VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN PORTOGALLO
IN OCCASIONE DELLA
XXXVII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
2 - 6 AGOSTO 2023
Sabato, 5 agosto 2023
LISBONA
18:00 Incontro privato con i Membri della Compagnia di Gesù presso il “Colégio de S. João de Brito”
20:45 Veglia con i giovani nel “Parque Tejo”
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Nel pomeriggio di sabato 5 agosto, il Papa ha incontrato in privato, nel Colégio de São João de Brito, a Lisbona, i confratelli della Compagnia di Gesù presenti in Portogallo.
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La Veglia della Gmg, il Papa ai giovani:
la gioia è missionaria, portatela ovunque
Un milione e mezzo di ragazzi ha partecipato all'incontro serale al Parco Tejo di Lisbona. A loro Francesco ha chiesto di aiutare chi è caduto a non restare a terra: "Non abbiate paura, un fallimento è tale solo se non si ha la forza di risollevarsi"
Bisogna camminare sempre nella vita e se si cade serve un aiuto ad alzarsi. È un allenamento costante perché nulla al mondo è gratis, tranne l’amore di Gesù. È questo il mandato che Papa Francesco affida ai tantissimi giovani, circa un milione e mezzo, che riempiono il grandioso Parque Tejo a Lisbona, e che hanno iniziato, già dalla tarda mattinata a sistemarsi con stuoini, sacchi a pelo, coperte termiche ma anche tendine da campeggio per la Veglia della Gmg, penultimo atto di una settimana di incontri in terra portoghese. Sono arrivati nel “Campo da Graça”, il Campo della Grazia, dopo circa 8-10 chilometri di cammino, invadendo pacificamente ma gioiosamente le strade della capitale.
La gioia è missionaria
In un discorso che diventa subito un dialogo con i giovani, con domande di Francesco che sollecita risposte da un uditorio attento e pronto, il Pontefice spiega il significato profondo del gesto di Maria, che per raggiungere la cugina “Si alzò e andò di fretta” nonostante avesse appena ricevuto l’annuncio dell'angelo. La Madonna, sottolinea il Papa, “invece di pensare e a lei, pensa all’altra”, a sua cugina, perché la “gioia è missionaria”, non è per sé stessi ma per portare qualcosa agli altri. Lo ribadisce più volte Francesco, chiedendo ai giovani di ripeterlo: bisogna portare la gioia agli altri, ricordando che anche gli altri ci hanno preparato a riceverla. Si tratta delle persone che hanno portato la luce nella vita: genitori, nonni, amici, sacerdoti, religiosi, catechisti, animatori, insegnanti e Papa Francesco chiede ai giovani un momento di silenzio per ricordarli. Sono loro le “radici della gioia”, perché la gioia che deve essere portata non deve essere passeggera o momentanea, ma deve “creare radici”. E questo non avviene nel chiuso di una biblioteca, ma va cercato e scoperto nel dialogo con gli altri.
Aiutare a sollevare chi cade
L’altra domanda che il Papa fa ai ragazzi e alle ragazze di Parque Tejo è se a loro è mai capitato di essere stanchi. A volte succede di “gettare la spugna” e di non aver voglia di far niente e allora si smette di camminare e si cade. Nella vita, tuttavia il fallimento non è la fine. L’importante quando, ricorda citando una canzone degli alpini, è non “rimanere caduti”, chiudendo la vita alla speranza. In quel caso l’unica cosa da fare è aiutare chi cade a sollevarsi. È una frase che il Papa ha ripetuto spesso e che chiede ai giovani di completare tra gli applausi: l’unico modo per guardare una persona dall’alto in basso è per aiutare a rialzarsi.
Allenarsi a camminare
Per fare tutto questo, ribadisce il Papa, è pero necessario un allenamento, come quello che c’è dietro a un gol in una partita di calcio. “Non c'è nessun corso che ci insegni a camminare nella vita”, sottolinea Francesco, “lo impariamo dai nostri genitori, lo impariamo dai nostri nonni, lo impariamo dai nostri amici, tenendoci per mano”. L’invito del Papa è a camminare con un obiettivo e di allenarsi a questo ogni giorno della vita, perché “nulla è gratuito. Tutto si paga”.”C'è solo una cosa gratuita”, ricorda: l'amore di Gesù. Con questo e con il desiderio di camminare, l’invito ai giovani è di non avere paura, di guardare alle radici senza avere timori.
