25 Luglio - San Giacomo, Apostolo
Apostolo, figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni evangelista, fu insieme a Pietro e Giovanni testimone della trasfigurazione del Signore e della sua agonia. Decapitato da Erode Agrippa in prossimità della festa di Pasqua, ricevette, primo tra gli Apostoli, la corona del martirio.
Vita del Santo
«Gesù Redentore sottrasse Giacomo all’umile fatica delle reti, costituendolo pescatore di uomini per la loro salvezza. Egli rispose alla divina chiamata con animo pronto e fedele così meritò di affrontare il tormento del martirio e di ottenere la gloria prima degli altri apostoli del Signore». Giacomo è detto “il Maggiore” per differenziarlo dall’altro Giacomo, “il Minore”, cugino di Gesù. Era figlio di Zebedeo e Salome e fratello maggiore di Giovanni. Giacomo fece parte del gruppo dei tre apostoli privilegiati – Pietro, Giacomo e Giovanni – che furono scelti da Gesù per prendere parte agli episodi della guarigione istantanea della suocera di Pietro, della resurrezione della figlia di Giairo, della trasfigurazione del Salvatore sul monte e della sua agonia nell’orto degli ulivi. Giacomo e il fratello Giovanni l’Evangelista furono chiamati da Gesù mentre si trovavano con la barca sulle rive del lago di Gènnesaret. Scrive Marco: «Subito li chiamò ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui». Secondo la tradizione, Giacomo, “il Maggiore”, fu il primo evangelizzatore della Spagna: proprio mentre si trovava nel paese iberico per evangelizzarlo, visti gli scarsi risultati fino ad allora ottenuti, pensò di fare ritorno a Gerusalemme. Ma nei pressi della città di Saragozza gli apparve la Vergine Maria, issata su un pilastro: la Madre Celeste lo invitò a edificare in suo onore una chiesa, ancora oggi visibile ed esistente. Giacomo fu il primo apostolo a subire il martirio intorno all’anno 42. Secondo quanto tramandato da Clemente Alessandrino e da Eusebio di Cesarea, mentre l’apostolo andava al martirio gli si avvicinò colui che aveva falsamente testimoniato contro di lui e gli chiese perdono; Giacomo si fermò pensieroso, ma poi lo abbracciò dicendogli: «La pace sia con te».
Agiografia
Il culto legato a Giacomo Maggiore si diffuse in maniera straordinaria in Spagna, dove sorse il famosissimo santuario di Compostela che dall’XI al XIV secolo divenne per la cristianità occidentale un’ambita meta di numerosi pellegrinaggi. Il Cammino di Santiago di Compostela – conosciuto anche come Cammino di San Giacomo – è una delle vie più importanti della storia e della cristianità, uno dei più importanti pellegrinaggi cristiani in Europa e nel mondo, con quasi 500.000 pellegrini di ogni nazionalità che lo percorrono ogni anno. Si tratta di un antico percorso di pellegrinaggio che ha come meta la cattedrale di Santiago de Compostela, nella Galizia spagnola, dove secondo la tradizione cristiana sono custodite proprio le spoglie di Giacomo Maggiore. Un pellegrinaggio considerato un atto di fede, di riflessione e di spiritualità per molti dei partecipanti. Ma non solo. Il Cammino di Santiago rappresenta anche un’opportunità per meditare e trovare pace interiore, oltre che per conoscere culture diverse. Durante il loro cammino, i pellegrini incontrano infatti varie tradizioni culturali, gastronomiche e storiche delle regioni attraversate, e le città site lungo il percorso offrono arte, architettura e ospitalità locale. Il cammino promuove anche un forte senso di comunità tra i pellegrini, persone provenienti da tutto il mondo che condividono esperienze ed emozioni durante il viaggio. Scrive Paulo Coelho: «Lo spirito dei vecchi pellegrini della tradizione ti accompagna nel viaggio. Il cappello ti ripara dal sole e dai cattivi pensieri; il mantello ti salva dalla pioggia e dalle cattive parole; il bastone ti protegge dai nemici e dalle cattive azioni. La benedizione di Dio, di San Giacomo e della Vergine ti accompagni per tutte le notti e tutti i giorni».
