La festa di Tutti i Santi e quella della Commemorazione dei Fedeli Defunti conducono a riflettere sul duplice orizzonte dell’umanità, che viene espresso con le semplici parole “terra” e “cielo”. La prima rappresenta il cammino storico dell’uomo e della creazione, la seconda, il cielo, l’eternità e la pienezza della vita in Dio. La Chiesa è in cammino nel tempo, ma nello stesso tempo, celebra già la festa senza fine nella Gerusalemme celeste, dove vivono in eterno coloro che sono salvi. Di molti di questi si conosce il nome, perché la Chiesa stessa li propone come modelli ed amici; accanto a loro sono posti, nella speranza, quei fedeli che sono morti in pace con Dio e per i quali si prega in modo particolare nelle chiese o nei cimiteri.
La fede nella vita eterna deve essere, però, completata dalla verità della risurrezione dei corpi...
Le due giornate - la prima addirittura è solennità - conducono a pensare con insistenza alla condizione storica dell’uomo, tante volte descritta come quella di un pellegrino in cammino verso la Citta dalle solida fondamenta. In questo viaggio nessuno è solo, come attesta la verità della comunione dei santi. Nel battesimo ciascuno è stato inserito come membro vivo nel Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa. È unito a tanti fratelli e a tante sorelle che quaggiù vivono beatitudini del vangelo ed è unito a tutti coloro, che sono già accanto al Padre. Essere cristiani, far parte della Chiesa, significa aprirsi a questa comunione, che abbraccia terra e cielo. In questa comunione tutti ricevono e, soprattutto, danno qualcosa nell’ordine della grazia: i santi intercedono per coloro che camminano quaggiù e questi ultimi con la preghiera, la penitenza e la carità aiutano chi si sta preparando all’abbraccio definitivo con il Padre.
Ancora, queste due giornate aiutano a comprendere quando un’esistenza umana può dirsi realizzata; i parametri umani di ricchezza, carriera, successo appaiono totalmente insufficienti. La realizzazione sta altrove, perché la persona umana è fatta per dare concretezza a Dio: mani, cuore, intelligenza tutto può servire per permettere a Dio di incarnarsi ancora e servire i suoi figli. La persona diviene così uno strumento libero affinché Dio possa agire ancora nella storia. E un solo gesto di carità ha il senso di una vita realizzata. La carità è l’altro nome della santità. “Ogni cristiano - ha recentemente ricordato Papa Francesco - è chiamato alla santità e la santità non consiste anzitutto nel fare cose straordinarie, ma nel lasciare agire Dio” (Udienza, 2/10/13). La santità è l’incontro tra la debolezza dell’uomo e la forza della grazia di Dio, è avere fiducia nella sua azione, che permette di fare tutto con gioia ed umiltà per la gloria di Dio e nel servizio del prossimo.
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Vedi anche il nostro post precedente:
Festa di tutti i Santi