L'esibizione dei ragazzi per la Veglia della Gmg
Lo spettacolo della Veglia della Gmg
Nella prima parte della Veglia, uno spettacolo di musica e danza contemporanea ha raccontato la storia di una giovane che si è lasciato interpellare da Dio e di come questo abbia cambiato la sua vita, contagiando tutti coloro che ha incontrato. Ispirandosi al motto di questa Gmg, “Maria si alzò e andò di fretta”, è stato mostrato un parallelo tra ciò che viene rappresentato e la storia della Madonna. Un incontro, l'Annunciazione, ha cambiato la vita di Maria e, di conseguenza, la storia dell'umanità. Il "sì" di Maria alla proposta d'amore di Dio ci ispira a fare altrettanto: a donarci interamente al Signore, affidandogli tutta la nostra vita, rinunciando a progetti e sicurezze, per essere suoi strumenti nella storia d'amore di Dio per ciascuno di noi. Sotto la direzione artistica di Matilde Trocado, la coreografia ha rappresentato il desiderio di continuare a lodare Dio e a servire gli altri al ritorno a casa. L’incontro messo in scena nella prima parte della Veglia, è diventato poi reale e concreto nella seconda parte, con l'adorazione del Santissimo Sacramento.
Le due testimonianze
Inserite nello spettacolo, due testimonianze. Don Antonio Ribeiro de Matos ha parlato del suo impegno nel portare agli altri la gioia “non fugace” di trovare Cristo e di essere trovato da Lui. Gesù è sempre stato presente nella sua vita, ma anche avvicinandosi alla Chiesa, rimaneva sempre concentrato su se stesso. Ma un incidente stradale per un colpo di sonno e la paura di morire, gli ha fatto capire che la vita vissuta “non ne era valsa la pena”. Così è entrato in seminario l’anno seguente, nel 2019, per poi essere ordinato sacerdote. “Nella mia fragilità”, ha spiegato don Antonio, “ho potuto riconoscere quanto Gesù e la Chiesa mi amano e camminano con me ed è cresciuto il desiderio di portare questa esperienza agli altri”. Marta ha invece 18 anni e viene da Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, da cinque anni teatro della barbarie di gruppi armati e estremisti. Dopo aver perso suo padre, lei sua madre e le tre sorelle sono dovute scappare nella foresta, a causa delle violenze dei terroristi. “Quando eravamo nella foresta - ha raccontato la ragazza - abbiamo pregato molto. Non abbiamo mai perso la fede. Chiedevo a Dio di aiutarci e di togliere ogni malvagità dal mondo e che le persone che stavano provocando questa guerra cambiassero la loro vita”. “Mai, in mezzo a tanta sofferenza - ha concluso - abbiamo perso la speranza che un giorno ricostruiremo di nuovo la nostra vita”.
Alcuni dei ragazzi a Parco Tejo
L'accoglienza di Lisbona ai giovani
Prima che arrivi il Papa, davanti al grande palco bianco che sembra una candida onda del mare o una grande duna di sabbia, i giovani che per diversi motivi hanno accesso all’area, si incontrano, si abbracciano, scattano foto con la Croce delle Gmg di sfondo, come una coppia dalla Polonia che si è sposata due giorni fa, ed è a Lisbona in luna di miele. Alla sinistra del palco, i settori degradano verso l’estuario del Tago, solcato da una caravella battente bandiera portoghese, che sembra tanto la Santa Maria di Cristoforo Colombo. E poco distante si staglia l’imponente struttura del ponte Vasco de Gama. Nelle prime file, sventola anche una bandiera blu e gialla dell’Ucraina.
L'attesa
Verso le 18, sul fiume Trancao, che divide in due il Parco Tejo, sono arrivati i simboli della Gmg, la Croce e l'Icona della Madonna Salus Populi Romani, accompagnati da diverse altre imbarcazioni decorate. Immancabile l’inno della Gmg "Felizes", del sacerdote gesuita Miguel Pedro Melo, musicato da Miguel Tapadas. I caccia dell'Aeronautica Militare squarciano il cielo, nel momento in cui il Papa arriva sul palco. Il Comune di Lisbona ha allestito un altro spazio nel centro di Lisbona, al Terreiro do Paço, offrendo quasi tremila posti a sedere e schermi giganti per quanti, in particolare gli anziani, non possono recarsi al Parque Tejo per poter seguire la veglia di questa sera e la Messa di domani mattina.Uno spazio attrezzato con tre maxischermi e 2.900 sedie.
