di Alberto Neglia, ocarm
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I Mercoledì della Spiritualità 2013
Incontro del 23 ottobre 2013
"È difficile pregare perché l’uomo che tende ad idolatrare la propria autorealizzazione, ad affermare l’autonomia del suo agire e delle sue scelte in ogni campo del vissuto fa fatica ad accettare la dimensione di povertà che la preghiera, soprattutto quella di domanda, comporta.
L'uomo imbevuto di efficientismo, che tende a leggere tutte le dimensioni dell’esistenza e i comportamenti umani con la categoria del produttivo, farà fatica ad aprirsi al gratuito, a quella singolare perdita di tempo che è il pregare.
L'uomo incapace di silenzio, tuffato completamente nella estroversione, che non sa dare alcuna configurazione al proprio mondo interiore, farà difficoltà a percepire il significato di una preghiera personale, capace di silenzio e di solitudine.
Anche le distrazioni che inevitabilmente turbano l’orante possono ingenerare scoraggiamento e abbandono della preghiera: il credente cercherà di integrarle alla preghiera, trasformarle in preghiera, tendendo così a un'unificazione sempre più profonda di sé davanti a quella presenza di Dio che sola libera dalle distrazioni e dagli sguardi su se stessi.
Però, per chi persevera nella preghiera, Dio stesso lo educa a saper pregare. Ci ricorda Evagrio Pontico: «Se vuoi pregare hai bisogno di Dio, ‘che dona la preghiera a chi prega’. Invocalo dunque dicendo: ‘Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno’, cioè lo Spirito Santo e il tuo Figlio unigenito. Questo, infatti, il suo insegnamento, quando ha detto di 'adorare il Padre in spirito e verità'» (Evagrio Pontico, De oratione 58). ...
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