Intervista impossibile al Santo
di Monsignor Calogero Peri (Vescovo di Caltagirone)
Ogni anno milioni di persone si mettono in cammino sui tuoi passi. Quali azioni concrete ci suggeriresti per trasformare la nostra vita in un pellegrinaggio sinodale?
Penso che la prima osservazione che dovremmo fare è se queste persone fanno veramente un pellegrinaggio e qual è la motivazione per cui si mettono in movimento. Il pellegrinaggio un tempo aveva un senso molto più profondo, era l’espressione di una riflessione che portava ad un cambiamento di vita, intendeva un desiderio di raggiungere luoghi distanti e dunque un movimento esterno che non era altro che un riflesso di quello che accadeva all’interno di ciascuno, nel suo animo. Sarebbe opportuno che almeno i cristiani che intraprendono un pellegrinaggio sapessero innanzitutto che quel percorso non lo fa l’io ma lo compie un noi, un cammino in questo senso sinodale, ma per davvero! Questo perché il Signore fin dall’inizio ha scelto un popolo, poi ha scelto un gruppo di apostoli, ha scelto insomma una comunità. Ritornare ad un senso di comunione e di comunità è indispensabile per suggerire un pellegrinaggio corale nella Chiesa, che si muova verso quel luogo dove Dio ci ha dato appuntamento. Siamo nel tempo del Giubileo, e cogliere l’occasione di fare un passaggio radicale in Cristo e attraverso Cristo è un appello che dovremmo accogliere con generosità e gratitudine.
Quali sfide deve affrontare la Chiesa del nostro tempo nel suo impegno missionario ad gentes e ad intra nella pastorale ordinaria?
Oggi c’è un grosso problema da risolvere, sembriamo aver perso quello che era originario e fondamentale, forse essenziale nell’esperienza di Dio. Abbiamo un po’ ingessato le nostre vite, mentre il Signore ci parla di spirito e di acqua di sorgente! Più volte papa Francesco ci ha ricordato di essere una Chiesa in uscita, penso che la Chiesa oggi abbia il compito di annunziare al mondo la bellezza del Vangelo: occorre credere nel Vangelo, credere che c’è un Dio che si è fatto vicino, che ci vuole dare una mano, ci vuole aiutare, vuole essere nostro Padre. Questo dovremmo non semplicemente annunciarlo al mondo, ma innanzitutto annunciarlo a noi stessi, facendolo diventare vita e quindi testimoniarlo attraverso la nostra vita e non semplicemente con le nostre parole. Mi sembra che tante volte ci sia un certo scollamento tra la bellezza del Vangelo e del messaggio di Gesù Cristo e la testimonianza un poco affievolita e talvolta opaca che noi riusciamo a vedere. Oggi chi vede un cristiano o chi vede addirittura una comunità cristiana vede Gesù in mezzo alla gente, vede la presenza del Risorto e vede un Gesù vivo come si è manifestato dopo la Resurrezione. L’irruzione dello Spirito Santo contempla le porte spalancate e le finestre aperte della Pentecoste, il mio auspicio che tutto questo nell’epoca in cui vi trovate a vivere sia più tangibile e immediato.
Potresti indicarci quattro caratteristiche della comunione apostolica di cui il mondo di oggi potrebbe avere più bisogno?
