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domenica 15 febbraio 2015

"Un cuore che ascolta - lev shomea" - n. 10/2014-2015 (B) di Santino Coppolino

'Un cuore che ascolta - lev shomea'

Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)


Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino


Vangelo: 
Mc 1,40-45





Nella società ebraica - e non solo - fino a pochi decenni fa il lebbroso rappresentava il simbolo dell'emarginazione per eccellenza. Ritenuto maledetto da Dio, era escluso da ogni consesso civile e religioso, e la lebbra considerata - come è scritto nella Bibbia, "la figlia primogenita della morte" (Gb 18,13). Era una malattia temutissima, vista come la più terribile delle punizioni divine per i peccati dell'uomo e, secondo i rabbini, difficile da curare quasi come resuscitare un morto. 
A chi ne rimaneva infettato era fatto obbligo di vivere fuori dai centri abitati, in luoghi deserti e, qualora si fosse imbattuto in qualche persona, doveva gridare rimanendo a distanza: "Immondo, immondo", in modo che, riconoscendolo, non gli si accostasse. Con la venuta di Gesù tutto questo ha fine, viene abbattuto il muro di divisione della Legge (Ef 2,14), ciò che distingue il puro dall'impuro, il sacro dal profano, il giusto dal peccatore. In Gesù Dio si fa vicino ad ogni uomo, santo o immondo che sia, perché in Lui, nostro fratello e Signore, tutti riceviamo l'adozione a figli. Anzi il Signore predilige proprio queste persone, le più reiette, le più emarginate, quelle che non contano nulla agli occhi dei benpensanti, perché "Dio ha scelto ciò che nel mondo è disprezzato e ignobile, ha scelto le cose che non sono nulla per distruggere quelle che sono" (1Cor 1,28). 
Il lebbroso infatti sarà il primo evangelizzatore, il primo "a proclamare e a divulgare la Parola"(1,45) che ieri come oggi, viene annunziata e incarnata da coloro che non contano, dagli esclusi, dai poveri, dagli emarginati. La Chiesa sarà in grado di testimoniare il Vangelo della Vita - e Papa Francesco ce lo ripete continuamente - quando si riconoscerà - come individui e come comunità - in tutti coloro che patiscono emarginazione, quando in ogni fratello saprà scorgere e soccorrere "la carne sofferente del Cristo".