Carcere assassino
(Foto di https://pixabay.com/it/photos/prigione-cella-cella-di-prigione-1652896/)
In carcere si muore e non è solo una metafora per dire la non-vita di quel non-luogo: si muore concretamente, suicidati dal carcere.
Susan, quarantatre anni, deceduta nella notte di ieri, dopo un mese di digiuno durante il quale chiedeva invano di poter rivedere il piccolo figlio.
Azzurra, 28 anni, affetta da problemi psichiatrici, trovata impiccata in cella, ieri pomeriggio.
Entrambe erano recluse al Lorusso Cutugno di Torino, una da poco più di un mese, l’altra da alcuni giorni. Con loro il numero dei suicidi nelle carceri italiane nei primi otto mesi del 2023 sale a quarantatre, sedici tra giugno e agosto.
Occupavano due celle di quello che viene pomposamente definito “Reparto di articolazione tutela salute mentale” . In realtà si tratta di due squallide celle, le prime della sezione Nuove Giunte, che differiscono dalle altre solo perché più disadorne, illuminate giorno e notte, sotto l’occhio insonne della telecamera.
Di tutela della salute mentale non c’è neanche l’ombra… caso mai è vero il contrario: non solo non esiste personale specializzato, ma, rispetto al resto della sezione, aumenta l’isolamento, l’impossibilità di socializzare, il controllo poliziesco, il vuoto pesante di un tempo che non passa mai e l’angoscia che sale con la precarietà del futuro.
Il carcere non solo non cura la malattia mentale, ma la crea e la alimenta.
La notizia di queste morti rimbalza sui giornali e mette in moto il rimpallo delle responsabilità, insieme alle dichiarazioni di impotenza. I sindacati delle guardie carcerarie chiedono più agenti, la direzione si giustifica col sovraffollamento e la precarietà delle strutture.
Quanto ai garanti dei diritti dei detenuti, la garante comunale si lagna che “Nessuno ci aveva informati”. E il garante regionale è ancor più sintetico…
In realtà, nella maggior parte dei casi , a garantire il rispetto minimo dei diritti e ad ottenere qualche miglioramento della condizione carceraria sono, come sempre, le lotte dei detenuti, mentre i garanti, più che una presenza concreta, sono un ufficio del palazzo comunale e regionale…
Oggi, insieme al ministro della Giustizia Nordio, giunto in visita alle Vallette, c’erano tutti. Il succo dei colloqui è stato esposto in conferenza stampa. Promesse generiche di risolvere il problema del sovraffollamento carcerario, con progetti fumosi, nel cui orizzonte non entrano indulti né amnistie, caso mai la separazione tra detenuti più e meno pericolosi con l’utilizzo di strutture quali le caserme dismesse: dunque non l’alternativa al carcere, ma il carcere diffuso…
Se c’era qualche timore di inchieste, il ministro ha contribuito a fugare le preoccupazioni dei responsabili. “La mia non è un’ispezione, ma una manifestazione di vicinanza del ministro e del suo staff in questo momento di dolore, ma anche di vicinanza alla direzione e alla polizia penitenziaria…”.
Loro, le vere vittime, i dannati della terra e le ragioni per cui qui “si vive o si muore per un sì o per un no” sono rinchiusi più in là, nei gironi interni della prigione.
Mentre negli uffici della direzione si scattano le fotografie di rito, ai blocchi di detenzione si alza la protesta: fischi, grida, battitura delle sbarre e dei blindi… L’umanità reclusa urla rabbia e dolore, l’invivibilità delle celle sovraffollate, la sete d’aria libera, il sopruso quotidiano di un mondo senza giustizia, il bisogno di dignità e l’angoscia del dopo, di un fuori che si preannuncia come ostile e inospitale.
Sono loro la voce di Susan, Azzurra, Graziana, Antonio, Denys…
Il carcere uccide anche la speranza.
Eppure la soluzione opposta al carcere esiste ed è la giustizia sociale, quella che renderebbe il mondo più bello, più vivibile per tutti.
Questo non è il sogno. E’ la meta.
(fonte: Pressenza, articolo di Nicoletta Dosio 12.08.23)
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Emergenza carceri: tre suicidi in poche ore
negli istituti penitenziari italiani
Picco di suicidi nelle carceri italiane: in tre si sono tolti la vita nel giro di poche ore in differenti istituti penitenziari
Un detenuto di 44 anni di Lamezia Terme è stato trovato morto nella sua cella del carcere di Rossano in Calabria. Si ipotizza il suicidio.
La Procura di Castrovillari ha aperto un'inchiesta. L'uomo era in carcere dallo scorso febbraio, dopo il suo arresto nel corso di un'operazione antidroga locale.
Suicidi in carcere
Il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sta registrando un picco di suicidi in carcere. Altre due detenute sono morte nel carcere di Le Vallette a Torino: una è deceduta dopo aver rifiutato cibo, acqua e farmaci per 18 giorni e l'altra si è suicidata impiccandosi nella sua cella.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha visitato l'istituto penitenziario di Torino sabato, dopo gli ultimi due suicidi. Prima della morte delle due donne e del detenuto a Lamezia, l'associazione Antigone aveva contato 42 suicidi nelle carceri italiane finora quest'anno.
Nel 2022 erano stati 85.
L'estate aumenta le tensioni carcerarie
Familiari dei detenuti e associazioni ricordano che l'estate spesso aumenta le tensioni carcerarie e la disperazione: l'aumento del calore in strutture obsolete e sovrallate, la diminuzione del personale e dei servizi, acuisce il senso di disagio e fa aumentare i gesti di autolesionismo, sino al suicidio.
Per far fronte al fenomeno, in particolare del sovraffollamento, il ministro Nordio ha sottolineato l'opportunità di convertire le caserme militari in strutture di detenzione, soprattutto per reati minori.
(fonte: Euronews 13/08/2023)
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Vedi anche: “Non devono morire”
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