Credo che più che caratteristiche servano dei recuperi da fare. Questa società dovrebbe recuperare il senso della paternità: oggi sembra ci sia un mondo senza Padre; quindi, un mondo in cui i figli non si sentono figli e non sentendosi figli non si sentono neppure fratelli. Ciascuno sembra andare per i fatti suoi, dunque da nessuna parte! Oggi dobbiamo riconsiderare e risistemare il nostro rapporto con Dio, perché questo ci permetterebbe di sistemare o di rifondare il nostro rapporto umano, cosa che sembra andare in frantumi. Guerre, violenza, odio, discriminazione, divisione delle risorse così assurde ci testimoniano che non si può essere una famiglia per finzione. Per questo, parlerei della necessità di una rinascita, un altro elemento che mi sembra debba essere recuperato. L’azione potente e onnipotente dello Spirito può farlo, perché abbiamo bisogno dentro le nostre paure, dentro i nostri timori che per davvero ci sia una nuova Pentecoste; e all’improvviso, nonostante le chiusure, irrompe, apre finestre e porte chiuse e finalmente gli uomini non hanno più indugi ad essere destinatari di un messaggio così bello come quello di essere testimoni del Risorto. Bisogna dunque portare la freschezza del Vangelo e della Risurrezione dentro di noi, insistere molto su che cosa noi dobbiamo fare per Dio, accogliere quello che Dio ha fatto, fa e farà per noi. Quando scopriremo di essere amati da Dio sopra ogni cosa, allora forse faremo qualcosa che prima di allora non eravamo mai riusciti a fare.
Che cosa hanno i poveri da insegnarci e come possiamo accostarci a loro in modo veramente umano e non assistenzialistico?
I poveri hanno tutto da insegnarci, perché il povero per eccellenza è Gesù Cristo. Ma Gesù Cristo è povero non per condizione, ma per scelta; ecco, quando la povertà da condizione e condanna diventa invece un’opzione, la Chiesa dovrebbe essere somigliante a Cristo, che si spogliò per condividere, per sentire ed entrare in esperienza con l’umanità. I poveri ci aiutano a fare esperienza di Dio, e non certo per sentito dire. Mi viene in mente una frase di Sant’Agostino che disse: «Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te». E poi le Beatitudini, espresse tutte al futuro: «Beati i dolenti, perché saranno consolati, beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati, beati i miti, perché erediteranno la terra». I poveri di spirito indicano invece non solo una povertà di mezzi e di condizione, ma sono identificati al presente, perché «di essi è il Regno dei Cieli». La povertà ci permette di incarnare nel presente tutto quello che noi aspettiamo ed attendiamo nel futuro, per questo i poveri rappresentano questa grande verità di non essere riempiti di io ma di potersi riempire di Dio, cosa che l’uomo di oggi stenta a fare, perché pensa di essere il custode e il protettore di sé stesso. Su questo, Giovanni Battista la dice lunga: «Bisogna che egli cresca e che io diminuisca».
Segni Iconografici distintivi
È ritratto in abito da pellegrino mentre impugna il bastone e la bisaccia. Talvolta viene raffigurato con il cappello da pellegrino, la conchiglia, il libro, la spada e lo stendardo.
Tradizione gastronomica legata al culto
La tradizione culinaria associata al santo, soprattutto in contesti legati al pellegrinaggio verso Santiago di Compostela, è ricca di piatti tipici della regione e di cibi consumati dai pellegrini lungo il cammino. Si possono includere piatti a base di carne, pesce, legumi e prodotti locali, come il famoso “pulpo à la gallega” e la “empanada gallega”. Il polpo alla galiziana, anche detto “pulpo à la gallega”, è un antipasto tipico della cucina spagnola e in particolare della regione della Galizia. È un vero capolavoro di semplicità e sapore, capace di conquistare anche i palati più esigenti. Il polpo, tenero e succulento, si sposa perfettamente con il sapore affumicato della paprika creando un equilibrio che esalta i sapori di entrambi gli ingredienti. Le patate danno sostanza al piatto e fanno da base per gli altri ingredienti, e il tutto viene legato da un filo di olio extravergine d’oliva che dona profondità e armonizza il piatto. Tradizionalmente il polpo alla galiziana viene servito su piatti di legno come tapas, ovvero piccoli stuzzichini che accompagnano una bevanda, solitamente alcolica. L’ “empanada gallega” è una focaccia rustica che si prepara in Galizia fin dai tempi dei Goti, detta la torta del pellegrino e viene farcita con diversi ripieni, carne rosse o bianche, pesce e crostacei, verdure di ogni tipo. È ottima consumata sia calda che fredda.
