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domenica 24 giugno 2018

Discorso di Sant'Agostino sul giorno della nascita di San Giovanni Battista e sulla voce e il Verbo.

La nascita del Precursore, icona russa 


Discorso di Sant'Agostino sul giorno della nascita di San Giovanni Battista 
e sulla voce e il Verbo.




... Di chi potremo parlare oggi se non di colui del quale oggi celebriamo la nascita? Sì, parleremo di san Giovanni, nato da madre sterile e precursore del Signore, nato da madre vergine; parleremo di colui che, stando nel grembo materno, salutò il suo Signore e, venuto alla luce, fu il suo araldo. La sterile non era in grado di partorire, la Vergine non era in una condizione in cui potesse partorire; eppure l'una e l'altra partorirono: la sterile partorì il banditore, la Vergine il giudice. Anzi nostro Signore prima di venire in mezzo agli uomini nascendo dalla Vergine aveva già inviato davanti a sé molti di questi araldi. Da lui erano stati inviati tutti i profeti che vennero prima di lui e nei quali egli stesso parlava. Venne dopo di loro ma esisteva prima di loro. 
Se dunque il Signore inviò tanti annunziatori prima di venire lui stesso, qual è il merito eccezionale, dove la sovraeminente dignità di colui la cui nascita oggi festeggiamo? 
Dev'essere senz'altro segno di una qualche grandezza il fatto che non passi inosservato il giorno della sua nascita, come non passa inosservato il natale del suo Signore. Degli altri profeti non sappiamo quando siano nati; ma non ci era permesso ignorare la nascita di Giovanni. A lui poi fu concesso un altro grande privilegio. Gli altri profeti preannunziarono il Signore e desiderarono vederlo, ma non lo videro o, se lo videro in spirito, lo videro lontano: non fu loro consentito di vederlo presente...
Gli altri profeti dunque non lo videro qui in terra; Simeone lo vide bambino; Giovanni lo riconobbe e salutò dopo il concepimento, lo vide e lo predicò quando era ormai grande. Egli dunque fu privilegiato più di tutti gli altri profeti.


Cristo più grande di Giovanni.

Ascolta ora anche la testimonianza resa a lui dal Signore: più in alto di Giovanni collocò se stesso, nessun altro. Molto grande dunque dovette essere la sua dignità, se al di sopra di lui non ci fu nessun altro all'infuori di Cristo. Ecco cosa dice lo stesso Signore: Tra i nati da donna non è sorto nessuno più grande di Giovanni Battista. E per mettere se stesso al di sopra di lui continua: Ma colui che è minore, è maggiore di lui nel regno dei Cieli. Di se stesso afferma che è minore e maggiore: minore per l'età, maggiore per il potere. Il Signore infatti è nato dopo di lui nella carne, quando è nato da una vergine; prima di lui però in principio era il Verbo. Fatto straordinario: Giovanni, secondo solo a Cristo, per mezzo del quale tutto è stato fatto e senza del quale nulla è stato fatto. Per quale motivo venne dunque Giovanni? Per mostrare la via dell'umiltà e cosi ridimensionare la presunzione dell'uomo ed accrescere la gloria di Dio. Venne dunque Giovanni: un grande che presentava un altro più grande; venne Giovanni, un personaggio a misura d'uomo. Che vuol dire " a misura d'uomo "? Che nessun uomo poteva essere più di Giovanni; tutto ciò che fosse stato più di Giovanni, sarebbe stato fuori dell'umano. Se dunque in Giovanni si trovava il limite della grandezza umana, non si poteva trovare un uomo più grande di Giovanni. Eppure uno più grande c'è stato: riconosci Dio in quest'uomo che hai scoperto essere più grande dell'uomo più grande. Uomo Giovanni, uomo Cristo; ma Giovanni solo uomo, Cristo Dio e uomo. Come Dio egli ha creato Giovanni, come uomo è nato dopo Giovanni.

Umiltà di Giovanni.

