"Un cuore che ascolta - lev shomea"
"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Riconoscere che Gesù è «il Messia, il Figlio del Dio Vivente», conferisce a Pietro il primato sulla nascente comunità; primato che, però, deve essere vissuto nel servizio e nell'amore verso tutti i fratelli. Sappiamo che, lungo il corso della bimillenaria storia della Chiesa, il primato petrino è stato inteso ed esercitato in molti modi diversi, molto spesso frainteso e male inteso, con e senza colpa. Nella Chiesa, l'esercizio dell'autorità ha sempre bisogno di purificazione; esso va vissuto non come esercizio di un potere - sempre rifiutato da Gesù - ma come assunzione di una matura responsabilità. Simon Pietro, purtroppo, è «bar Jona», figlio "spirituale" di Giona e, come suo padre, fugge le conseguenze della misericordia e dell'amore gratuito del suo Signore. Pietro non è ancora in grado di accettare un Messia debole e indifeso che si consegna inerme nelle mani degli uomini, rifiuta categoricamente l'idea di un Dio che ama e usa misericordia verso tutti, buoni e cattivi, peccatori e santi, anche verso i pagani oppressori e carnefici di Gesù. Per questa ragione tenterà di dissuadere con fermezza il suo Maestro dall'andare a Gerusalemme (16,22). Certamente Gesù è il Messia, ma non il dominatore e lo sterminatore di nemici atteso da una certa tradizione giudaica. Per Gesù il potere è in se stesso diabolico (cf. 4,1-11); i figli di Dio, invece, sono coloro che seguono il loro Maestro e Signore nell'amore e nel servizio verso tutti gli uomini, «pietre viventi, edificate come un edificio spirituale sulla Pietra vivente scartata dagli uomini» (1Pt 2,4-5). Sono coloro che non si sono lasciati contaminare dal «lievito dei farisei e dei sadducei» (16,6), da quel veleno mortale che inquina e intossica la vita e le relazioni tra i figli di Dio, e che impedisce di scorgere nel volto di ogni uomo un fratello da amare.
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino
XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Vangelo:
Riconoscere che Gesù è «il Messia, il Figlio del Dio Vivente», conferisce a Pietro il primato sulla nascente comunità; primato che, però, deve essere vissuto nel servizio e nell'amore verso tutti i fratelli. Sappiamo che, lungo il corso della bimillenaria storia della Chiesa, il primato petrino è stato inteso ed esercitato in molti modi diversi, molto spesso frainteso e male inteso, con e senza colpa. Nella Chiesa, l'esercizio dell'autorità ha sempre bisogno di purificazione; esso va vissuto non come esercizio di un potere - sempre rifiutato da Gesù - ma come assunzione di una matura responsabilità. Simon Pietro, purtroppo, è «bar Jona», figlio "spirituale" di Giona e, come suo padre, fugge le conseguenze della misericordia e dell'amore gratuito del suo Signore. Pietro non è ancora in grado di accettare un Messia debole e indifeso che si consegna inerme nelle mani degli uomini, rifiuta categoricamente l'idea di un Dio che ama e usa misericordia verso tutti, buoni e cattivi, peccatori e santi, anche verso i pagani oppressori e carnefici di Gesù. Per questa ragione tenterà di dissuadere con fermezza il suo Maestro dall'andare a Gerusalemme (16,22). Certamente Gesù è il Messia, ma non il dominatore e lo sterminatore di nemici atteso da una certa tradizione giudaica. Per Gesù il potere è in se stesso diabolico (cf. 4,1-11); i figli di Dio, invece, sono coloro che seguono il loro Maestro e Signore nell'amore e nel servizio verso tutti gli uomini, «pietre viventi, edificate come un edificio spirituale sulla Pietra vivente scartata dagli uomini» (1Pt 2,4-5). Sono coloro che non si sono lasciati contaminare dal «lievito dei farisei e dei sadducei» (16,6), da quel veleno mortale che inquina e intossica la vita e le relazioni tra i figli di Dio, e che impedisce di scorgere nel volto di ogni uomo un fratello da amare.