Curiosità
La conchiglia di Santiago, o conchiglia di San Giacomo, nota anche come capasanta, rappresenta uno dei simboli più iconici e significativi del Cammino di Santiago, un’antica rotta di pellegrinaggio che attraversa l’Europa per concludersi nella città spagnola di Santiago de Compostela. Questa conchiglia non solo adorna la segnaletica ufficiale lungo il percorso, ma figura anche nel logo simbolo del Cammino, testimoniando la sua profonda connessione con questa tradizione spirituale e culturale. Le striature della conchiglia, che convergono in un unico punto, simboleggiano i vari percorsi che i pellegrini possono intraprendere, tutti convergenti verso Santiago de Compostela, il cuore spirituale del cammino. La “Pecten jacobaeus”, nome scientifico della capasanta comune, è un mollusco bivalve della famiglia dei pectinidi, ed è conosciuto in diverse lingue con nomi che fanno riferimento al legame con il tema giacobeo, come “common scallop” in inglese, “coquille Saint-Jacques” in francese, e “vieira” in Galiziano, tra gli altri. Il nome “venera”, utilizzato in castigliano, deriva dal latino “veneria”, che significa conchiglia ed è collegato a Venere, la dea romana dell’amore e della bellezza, spesso raffigurata emergere dal mare su una conchiglia. Questo richiamo mitologico sottolinea ulteriormente il valore simbolico della conchiglia di San Giacomo, legandola a temi di nascita, bellezza e rinascita. Nel corso dei secoli, la conchiglia di Santiago ha assunto diversi significati simbolici: è stata associata all’esecuzione di buone opere, a causa della sua somiglianza con le dita di una mano aperta; alla rinascita personale, collegata al simbolismo di Venere; all’inizio di un nuovo percorso, evocato dalla forma che ricorda una gamba d’oca palmata. Questi simbolismi convergono nel rappresentare la conchiglia come emblema della spiritualità e della religiosità che permeano il Cammino di Santiago. Storicamente, portare con sé una conchiglia raccolta sulle sponde della Galizia al ritorno da Santiago de Compostela era un modo per dimostrare di aver completato il viaggio. Oggi, la conchiglia di San Giacomo è comunemente indossata dai pellegrini come distintivo appeso allo zaino o come patch cucita, servendo da simbolo visivo della loro partecipazione al pellegrinaggio.
Preghiere a San Giacomo
O glorioso San Giacomo
che per la vostra purezza e per il vostro zelo
meritaste di essere da Gesù Cristo non solo sollevato al grado di Apostolo,
ma fra gli apostoli stessi privilegiato delle sue più intime confidenze,
ottenete a noi tutti la grazia di essere per la nostra vita veramente cristiana,
meritevoli delle grazie più elette e singolari.
Voi, annunziando a molti popoli il Vangelo di Gesù Cristo,
instillaste nel cuore di tutti la più profonda venerazione per la SS. Vergine Maria,
ottenete a noi tutti un grande zelo per la santificazione dei nostri fratelli.
E poiché dopo di avere sostenuto per amore di Gesù Cristo
le più grandi fatiche ed affrontati i maggiori pericoli
aveste poi l’onore di essere il primo a sigillarne col sangue la fede,
ottenete a noi tutti la grazia di sostenere sempre in pace le fatiche ed i travagli di questa terra,
e specialmente la salvezza dell’anima.
Amen.
(di Autore Anonimo)
O Padre, onnipotente e misericordioso,
tu hai voluto che San Giacomo, primo fra gli Apostoli,
sacrificasse la vita per il Vangelo;
per la sua gloriosa testimonianza conferma nella fede la tua Chiesa
e sostienila sempre con la tua protezione.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo figlio che è Dio
e vive e regna con te per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
(di Autore Anonimo)
(fonte: UNITI NEL DONO 24/07/2025)
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Vedi anche il post precedente: