Se a credere nella pace
è rimasto solo papa Leone XIV
di Mario Giro
Il pontefice è rimasto solo a parlare di pace con convinzione. Da Washington a Mosca, dal Congo a Gaza, da Kiev alle capitale europee, gli altri leader pare detestino l’ipotesi della pace, considerandola irrealistica o cercando di trarre vantaggio dal caos attuale
Papa Leone XIV insiste sul tema della pace. I nemici devono parlarsi – sostiene – e invita ad incontrarsi in Vaticano. Proseguendo nella tradizione della chiesa cattolica, il papa di Roma è l’unico leader globale a parlare di pace con convinzione. Gli altri leader pare detestino l’ipotesi della pace, considerandola irrealistica o cercando di trarre vantaggio dal caos attuale. Benjamin Netanyahu e Hamas esecrano la pace proseguendo nella spirale dell’odio che annienta Gaza e ora minaccia la Cisgiordania. Entrambi cadono nell’impotenza: alla fine nessuno vince.
Anche Vladimir Putin non vuole la pace e crede che la grandezza della Russia sia incastonata nella vittoria del 1945: vorrebbe ripetere quelle gesta ma non può. Risponde di no a Donald Trump sperando di approfittare della disunione dell’Occidente per mangiarsi ancora un po’ di Ucraina. Così rischia perché in guerra tutto si rovescia facilmente. Nemmeno molti responsabili (politici e religiosi) ucraini vogliono la pace, convinti che l’Occidente li aiuterà a «vincere la Russia» senza rendersi conto di quanto sia illusorio. Forse Volodymyr Zelensky desidera la fine del conflitto un po’ più degli altri, dimostrandosi abile nel muoversi sulla scacchiera instabile di Trump.
Su altri quadranti non vogliono la pace i capi sudanesi delle due parti: si sono “accomodati” in una guerra durevole a scapito del loro popolo. Ci sono più morti in Sudan che a Gaza, ma non se ne parla. Non sembrano volere la pace nemmeno gli antagonisti nei due Kivu, ove la questione è materiale: sia la Repubblica democratica del Congo che il Ruanda puntano alle risorse delle terre rare. Gli Stati Uniti sono finalmente riusciti a farli ragionare e firmare un accordo ma nessuno sa chi disarmerà le decine di gruppi armati presenti nella regione.
Tra coloro che credono che la pace sia irrealistica ci sono i leader “volenterosi” europei: in Germania si è convinti che nel 2030 la Russia attaccherà. Il successo dell’AfD post-nazista dipende anche da una reazione a tale profezia di guerra “certa”. Non diversamente la pensano i romeni: tanti voti sono andati alla destra estrema per esorcizzare la guerra. I popoli sono incerti: nessuno in Europa vuole essere comandato da Mosca ma nemmeno desidera trovarsi in guerra coi russi.
Non credono alla pace i paesi arabi del Golfo alcuni dei quali finanziano guerre in Africa e Medio Oriente. Non si rendono conto che si tratta di un boomerang che potrebbe un giorno rivoltarsi contro di loro. Chi li appoggerà in caso di pericolo? Infine la Cina non fa ciò che potrebbe per costruire la pace: prosegue la sua giusta causa in favore del multilateralismo, ma non opera concretamente per frenare chi combatte (russi ma anche africani) laddove avrebbe il potere di farlo. Continua ad aspettare di vedere cosa le convenga di più. Così la pace resta orfana, senza nessuno che la difenda, che ci creda o la apprezzi, salvo la Chiesa cattolica.
È stato il messaggio che papa Leone ha dato urbi et orbi dalla Loggia di San Pietro: una pace disarmata e disarmante. È stato il tema del suo discorso ai giornalisti e ai diplomatici. Pace come prima cosa. E poi giustizia come lotta agli squilibri e alle disparità globali. E infine verità nel senso di opporsi alla post-verità dei fake, con «parole dai connotati ambigui e ambivalenti». Una preoccupazione per «il mondo virtuale, con la sua mutata percezione del reale, che prende il sopravvento senza controllo». Senza tutto questo è arduo costruire rapporti autentici, parlarsi davvero e fare pace.
(Fonte: “Domani” - 17 luglio 2025)