Il 30 novembre saranno settant’anni dalla morte di Etty Hillesum, ebrea olandese di 29 anni vittima dell’Olocausto a Auschwitz. Settant’anni non sono pochi per la memoria degli uomini, e molti grandi nomi, dopo un tale lasso di tempo, sono dimenticati. Etty Hillesum invece, di cui quasi niente si sapeva nel’immediato dopoguerra, conosce con il suo Diario e le sue Lettere una sorta di nuova vita; capace com’è di sedurre e affascinare lettori di oggi, che anagraficamente potrebbero essere suoi nipoti e che pure trovano in lei, singolarmente, una contemporanea, con le stesse domande e le stesse speranze nel cuore. Infatti da poco Adelphi ha pubblicato la edizione integrale del Diario e in questi giorni esce l’integrale delle Lettere, mentre fino a ora in Italia si erano lette solo edizioni parziali.
Già sufficienti, comunque, per suscitare con un passaparola fra lettori, e più ancora lettrici, quello che si potrebbe definire un innamoramento per la Hillesum. Nata nel 1914 in Olanda, Etty cresce in una famiglia ebrea borghese, colta e non praticante. Nel 1941, quando inizia a scrivere il suo Diario, è una studentessa universitaria vivace, innamorata di Rilke e Dostoevskij, dimentica dei precetti ebraici e padrona, come lei stessa scrive, «di una vita libera e sregolata». ..
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