Palermo, lettera aperta dei preti di frontiera a Salvini:
"Accogliamo i migranti, sono una risorsa"
Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini (ansa) |
Chiedono al nuovo governo M5s-Lega di affrontare il tema dei migranti come una risorsa, non come un problema. E propongono di utilizzare i fondi europei per avviare progetti di riqualificazione urbana e ambientale in cui impiegare gli ospiti giunti dall'altro lato del Mediterraneo. Dopo la visita in Sicilia del ministro dell'Interno leghista Matteo Salvini, che ha annunciato cambiamenti in vista nel sistema di accoglienza, i preti di frontiera don Cosimo Scordato e don Francesco Romano lanciano un appello al leader del Carroccio. I due preti che operano all'Albergheria, uno dei quartieri a più alta densità di popolazione straniera a Palermo, lanciano le loro proposte per riformare la rete dell'ospitalità.
Ecco il testo integrale dell'appello dei due parroci, già autori del testo contro gli stipendi d'oro all'Ars che fece discutere i primi mesi del governo regionale targato Musumeci.
"Prendendo spunto da quanto Lei ha affermato rendendosi disponibile ad ascoltare tutti, per poi decidere, ci permettiamo di sollecitare qualche proposta sulla grave problematica degli immigrati. In primo luogo condividiamo con Lei la preoccupazione che venga garantita la sicurezza della nostra società intensificando controlli che cerchino di individuare eventuali presenze di terrorismo o reti di sfruttamento dei bisogni altrui tra gli stessi immigrati.
Parimenti, condividiamo con Lei l'urgenza di superare l'attuale situazione dei centri di accoglienza liberandoli dalle interferenze di organizzazioni criminali e politiche, che stanno sfruttando a loro beneficio risorse pubbliche offrendo pessimi servizi.
Ciononostante, ci sembra un percorso più conducente quello di una politica che sappia volare alto trasformando in opportunità la situazione di emergenza; riconosciamo che le tragedie che si consumano quasi quotidianamente nel mar Mediterraneo e che hanno come vittime bambini, donne, giovani in fuga dalle loro terre per motivi di guerre, malattie o persecuzioni, a tutt'oggi ci hanno trovato impreparati e di fatto continuiamo a considerare la loro venuta come un'azione di disturbo nei confronti del nostro assetto sociale.
E se invece li accogliessimo a braccia aperte, non solo per alleviare la loro sofferenza e disperazione, ma anche considerando la loro venuta come un'opportunità di rinnovamento e di ringiovanimento della nostra società? Che cosa avremmo da offrire a loro? Qui si inserisce la nobiltà della politica che deve tentare di trasformare questa emergenza in una vera risorsa per la nostra società.
Due proposte da governare.
La prima è relativa alle condizioni di tanti paesi in buona parte deserti, di tanti terreni in condizioni di abbandono, di tante spiagge sporche, di strade impraticabili etc; perché non elaborare, in sinergia tra istituzioni, società civile e volontariato, progetti di inserimento che utilizzino veramente a beneficio degli immigrati i soldi della Comunità Europea finora sprecati o accaparrati da criminali? Inoltre, e questo sarebbe un vero salto di civiltà, la ricerca di offerte di lavoro e di formazione prevista dall'agenzia del lavoro, che l'attuale governo ha intenzione di ristrutturare, potrebbe includere anche questi nostri fratelli extracomunitari sostenendo il loro inserimento con i contributi europei. Cose non facili perché, come Lei ha denunciato, si tratta di superare situazioni di interessi consolidati o anche semplicemente di inerzia burocratica; ma adesso vorremmo riscoprire la forza di una politica autentica che sappia essere forte contro i poteri forti e accondiscendente con popolazioni che ci stanno semplicemente tendendo la mano.
Questo momento epocale richiede da parte di tutti un piglio ulteriore di creatività e generosità; speriamo che Lei sappia raccogliere queste sollecitazioni e trasformarle in politica attiva".
Cosa significa espellere.