Osservate ora quanto sia stata grande l'umiltà di quel Precursore del suo Signore, che è Dio-Uomo. Giovanni, il più alto in dignità tra i nati da donna, viene interrogato se per caso non sia lui il Cristo. Era così grande che la gente poteva commettere un tale errore: sorse il dubbio che lui stesso fosse il Cristo; e il dubbio provocò la domanda. Ebbene, se egli fosse stato un tipo superbo e non un maestro di umiltà, non sarebbe insorto contro quell'errore che non aveva provocato, ma avrebbe accettato quanto essi ormai credevano. Se avesse lui stesso voluto insinuare negli altri l'idea di essere il Cristo, la cosa sarebbe stata per lui troppo grave; infatti, se lo avesse tentato e non ci fosse riuscito, sarebbe stato ripudiato e scacciato, disprezzato dagli uomini e condannato da Dio. Ma non aveva bisogno di persuadere quegli uomini; già essi lo credevano: avrebbe accettato il loro errore ed avrebbe accresciuto il proprio prestigio. Ma non sia mai che un amico fedele dello sposo voglia farsi amare dalla sposa in luogo dello sposo! Disse apertamente che egli non era quello che essi credevano e così evitò di perdere ciò che era. Giovanni infatti non era lo sposo. Interrogato rispose: È sposo chi ha la sposa. Quanto poi all'amico dello sposo, sta vicino a lui e, quando lo ascolta, gode di vera gioia perché ode la voce dello sposo. Ora io vi battezzo con acqua per la vostra conversione, ma colui che viene dopo di me è più grande di me. Quanto più grande? Io non sono degno di sciogliere il laccio delle sue calzature. Pensate quanto sarebbe stato inferiore, anche se avesse detto che ne era degno; quanto si sarebbe dovuto umiliare, se avesse detto: " Egli è più grande di me ed io sono solo meritevole di sciogliergli il laccio delle calzature "; avrebbe cioè detto che egli era degno soltanto di curvarsi ai suoi piedi. Ed invece quale grande elogio ha espresso dicendosi indegno non solo di piegarsi ai suoi piedi ma anche ai suoi calzari! Venne dunque ad insegnare l'umiltà ai superbi e ad annunziare la via della penitenza.

Cristo è il Verbo (= la Parola).

La voce giunse a noi prima del Verbo. In che senso la voce prima del Verbo? Cosa si dice del Cristo? In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Ma per venire in mezzo a noi il Verbo si fece carne e così poté dimorare fra noi. Abbiamo ascoltato come Cristo sia il Verbo; ascoltiamo ora come Giovanni sia la voce. Quando gli fu chiesto: Tu chi sei?, rispose: Io sono la voce di uno che grida nel deserto. Intratteniamoci dunque brevemente, o carissimi - solo brevemente, per quanto il Signore vorrà concederci - sul tema " voce e Verbo ". Cristo è il Verbo: non certo la parola che risuona negli orecchi e passa, poiché quel che risuona e passa è il suono della voce, non la parola. Dunque il Verbo di Dio, ad opera del quale sono state create tutte le cose, è il nostro Signore Gesù Cristo; la voce di uno che grida nel deserto è Giovanni. Chi è prima, la voce o la parola? Vediamo il senso di questi due termini e sapremo chi preceda nell'esistenza.

Il Verbo di Dio e il nostro verbo.

Fratelli, cosa pensate che sia il verbo? Lasciamo ora da parte il Verbo di Dio e parliamo un poco del nostro " verbo" per vedere se possiamo, partendo dalle cose infime, giungere per via di similitudini alle realtà somme. Chi infatti può comprendere il Verbo di Dio, ad opera del quale sono state fatte tutte le cose? Chi è capace anche solo di pensarlo, non dico di parlarne? Lasciamo dunque da parte per un istante la pretesa di descrivere la sua maestà, l'ineffabile eternità che ha in comune con il Padre; accettiamo per fede ciò che non vediamo, per meritare, credendo, di poterlo vedere. Fermiamoci piuttosto a trattare di questo nostro verbo, essendo una realtà che quasi di continuo si riversa o nei nostri cuori o negli orecchi o nella bocca. Cos'è questo verbo? Pensiamo forse che il verbo sia il suono che tu odi con i tuoi orecchi? Il verbo è ciò che intendi esprimere con la bocca. Nel cuore hai concepito un concetto per comunicarlo fuori: questa concezione si è fatta già parola nel tuo cuore; già tu conosci ed hai già pronunciato dentro di te questa parola, cioè quello che vuoi comunicare e che è stato concepito nel tuo cuore. Mi assista quel Verbo, che è anche il Figlio di Dio, perché io possa comunicare in modo adeguato al vostro orecchio quanto egli stesso mi ha concesso di concepire nel mio cuore. Ma se per caso risulterà impari il mio sforzo e soccomberò innanzi alla sublimità dell'argomento e non lo avrò illustrato come si conviene, sapete a chi dovete rivolgervi: lo stesso Figlio di Dio, il Verbo di Dio, diriga i vostri cuori e li riempia parlandovi dentro di voi e comunicandovi quanto io, semplice uomo, non sono riuscito a comunicare ai vostri orecchi. Vogliate ad ogni modo aiutare il mio sforzo con la vostra attenzione, e supplicate per me perché possa spiegarvi e per voi perché possiate meritare di comprendere.

