LA VERA GLORIA
Se c’è qualcosa di eterno in noi,
se qualcosa di noi rimane quando non rimane più nulla,
questa cosa è l’amore.
I commenti di p. Ermes al Vangelo della domenica sono due:
- il primo per gli amici dei social
- il secondo pubblicato su Avvenire
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. (...) Matteo 25,31-46
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LA VERA GLORIA
Se c’è qualcosa di eterno in noi, se qualcosa di noi rimane quando non rimane più nulla, questa cosa è l’amore.
Una scena solenne e drammatica, un “giudizio universale” che ci svela la verità ultima del vivere, rivelazione di ciò che rimane quando non rimane più niente: l'amore.
Il Vangelo qui risponde alla più seria, attuale e martellante delle domande: cosa hai fatto di tuo fratello?
Lo fa elencando sei opere, ma poi sconfina: ciò che avete fatto a uno dei miei fratelli, o sorelline più piccole, l'avete fatto a me!
Ma ecco svelata la pista della fede evangelica: nel supremo confronto tra uomo e Dio il focus non è sul peccato, è sul bene.
Misura ultima della storia non è il negativo o l'ombra, ma il positivo e la luce, il giudizio finale non sarà tarato sui miei peccati, ma sulla bontà; non su tutta la mia vita, ma sulla parte buona di essa.
Solo il vangelo sa essere così regale.
Verità dell'uomo non sono le debolezze, ma la bellezza del suo cuore. Giudizio divinamente truccato, perché alla sera della vita saremo giudicati solo sull'amore (San Giovanni della Croce), e non su devozioni o riti religiosi: renderemo conto solo del laico addossarci il dolore dell'uomo.
Dio non ti sorprende in un momento di debolezza, quando non ce la fai a vivere in un modo nobile e puro, ma è colui che instancabilmente ti sospinge al bene. Che non misura le tue debolezze ma incalza la tua bontà, anche quando la credevi sepolta.
La fede non si riduce però alle sole buone azioni, deve restare scandalosa: il povero come Dio! Allora c'è da innamorarsi di Lui innamorato e bisognoso, mendicante di pane e di casa, che non cerca venerazione per sé ma per i suoi amati, che vuole tutti dissetati, saziati, vestiti, guariti, liberati.
Davanti a questo Dio io ancora mi incanto, lo accolgo, entro nel suo mondo.
Poi ci sono quelli mandati via. La loro colpa? Hanno scelto il gelo della lontananza: via da me, voi che siete stati lontani dai fratelli.
Non hanno fatto del male ai poveri, semplicemente non hanno fatto nulla. Indifferenti, lontani, cuori assenti che non sanno né piangere né abbracciare, vivi e già morti (C. Péguy).
Ciò che accade nell'ultimo giorno mostra che la vera alternativa non è tra chi frequenta le chiese e chi non ci va, ma tra chi si ferma accanto all'uomo bastonato e chi invece tira dritto, chi passa oltre. Ma oltre l'uomo non c'è nulla, tantomeno il Regno di Dio.
Il nostro futuro, cielo e paradiso, è generato dal bene che io, tu, noi abbiamo donato al Lazzaro innumerevole della terra.
Un detto chassidico esorta: se un uomo ti chiede aiuto, non gli dire devotamente: “rivolgiti a Dio, abbi fiducia, deponi in Lui la tua pena”, ma agisci come se non ci fosse Dio, come se in tutto il mondo ci fosse uno solo che può aiutare quell'uomo: tu.
Se c’è qualcosa di eterno in noi, se qualcosa di noi rimane quando non rimane più nulla, questa cosa è l’amore.
per Avvenire
Le bilance del Signore sono tarate solo sul bene (...)
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