I progetti del ministro e la realtà
«Gironzolano tutto il giorno per il paese, coi loro smartphone in mano, senza far niente». Quante volte, negli ultimi anni, abbiamo ascoltato queste parole da miti abitanti di piccoli Comuni, insofferenti per la presenza, nei centri di accoglienza, di alcune decine di richiedenti asilo, in attesa (un’attesa che può durare anche due anni...) di una decisione sulla loro richiesta. Anche quando quei cittadini stranieri non erano coinvolti in alcuna attività illecita (ed era la maggior parte dei casi) dava fastidio, soprattutto in comunità a volte piccolissime, la loro semplice presenza. Il loro "gironzolare" (sottinteso: pagato coi nostri soldi).
Il vento, che ha gonfiato le vele che han condotto l’onorevole Salvini a sedere nel suo ufficio al Viminale, è stato alimentato da sentimenti come questi. Sentimenti sui quali si possono esprimere opinioni diverse e articolate; ma di cui sarebbe sciocco ignorare l’esistenza.
Soprattutto: sarebbe sciocco far finta di non capire che il sentimento di indiscriminata e ingiustificata avversione verso l’immigrato è stato gonfiato dal senso di abbandono, da parte dello Stato, che molti cittadini (soprattutto fra i ceti più deboli) avvertono di fronte a piccoli e grandi reati e soprusi subiti nella loro vita quotidiana.
Da anni scriviamo che garantire maggiore sicurezza, anche con un convinto contrasto ai piccoli crimini di strada (non sempre, ma spesso legati all’immigrazione), significa creare le condizioni per una politica di ampia e generosa accoglienza: per rendere tale politica socialmente condivisa. E che tale contrasto deve essere perseguito non solo con la doverosa repressione dei reati, ma anche con una politica mirata di espulsione dei cittadini stranieri che han dimostrato, con la commissione spesso abituale di reati, di non voler rispettare le regole di comune convivenza.
Proprio per aver scritto queste cose da vent’anni, ci chiediamo che senso abbia, oggi, affermare, con toni perentori, che tutti gli stranieri 'clandestini' devono preparare le valigie per tornare a casa loro. Cosa significa espellere tutti gli irregolari, in un Paese in cui, da otto anni, non viene emanato un 'decreto flussi' per il lavoro dipendente? In un Paese in cui, dunque, di fatto, per uno straniero che vuole lavorare, e che magari ha già trovato un lavoro e, spesso, una famiglia italiana che lo ha accolto, non vi è alcun modo per 'regolarizzarsi'?
Qualunque dirigente di un qualunque ufficio immigrazione di qualunque Questura d’Italia può dire al ministro Salvini (e glielo può confermare anche il suo predecessore Roberto Maroni) che «espellere tutti gli irregolari» significa, inevitabilmente, eseguire le espulsioni più facili. Vale a dire: le espulsioni degli stranieri che (pur privi di permesso di soggiorno) vivono e lavorano nelle nostre città avendo sempre con sé il proprio passaporto; per i quali non è necessario avviare le lunghe procedure per l’accertamento dell’identità e del Paese di provenienza, perché non hanno mai mentito sulla propria identità.
Troppe volte abbiamo visto uscire dal carcere cittadini stranieri, condannati per reati anche gravi, senza che venissero espulsi (cosa che suona irridente, in primo luogo, verso i loro connazionali che, pur essendo magari 'irregolari', vivono invece con fatica nel rispetto delle regole). E invece, bisogna concentrarsi sull’allontanamento di questi stranieri, utilizzando il loro periodo di detenzione in carcere anche per preparare la loro espulsione, effettiva e non solo cartacea (in tal modo – si noti – rendendo quasi superfluo un loro successivo soggiorno al Cie).
E, allo stesso tempo, incentivare, per gli autori di reati di media gravità, lo strumento (già previsto dall’articolo 16 del Testo unico sull’immigrazione) della espulsione come sanzione alternativa al carcere. I politici che hanno ricevuto dagli elettori il mandato a governare, lo rivendicano con buona ragione. Ma ogni mandato può essere esercitato con modi, intelligenza e sensibilità diverse. Due anni fa, una politica tedesca disse, a proposito dei migranti: «Non facciamoci ricattare dagli occhi dei bambini». Noi auguriamo, ai politici che ci governeranno nei prossimi anni, di farlo avendo sempre, nei loro occhi, gli occhi di quei bambini.
Secondo le dichiarazioni rilasciate dal ministro dell’Interno Matteo Salvini a Pozzallo, il nostro Paese è un grande «campo profughi». Ma è davvero così? - Le sigle dell'accoglienza da conoscere.