Erano passate da poco le 8.30 quella mattina del 21 settembre 1990. Rosario Livatino, che il 3 ottobre avrebbe compiuto 38 anni, a bordo della sua Ford Fiesta di colore rosso, da Canicattì dove abitava si stava recando al tribunale di Agrigento. Il magistrato stava percorrendo i duecento metri del viadotto San Benedetto, a tre chilometri dalla città dei templi, quando una Fiat Uno e una moto di grossa cilindrata lo affiancano costringendolo a fermarsi sulla barriera di protezione della strada statale. I sicari sparano numerosi colpi di pistola. Rosario Livatino tenta una disperata fuga, ma viene bloccato. Sceso dal mezzo, cerca scampo nella scarpata sottostante, ma viene finito con una scarica di colpi.
Muore cosi', 21 anni fa, il 'giudice santo' temuto dai mafiosi.
Sul posto arrivano i colleghi: da Palermo anche l'allora procuratore aggiunto Giovanni Falcone, e da Marsala Paolo Borsellino. Per la morte di Rosario Livatino, di cui inizia oggi il processo di canonizzazione, sono stati individuati i componenti del commando omicida e i mandanti, tutti condannati all'ergastolo. Secondo la sentenza, e' stato ucciso perché "perseguiva le cosche mafioseimpedendone l'attivita' criminale, laddove si sarebbe preteso un trattamento lassista, cioè una gestione giudiziaria se non compiacente, almeno, pur inconsapevolmente, debole, che e' poi quella non rara che ha consentito la proliferazione, il rafforzamento e l'espansione della mafia".
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