Unico il verbo, molteplici le voci.

Come abbiamo detto, è verbo ciò che hai concepito nel cuore per poi esternarlo; si chiama, cioè, verbo la stessa cosa concepita nel cuore per essere espressa con la voce. Quando dunque hai concepito ciò che intendi dire e questa stessa concezione, questo concetto è divenuto " verbo " nel tuo cuore, ti rivolgi alla persona con cui intendi parlare e a cui intendi comunicarlo. Se ti accorgi che si tratta d'un greco, per esternargli il tuo verbo cerchi una voce greca; se vedi che è un latino, cerchi una voce latina con cui esprimere il tuo verbo; se vedi che è ebreo, una voce ebraica; se vedi che è un punico, una voce punica: naturalmente, se conosci queste lingue. Se tu non conosci la lingua di chi ti sta innanzi e questi conosce soltanto la propria lingua, non per questo ti viene a mancare il verbo ma solo la voce. Dunque il verbo da te concepito nel cuore era antecedente a tutte queste voci ed esisteva prima di esse: prima della voce greca, latina, ebraica, punica o di qualunque altro linguaggio esistente nel mondo. Quella concezione esisteva prima e, come un feto dell'anima, era contenuta nell'anima che l'aveva generata. Si doveva soltanto trovare il modo di esternarla, poiché ciò che si ha nel cuore non si può comunicare ad altri se non per mezzo di una qualche voce. Ma come si può percepire questa voce se non è distinta [dal concetto]? Infatti varia secondo la diversità delle lingue, sicché tu devi trovare la voce greca per parlare con il greco, quella ebraica per l'ebreo, quella punica per il punico. Ma quel concetto, che avevi concepito prima di ogni voce, non era né latino né greco né punico né altro di simile. Ecco dunque un grande mistero. Anche se tu rimanessi perfettamente silenzioso, forse che per questo il concetto non vivrebbe nel tuo cuore e, qualora non vi sia alcuno a cui comunicarlo, ti sarebbe forse sconosciuto ciò che hai concepito nel cuore? Anche senza la mediazione di alcuna lingua ti sarebbe manifesto tramite la conoscenza diretta.

La voce non si identifica con il verbo.

Per essere più chiari facciamo un esempio. Al di sopra di tutte le cose create c'è quella cosa che è Dio, se egli si può chiamare "cosa". Dunque Dio è al di sopra di tutto ciò che ha creato: da Lui, in Lui e per Lui esistono tutte le cose. È mai possibile che questa realtà immensa, che io ho detto essere Dio, si riduca a queste due sillabe e che tutta la sua infinita potenza sia in esse racchiusa? Ma egli esisteva prima ancora che io potessi concepirlo nel cuore. E a chiamarlo "Dio" come ci sono riuscito? Nella lingua latina egli è chiamato "Deus", in quella greca "Theós", in quella punica "Ilim". L'ho denominato in tre diverse lingue ma ciò che ho concepito nel cuore non si identifica con nessuna di esse: io però, volendo comunicare ciò che ho pensato di Dio, parlando con un punico userei la parola "Ilim", con un latino "Deus", con un greco "Theós": tuttavia prima di incontrare qualcuno di loro, quanto io avevo concepito nel cuore non era né greco né punico né latino. Ebbene, quello che avevo concepito di comunicare si chiama "verbo", quello che ho usato per comunicarlo "voce".

Nell’uomo la voce può precedere o seguire il verbo.