(fonte: Vatican News, articolo di Alessandro Di Bussolo 05/08/2023)
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Cari fratelli e sorelle, buonasera!
Mi dà tanta gioia vedervi! Grazie per aver viaggiato, per aver camminato, e grazie di essere qui! E penso che anche la Vergine Maria ha dovuto viaggiare per vedere Elisabetta: «Si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39). Viene da chiedersi: perché Maria si alza e va in fretta dalla cugina? Certo, ha appena saputo che la cugina è incinta, ma anche lei lo è: perché allora andare se nessuno gliel’aveva chiesto? Maria compie un gesto non richiesto e non dovuto; Maria va perché ama e «chi ama vola, corre lietamente» (L’imitazione di Cristo, III,5). Questo è quello che ci fa l’amore.
La gioia di Maria è duplice: aveva appena ricevuto l’annuncio dell’angelo, che avrebbe accolto il Redentore, e anche la notizia che la cugina era incinta. Allora, è interessante: invece di pensare a se stessa, pensa all’altra. Perché? Perché la gioia è missionaria, la gioia non è per uno, è per portare qualcosa. Vi domando: voi, che siete qui, che siete venuti a incontrarvi, a trovare il messaggio di Cristo, a trovare un senso bello della vita, questo, lo terrete per voi o lo porterete agli altri? Cosa pensate? Non sento… È per portarlo agli altri, perché la gioia è missionaria! Ripetiamolo tutti insieme: la gioia è missionaria! E così io porto questa gioia agli altri.
Ma questa gioia che abbiamo, altri ci hanno preparato a riceverla. Adesso guardiamo indietro, a tutto quello che abbiamo ricevuto: tutto questo ha predisposto il nostro cuore alla gioia. Tutti, se guardiamo indietro, abbiamo persone che sono state un raggio di luce per la nostra vita: genitori, nonni, amici, sacerdoti, religiosi, catechisti, animatori, maestri… Loro sono come le radici della nostra gioia. Ora facciamo un attimo di silenzio, e ciascuno pensa a coloro che ci hanno dato qualcosa nella vita, che sono come le radici della gioia.
[momento di silenzio]
Avete trovato? Avete trovato dei volti, delle storie? La gioia che è venuta attraverso quelle radici è quella che noi dobbiamo dare, perché noi abbiamo radici di gioia. E allo stesso modo noi possiamo essere radici di gioia per gli altri. Non si tratta di portare una gioia passeggera, una gioia del momento; si tratta di portare una gioia che crea radici. E mi domando: come possiamo diventare radici di gioia?
La gioia non sta nella biblioteca, chiusa – anche se è necessario studiare! – ma sta da un’altra parte. Non è custodita sotto chiave. La gioia bisogna cercarla, bisogna scoprirla. Bisogna scoprirla nel dialogo con gli altri, dove dobbiamo dare queste radici di gioia che abbiamo ricevuto. E questo, a volte, stanca. Vi faccio una domanda: voi vi stancate a volte? Pensate a cosa accade quando uno è stanco: non ha voglia di far niente, come diciamo in spagnolo uno getta la spugna perché non ha voglia di andare avanti e allora uno si arrende, smette di camminare e cade. Voi credete che una persona che cade, nella vita, che ha un fallimento, che anche commette errori gravi, forti, che la sua vita sia finita? No! Che cosa bisogna fare? Alzarsi! E c’è una cosa molto bella che oggi vorrei lasciarvi come ricordo. Gli alpini, ai quali piace scalare le montagne, hanno un canto molto bello che dice così: “Nell’arte di salire – sulla montagna –, quello che conta non è non cadere, ma non rimanere caduto”. È bello!
