Liturgia e iniziazione cristiana: la maternità della Chiesa
(62a Settimana Liturgica nazionale
Trieste, 25 Agosto 2011)
di
Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti-Vasto
Nella terza parte del Simbolo Apostolico, lì dove si confessa la fede nello Spirito Santo e si fa memoria della Sua opera nel tempo, si trova l’espressione «communio sanctorum», la «comunione dei santi», riferita alla Chiesa. In questa formula, attestata già alla fine del secolo IV, risuona l’eco della “comunione” dello Spirito Santo, di cui parla il Nuovo Testamento (cf. 2 Cor 13,13).
Il significato dell’espressione può essere colto a diversi livelli: il primo è quello implicito, ma fondamentale, che la riferisce all’opera dello Spirito Santo. La «communio sanctorum» è anzitutto «communio Sancti»: Colui che è il Santo santifica i suoi; la santità può essere attribuita alla «communio» perché lo Spirito, santo e santificatore, santifica la Chiesa, unificandola nella comunione. Il secondo livello di significato è quello che intende il genitivo come neutro, riferito alle realtà sante (i «sancta»), per cui l’espressione viene a indicare la partecipazione ai beni e ai mezzi della salvezza, e quindi ai sacramenti, specialmente al battesimo e all’eucaristia. Qualora invece si dia al genitivo «sanctorum» il significato personale, la formula rinvia ai «santi», alle donne e agli uomini santificati dallo Spirito e alla loro comunione nel tempo e per l’eternità.
I tre livelli di significato di «communio sanctorum» sono tra loro in un rapporto profondo e inscindibile, perché è lo stesso e unico Spirito che attraverso i santi doni edifica la «comunione dei santi...
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