8 giugno 2018
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“Come il fiore di mandorlo”
Per capire e vivere l’amore non servono bei discorsi ma le semplici opere di misericordia — dar da mangiare a chi ha fame, visitare malati e carcerati — che non vanno confuse con la pur meritoria beneficenza laica. Perché all’amore di Dio, che è senza limiti e si manifesta nella piccolezza e nella tenerezza, si risponde coi fatti prima ancora che con le parole. Ecco il messaggio che Papa Francesco ha rilanciato nella messa celebrata a santa Marta venerdì mattina, 8 giugno, solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù.
«Possiamo dire che oggi la Chiesa celebra la solennità liturgica dell’amore di Dio: oggi è la festa dell’amore» ha affermato il Pontefice all’inizio dell’omelia. «L’apostolo Giovanni — ha aggiunto — ci dice “cosa è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio ma che lui ci ha amato per primo. Lui ci aspettava con amore. Lui è il primo ad amare”». E, ha aggiunto Francesco, «i profeti capivano questo e hanno usato il simbolo del fiore del mandorlo: è quello che fiorisce per primo, in primavera». Anche Dio «è così: sempre per primo: ci aspetta per primo, ci ama per primo, ci aiuta per primo». E «l’amore è questo, è l’amore di Dio».
A questo proposito il Papa ha fatto presente anche che «è difficile capire l’amore di Dio: Paolo, nel passo della lettera proposta oggi dalla liturgia» (Efesini 3,8-12.14-19), parla di «annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo». In sostanza «parla del mistero nascosto dai secoli in Dio: quelle “impenetrabili ricchezze” di Dio». Ma, ha riconosciuto il Pontefice, «non è facile capire questo: è una cosa lontana, misteriosa».
Poi Paolo «prega perché i cristiani siano in grado di comprendere quale sia, e lì cancella tutti i limiti, l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Dio». Insomma l’apostolo «parla di Dio cancellando il limite: va oltre sempre». Siamo davanti a «un amore che non si può capire» ha rilanciato Francesco. Perché l’«amore di Cristo supera ogni conoscenza, supera tutto: così grande è l’amore di Dio». Tanto che, ha affermato, «un poeta diceva che era come “il mare, senza rive, senza fondo”, un mare senza limiti».
Proprio «questo è l’amore che noi dobbiamo capire, l’amore che noi riceviamo» ha spiegato il Papa. E «questa è la grazia che chiede Paolo: capire e “annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo”».
La questione di fondo perciò, ha suggerito il Pontefice, è «come come si può capire l’amore» e anche «come il Signore ci ha rivelato questo amore». Guardando «la storia della salvezza, il Signore è stato un grande pedagogo, con la pedagogia dell’amore». Nel riferirsi in particolare al passo del profeta Osea (11,1.3-4.8-9) proposto dalla liturgia, il Papa ha fatto notare che «il Signore spiega come ha manifestato il suo amore: non con la potenza, col far sentire tutto». Anzi, con l’atteggiamento contrario. «Ascoltiamo» le parole del profeta, ha suggerito Francesco: «Io ho insegnato a camminare al mio popolo, tenendolo per mano. Avevo cura di loro». Dunque Dio teneva il suo popolo «per mano, vicino, come un papà». Di più, prosegue il testo di Osea: «Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d'amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia — quanta tenerezza — mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione».
Il passo di Osea testimonia, ha affermato il Pontefice, che Dio non «manifesta l’amore con le cose grandi: si impiccolisce, si impiccolisce, si impiccolisce, con questi gesti di tenerezza, di bontà». È un Dio che «si fa piccolo, si avvicina, e con questa vicinanza, con questo impiccolimento, lui ci fa capire la grandezza dell’amore».
«Il grande va capito per mezzo del piccolo» ha rilanciato il Papa. Ricordando anche che Dio «va oltre, invia il suo Figlio, ma non lo invia in maestà, in forza, lo invia in carne, in carne peccatrice: “Il Figlio umiliò se stesso, si annientò, prese forma di servo fino alla morte, alla morte in croce”». Perciò, ha insistito Francesco, «la grandezza più grande va espressa nella piccolezza più piccola e più drammatica: questo è il mistero dell’amore di Dio, di questo amore che il Signore ci insegna a mettere più nei fatti che nelle parole».
È «un amore totale» ha affermato Francesco. E «il simbolo è un cuore trafitto: così possiamo capire anche il percorso cristiano». Infatti, ha spiegato, «quando Gesù vuole insegnarci come deve essere l’atteggiamento cristiano ci dice poche cose, ci fa vedere quel famoso protocollo sul quale noi tutti saremo giudicati: Matteo 25».
E quel protocollo evangelico, ha fatto notare il Pontefice, «non dice: “io penso che Dio è così, ho capito l’amore di Dio”». Il passo del Vangelo di Matteo afferma invece: «Io ho fatto in piccolo l’amore di Dio: ho dato da mangiare all’affamato, ho dato da bere all’assetato, ho visitato l’ammalato, il carcerato». Perché, ha spiegato il Papa, «le opere di misericordia sono proprio la strada di amore che Gesù ci insegna in continuità con questo amore di Dio, grande». Ed è «con questo amore senza limiti che si è annientato, si è umiliato in Gesù Cristo, e noi dobbiamo esprimerla così». Dunque, ha proseguito, «il Signore non ci chiede grandi discorsi sull’amore; ci chiede di essere uomini e donne con un grande amore o con un piccolo amore, lo stesso, ma che sappiano fare queste piccole cose per Gesù, per il Padre».
In questa prospettiva, ha aggiunto il Pontefice, «si capisce la differenza tra quella che sarebbe un’opera di beneficenza meritoria, laica, e quelle che sono le opere di misericordia che sono la continuità di questo amore, che si impiccolisce, arriva a noi, e noi lo portiamo avanti».
«Oggi è la solennità dell’amore di Dio — ha concluso Francesco — e l’amore di Dio, per capirlo, lo si deve trasmettere nelle opere, nelle piccole opere di misericordia: trasmetterlo così, con semplicità». E «questo sarà l’annuncio di questo amore che non ha limiti e per questo è stato capace di esprimersi nelle piccole cose». Con l’auspicio «che il Signore ci faccia entrare in questo mistero dell’amore di Dio».
(fonte: L'Osservatore Romano)