Abbiamo indagato sulla differenza tra "voce" e "verbo": il verbo che esiste prima di ogni lingua, la voce che appartiene a qualche lingua. Ebbene, chi viene prima: la voce o il verbo? Nel mio intimo viene prima il verbo. Se infatti non avessi prima concepito nel cuore il verbo, non andrei a cercare la voce con cui comunicarlo. Il verbo quindi è stato concepito prima della voce, e della voce esso si è servito come di un veicolo per giungere a te, non per esistere dentro di me. Io infatti conosco ciò che andrò a dire, anche se poi non lo dico. Prima di dirlo non ho ancora usato la voce, eppure il verbo esiste dentro di me. Uso la voce per comunicarlo a te, perché, quando avrai udito la mia voce, il verbo sia anche dentro di te. In me dunque, che debbo insegnare, il verbo precede, la voce segue; in te invece, che devi apprendere, la voce precede, il verbo segue. State bene attenti e, con l'aiuto del Signore, cercate di capire. Mi rendo conto infatti che sto parlando di argomenti astrusi, appartenenti alle profondità del mistero; ma, sebbene a parlarvi sia un uomo qualunque, il mio dire è rivolto a fedeli cristiani illuminati dalla fede. Ripeto: in me precede il verbo e per manifestarlo segue la voce; in te precede la mia voce, e solo allora puoi comprendere il verbo che è nel mio cuore.

Cristo è il Verbo, Giovanni la voce.

Se Cristo è il Verbo e Giovanni la voce, Cristo-Verbo fu prima [di Giovanni] presso Dio; viceversa, riguardo a noi giunse prima la voce perché potesse venire a noi il Verbo. Dunque presso Dio esisteva il Verbo quando ancora Giovanni, la voce, non esisteva. O che forse non esisteva presso Dio il Verbo prima che esistesse Giovanni, la sua voce? Esisteva senz'altro presso Dio; ma perché fosse comunicato a noi fu scelto Giovanni come sua voce e, perché il Verbo venisse a noi, gli andò innanzi la voce. Cristo dunque esisteva prima di Giovanni, anzi esisteva fin dall'eternità; e tuttavia non doveva nascere prima di lui ma solo dopo che Giovanni, la voce, ebbe preceduto il Verbo. Benediciamo il Signore nostro Dio per quanto vi ho esposto come ho potuto e per quanto voi avete potuto comprendere. Egli si degni di accrescere e dilatare la vostra intelligenza, in modo che vi appaia in tutto il suo splendore quel Verbo che si è fatto precedere dalla Voce.

...

Giovanni diminuisce, Cristo cresce

Quanto più noi ci avviciniamo a Dio, tanto più diminuiscono le voci e cresce in noi il Verbo. Per quale motivo infatti ricorriamo alle voci, se non per comprendere la realtà delle cose? Se delle cose possedessimo la totale comprensione, non avremmo bisogno delle voci. Se potessimo vedere reciprocamente i nostri pensieri, forse che dovremmo ricorrere alla lingua per comunicare fra noi? Giungerà il momento in cui vedremo il Verbo come lo vedono gli angeli: allora non avremo bisogno di parole come adesso, né ci sarà bisogno di annunziatori del Vangelo, in quanto avremo la visione del Verbo in se stesso. Passeranno tutte le cose temporali, compresa la voce, che è una entità fisica paragonabile all'erba del campo, di cui è detto: La magnificenza della carne è come il fiore dell'erba. L'erba si secca, il fiore appassisce, mentre la Parola del Signore rimane in eterno. Per il fatto dunque che quanto più progrediamo nella comprensione, tanto meno avremo bisogno di voci per arrivare ad essa, lo stesso Giovanni disse: Lui deve crescere, io al contrario debbo diminuire. Crescendo il Verbo, diminuisce la voce. Ma che significa quel "crescere il Verbo"? Non cresce certamente il Verbo in se stesso, ma siamo noi a crescere in lui: in lui progrediamo, in lui ci arricchiamo in maniera tale che non abbiamo più bisogno di voci. 
Anche le date di nascita del Verbo e della voce stanno ad indicare questo fatto: il Verbo è nato il 25 dicembre, quando i giorni cominciano ad allungarsi, mentre la Voce è nata prima del Verbo ma quando i giorni cominciavano a diventare più brevi: Egli deve crescere, io al contrario debbo diminuire. Lo stesso fatto appare nel martirio di Giovanni e di Cristo: Giovanni diminuì in quanto venne decapitato, Cristo crebbe perché fu innalzato sulla croce.

L’episodio di Act 19, 1-7.

Per onorare il Verbo celebriamo dunque la nascita della " Voce ". ...