Il vizio della gola interpretato dal pittore
fiammingo Hieronymus Bosch (1453-1516)
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Troppo o troppo poco.
Il rapporto deformato con il cibo nella riflessione di Enzo Bianchi e in secoli di storia dell’arte da Giotto a Dalí passando da Bosch, noto pittore fiammingo.
L’invito a non essere ingordi ce lo sentiamo ripetere fin da quando siamo bambini. Un invito apparentemente banale. Scontato. Eppure dietro a questa raccomandazione si nasconde un’antica e saggia preoccupazione: quella di disciplinare l’istinto, evitando gli eccessi. Il cibo? Né troppo né troppo poco. È elemento vitale e riguarda l’equilibrio delle singole persone. Ma, per come è prodotto, per il modo con cui viene venduto e per la ritualità che ne accompagna il consumo dice molto anche sul rapporto con la natura, l’economia, il prossimo.
Tra i vizi capitali l’ingordigia s’accompagna a degenerazioni d’altro tipo come la lussuria, l’avarizia, la collera, l’accidia, l’orgoglio e l’invidia. Tutti atteggiamenti che indicano un rapporto deformato con la realtà: la sessualità, il denaro, le cose, il lavoro, il tempo, lo spazio, noi stessi e il prossimo. Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose, nei libri d’Avvento, usando il linguaggio dei padri del deserto, riflette su queste “tentazioni” che insidiano la nostra libertà.
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