Chi rimane caduto è già “andato in pensione” dalla vita, ha chiuso, ha chiuso alla speranza, ha chiuso ai desideri e rimane a terra. E quando vediamo qualcuno, un nostro amico che è caduto, cosa dobbiamo fare? Sollevarlo. Fate caso a quando uno deve sollevare o devi aiutare una persona a sollevarsi, che gesto fa? Lo guarda dall’alto in basso. L’unica occasione, l’unico momento in cui è lecito guardare una persona dall’alto in basso, ed è per aiutarla a rialzarsi. Quante volte, quante volte vediamo persone che ci guardano così, sopra le spalle, dall’alto in basso! È triste. L’unico modo, l’unica situazione in cui è lecito guardare una persona dall’alto in basso è… ditelo voi…, forte: per aiutarla ad alzarsi.
Bene, questo un po’ è il cammino, la costanza nel camminare. E nella vita, per ottenere le cose bisogna allenarsi a camminare. A volte non abbiamo voglia di camminare, non abbiamo voglia di fare fatica, copiamo agli esami perché non abbiamo voglia di studiare e non arriviamo al risultato. Non so se a qualcuno di voi piace il calcio…, a me piace. Dietro a un gol, cosa c’è? Tanto allenamento. Dietro un risultato, cosa c’è? Tanto allenamento. E nella vita, non sempre uno può fare quello che vuole, ma quello che ci porta a fare la vocazione che abbiamo dentro – ognuno ha la propria vocazione. Camminare. E se cado, mi rialzo o qualcuno mi aiuterà a rialzarmi; non rimanere caduto; e allenarmi, allenarmi a camminare. E tutto questo è possibile, non perché seguiamo un corso sul camminare – non esistono corsi che ci insegnano a camminare nella vita –: questo si impara, si impara dai genitori, si impara dai nonni, si impara dagli amici, dandosi una mano a vicenda. Nella vita si impara, e questo è allenamento per camminare.
Vi lascio questi spunti. Camminare e, se si cade, rialzarsi; camminare con una meta; allenarsi tutti i giorni nella vita. Nella vita, nulla è gratis, tutto si paga. Solo una cosa è gratis: l’amore di Gesù! Quindi, con questo gratis che abbiamo – l’amore di Gesù – e con la voglia di camminare, camminiamo nella speranza, guardiamo alle nostre radici e andiamo avanti, senza paura. Non abbiate paura. Grazie! Ciao!
Mi dà tanta gioia vedervi! Grazie per aver viaggiato, per aver camminato, e grazie di essere qui! E penso che anche la Vergine Maria ha dovuto viaggiare per vedere Elisabetta: «Si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39). Viene da chiedersi: perché Maria si alza e va in fretta dalla cugina? Certo, ha appena saputo che la cugina è incinta, ma anche lei lo è: perché allora andare se nessuno gliel’aveva chiesto? Maria compie un gesto non richiesto e non dovuto; Maria va perché ama e «chi ama vola, corre lietamente» (L’imitazione di Cristo, III,5). Questo è quello che ci fa l’amore.
La gioia di Maria è duplice: aveva appena ricevuto l’annuncio dell’angelo, che avrebbe accolto il Redentore, e anche la notizia che la cugina era incinta. Allora, è interessante: invece di pensare a se stessa, pensa all’altra. Perché? Perché la gioia è missionaria, la gioia non è per uno, è per portare qualcosa. Vi domando: voi, che siete qui, che siete venuti a incontrarvi, a trovare il messaggio di Cristo, a trovare un senso bello della vita, questo, lo terrete per voi o lo porterete agli altri? Cosa pensate? Non sento… È per portarlo agli altri, perché la gioia è missionaria! Ripetiamolo tutti insieme: la gioia è missionaria! E così io porto questa gioia agli altri.
Ma questa gioia che abbiamo, altri ci hanno preparato a riceverla. Adesso guardiamo indietro, a tutto quello che abbiamo ricevuto: tutto questo ha predisposto il nostro cuore alla gioia. Tutti, se guardiamo indietro, abbiamo persone che sono state un raggio di luce per la nostra vita: genitori, nonni, amici, sacerdoti, religiosi, catechisti, animatori, maestri… Loro sono come le radici della nostra gioia. Ora facciamo un attimo di silenzio, e ciascuno pensa a coloro che ci hanno dato qualcosa nella vita, che sono come le radici della gioia.
