebbe essere che ci si guardi dentro e si trovi solo senso del dovere, una spiritualità da servi e non da figli. Cosa fare in questo caso? Come fece il popolo eletto. Dice il libro dell’Esodo: «Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Dio ascoltò il loro lamento, Dio si ricordò della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti, Dio se ne diede pensiero» (Es 2,23-25). Dio pensa a me.
L’azione liberatrice di Dio posta all’inizio del Decalogo – cioè dei comandamenti - è la risposta a questo lamento. Noi non ci salviamo da soli, ma da noi può partire un grido di aiuto: “Signore salvami, Signore insegnami la strada, Signore accarezzami, Signore dammi un po’ di gioia”. Questo è un grido che chiede aiuto. Questo spetta a noi: chiedere di essere liberati dall’egoismo, dal peccato, dalle catene della schiavitù. Questo grido è importante, è preghiera, è coscienza di quello che c’è ancora di oppresso e non liberato in noi. Ci sono tante cose non liberate nella nostra anima. “Salvami, aiutami, liberami”. Questa è una bella preghiera al Signore. Dio attende quel grido, perché può e vuole spezzare le nostre catene; Dio non ci ha chiamati alla vita per rimanere oppressi, ma per essere liberi e vivere nella gratitudine, obbedendo con gioia a Colui che ci ha dato tanto, infinitamente più di quanto mai potremo dare a Lui. È bello questo. Che Dio sia sempre benedetto per tutto quello che ha fatto, fa e farà in noi!
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Saluti:
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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana.
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Un pensiero speciale porgo ai giovani, agli anziani, agli ammalati e agli sposi novelli.
Dopodomani è la Solennità dei Santi Pietro e Paolo, Patroni di Roma. Impariamo da questi Apostoli del Signore la capacità di testimoniare con coraggio il Vangelo di Gesù, al di là delle proprie differenze, conservando la concordia e l’amicizia che fondano la credibilità di qualsiasi annuncio di fede.
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