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mercoledì 5 aprile 2023

La piaga del lavoro minorile in Italia. Il Rapporto di Save the Children

La piaga del lavoro minorile in Italia.
Il Rapporto di Save the Children 

(Foto di Gustavo Ampelio di Borgogna, Flickr)

Il lavoro minorile è un fenomeno globale che non risparmia l’Italia. Un fenomeno diffuso ma ancora in larga parte sommerso e invisibile. Il Rapporto di Save The Children presentato stamani a Roma stima che in Italia 336mila minorenni tra i 7 e i 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro, quasi 1 minore su 15. Tra i 14-15enni che dichiarano di svolgere o aver svolto un’attività, il 27,8% ha svolto lavori particolarmente dannosi per i percorsi educativi e per il benessere psicofisico, perché percepiti dagli stessi intervistati come pericolosi, perché svolti in orari notturni o perché svolti in maniera continuativa durante il periodo scolastico. Stiamo parlando di alcuni tra i dati raccolti da “Non è un gioco”, la nuova indagine sul lavoro minorile in Italia che, dalle stime, riguarderebbe circa 58mila adolescenti. La ricerca evince anche una relazione positiva tra lavoro minorile e dispersione scolastica: un circolo vizioso di povertà ed esclusione.

In Italia per legge è possibile per gli adolescenti iniziare a lavorare a 16 anni, avendo assolto l’obbligo scolastico, ma dall’indagine emerge che quasi un 14-15enne su cinque svolge o ha svolto un’attività lavorativa prima dei 16 anni, rischiando così di compromettere i percorsi educativi e di crescita. L’assenza nel nostro Paese di una rilevazione statistica sistematica sul lavoro minorile non consente di definire i contorni di questo fenomeno e di intraprendere azioni efficaci di contrasto.

I settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile sono: la ristorazione (25,9%); la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%); le attività in campagna (9,1%) e in cantiere (7,8%); le attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%). Non mancano neppure nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche. Nel periodo in cui lavora, più della metà degli intervistati lo fa tutti i giorni o qualche volta a settimana e circa 1 su 2 lavora più di 4 ore al giorno.

Cosa spinge ragazzi e ragazze ad intraprendere percorsi di lavoro?

Soprattutto l’avere soldi per sé (56,3) e la necessità o volontà di offrire un aiuto materiale ai genitori (32,6%). Il 38,5% afferma di lavorare per il piacere di farlo, un dato non trascurabile. Il livello di istruzione dei genitori, in particolare della madre, è significativamente associato al lavoro minorile. L’indagine evidenzia anche come la percentuale di genitori senza alcun titolo di studio o con la licenza elementare o media sia significativamente più alta tra gli adolescenti che hanno avuto esperienze di lavoro, un dato che deve far riflettere sulla trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione. Inoltre, dai dati della ricerca emerge che la maggioranza dei minori (53,8%) che dichiara di aver lavorato durante l’ultimo anno o in passato, ha iniziato dopo i 13 anni, mentre il 6,6% prima degli 11 anni e che circa due terzi dei minorenni che hanno sperimentato forme di lavoro sono di genere maschile (65,4%) e il 5,7% ha un background migratorio.

Dall’indagine “Non è un gioco” è emerso poi che tra i 14-15enni intervistati che lavorano, quasi 1 su 3 (29,9%) lo fa durante i giorni di scuola e tra questi il 4,9% salta le lezioni per lavorare. Dai dati si evince che la percentuale di minori bocciata durante la scuola secondaria di I o di II grado è quasi doppia tra chi ha lavorato prima dei 16 anni rispetto a chi non ha mai lavorato. Il lavoro minorile può anche influenzare la condizione futura di giovani NEET (Not in Education, Employment, or Training), alimentando la trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione sociale. I ragazzi e le ragazze di età compresa tra 15 e 29 anni in questa situazione in Italia sono più di 1 milione e 500mila nel 2022, il 19 % della popolazione di riferimento, con un valore in Europa secondo solo a quello osservato in Romania.

La ricerca dedica attenzione anche ai minori coinvolti nel circuito di giustizia minorile, evidenziando che tra questi emerge tra l’altro un altissimo tasso di dispersione scolastica: sono frequenti i casi di abbandono precoce della scuola, così come percorsi di insuccesso scolastico che si traducono in elevate assenze e bocciature.

Di fronte a tali dati Save the Children chiede la ricostituzione immediata della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, l’avvio di un’indagine conoscitiva sul lavoro minorile e la dispersione scolastica e interventi diretti a partire dai territori più deprivati per rafforzare le reti di monitoraggio, per sostenere i percorsi educativi e formativi e per contrastare la povertà economica ed educativa con un’azione sinergica delle istituzioni e di tutti gli attori sociali ed economici.

Ad accompagnare il lavoro di analisi vi sarà il podcast “Non è un gioco”, realizzato da Save the Children in partnership con Will Media. Per quattro settimane si potranno ascoltare approfondimenti sul tema del lavoro minorile in Italia, partendo da una visione generale e dai dati del fenomeno, concentrandosi sugli aspetti di correlazione con la dispersione scolastica, sulle forme più dannose di lavoro minorile e sul mondo della giustizia minorile.


Per scaricare il Rapporto completo:
(fonte: Pressenza, articolo di Giovanni Caprio 04.04.23)