[momento di silenzio]
Avete trovato? Avete trovato dei volti, delle storie? La gioia che è venuta attraverso quelle radici è quella che noi dobbiamo dare, perché noi abbiamo radici di gioia. E allo stesso modo noi possiamo essere radici di gioia per gli altri. Non si tratta di portare una gioia passeggera, una gioia del momento; si tratta di portare una gioia che crea radici. E mi domando: come possiamo diventare radici di gioia?
La gioia non sta nella biblioteca, chiusa – anche se è necessario studiare! – ma sta da un’altra parte. Non è custodita sotto chiave. La gioia bisogna cercarla, bisogna scoprirla. Bisogna scoprirla nel dialogo con gli altri, dove dobbiamo dare queste radici di gioia che abbiamo ricevuto. E questo, a volte, stanca. Vi faccio una domanda: voi vi stancate a volte? Pensate a cosa accade quando uno è stanco: non ha voglia di far niente, come diciamo in spagnolo uno getta la spugna perché non ha voglia di andare avanti e allora uno si arrende, smette di camminare e cade. Voi credete che una persona che cade, nella vita, che ha un fallimento, che anche commette errori gravi, forti, che la sua vita sia finita? No! Che cosa bisogna fare? Alzarsi! E c’è una cosa molto bella che oggi vorrei lasciarvi come ricordo. Gli alpini, ai quali piace scalare le montagne, hanno un canto molto bello che dice così: “Nell’arte di salire – sulla montagna –, quello che conta non è non cadere, ma non rimanere caduto”. È bello!
Chi rimane caduto è già “andato in pensione” dalla vita, ha chiuso, ha chiuso alla speranza, ha chiuso ai desideri e rimane a terra. E quando vediamo qualcuno, un nostro amico che è caduto, cosa dobbiamo fare? Sollevarlo. Fate caso a quando uno deve sollevare o devi aiutare una persona a sollevarsi, che gesto fa? Lo guarda dall’alto in basso. L’unica occasione, l’unico momento in cui è lecito guardare una persona dall’alto in basso, ed è per aiutarla a rialzarsi. Quante volte, quante volte vediamo persone che ci guardano così, sopra le spalle, dall’alto in basso! È triste. L’unico modo, l’unica situazione in cui è lecito guardare una persona dall’alto in basso è… ditelo voi…, forte: per aiutarla ad alzarsi.
Bene, questo un po’ è il cammino, la costanza nel camminare. E nella vita, per ottenere le cose bisogna allenarsi a camminare. A volte non abbiamo voglia di camminare, non abbiamo voglia di fare fatica, copiamo agli esami perché non abbiamo voglia di studiare e non arriviamo al risultato. Non so se a qualcuno di voi piace il calcio…, a me piace. Dietro a un gol, cosa c’è? Tanto allenamento. Dietro un risultato, cosa c’è? Tanto allenamento. E nella vita, non sempre uno può fare quello che vuole, ma quello che ci porta a fare la vocazione che abbiamo dentro – ognuno ha la propria vocazione. Camminare. E se cado, mi rialzo o qualcuno mi aiuterà a rialzarmi; non rimanere caduto; e allenarmi, allenarmi a camminare. E tutto questo è possibile, non perché seguiamo un corso sul camminare – non esistono corsi che ci insegnano a camminare nella vita –: questo si impara, si impara dai genitori, si impara dai nonni, si impara dagli amici, dandosi una mano a vicenda. Nella vita si impara, e questo è allenamento per camminare.
Vi lascio questi spunti. Camminare e, se si cade, rialzarsi; camminare con una meta; allenarsi tutti i giorni nella vita. Nella vita, nulla è gratis, tutto si paga. Solo una cosa è gratis: l’amore di Gesù! Quindi, con questo gratis che abbiamo – l’amore di Gesù – e con la voglia di camminare, camminiamo nella speranza, guardiamo alle nostre radici e andiamo avanti, senza paura. Non abbiate paura. Grazie! Ciao!
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Vedi anche i post precedenti
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- VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO IN PORTOGALLO PER LA XXXVII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 2 - 6 AGOSTO 2023 - 8° - In un minuto la seconda giornata di Papa Francesco in Portogallo (video)
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