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mercoledì 26 aprile 2023

LA GUERRA É FUORI DELLA RAGIONE (“BELLUM ALIENUM A RATIONE”) di Raniero La Valle

LA GUERRA É FUORI DELLA RAGIONE
 (“BELLUM ALIENUM A RATIONE”) 
di Raniero La Valle


C’è un ripudio della guerra che sta nella Costituzione italiana, a cui non siamo rimasti fedeli (dalla partecipazione alla guerra contro l’Iraq, poi contro la Jugoslavia, al profluvio di armi inviate ad alimentare il conflitto in Ucraina) e c’è un ripudio della guerra proclamato da Giovanni XXIII nella «Pacem in terris» a cui la Chiesa è rimasta sempre fedele: dal «mai più la guerra!» gridato da Paolo VI dalla tribuna dell’Onu, all’opposizione frontale di Giovanni Paolo II alla guerra del Golfo, a papa Francesco che ha definito la guerra come una «mistica della distruzione».

E se papa Giovanni aveva scritto che in questa età, che si gloria della potenza atomica, la guerra era uscita fuori della ragione (bellum alienum a ratione), e perciò non appartiene più all’umano, papa Francesco è andato oltre non solo definendo la guerra come «una pazzia», ma qualificando l’industria delle armi, «che le sta dietro », come «diabolica».

Purtroppo con la guerra d’Ucraina e con tutte le altre che l’accompagnano le cose sono ancora peggiorate: l’industria delle armi ha talmente aumentato la produzione di armi che ci vorranno ancora più guerre per smaltirle; tutti i giornali parlano oggi della guerra come della cosa più normale del mondo e nessun negoziato è intrapreso per porre fine al sacrificio dell’Ucraina e alla guerra in Europa.

Dunque assistiamo a un rovesciamento totale: quello che è diabolico è benedetto da chi ne trae profitti sempre più alti, la guerra che non apparteneva più all’umano vi è stata reintrodotta come congeniale alla natura stessa dell’uomo e quella che era uscita dalla ragione come mezzo atto a risarcire i diritti violati vi è stata rimessa senza che sia consentita altra ragione che la vittoria. Lo scacco della ragione è tanto maggiore perché per tutto il periodo della guerra fredda l’incompatibilità tra la guerra e la ragione era stata tenuta ferma, e anzi era stata presidiata dal terrore (la «deterrenza »), dato il rischio di una guerra nucleare.

È stato con la prima guerra del Golfo, passata la paura dell’atomica grazie alla rimozione del muro di Berlino, che la guerra è stata recuperata, con la complicità dell’Onu, come ragionevole e anzi giusta e salutare, e da allora se ne è fatto uso più volte.

Oggi la guerra non solo è combattuta in più continenti (papa Francesco ha citato «la Siria che da 13 anni è in una guerra terribile, lo Yemen, Myanmar e dappertutto in Africa»), ma è stata posta come struttura dell’ordine internazionale e cardine della nuova visione del mondo: i prossimi dieci anni, secondo gli Stati Uniti, saranno di «competizione strategica» tra le grandi Potenze e potrebbero finire in una guerra con la Cina. Il mondo è visto come «un campo di gioco globale» in cui le Nazioni si scontrano e lottano per la supremazia.

La storia non ha insegnato niente. Ben prima della «Pacem in terris», in piena seconda guerra mondiale, Angelo Roncalli nell’omelia di Pasqua del 1942 nella cattedrale di Santo Spirito a Istanbul, essendo egli allora delegato apostolico in Turchia, aveva denunciato la causa di tutte le guerre: «Ciascuno di noi ama giudicare ciò che avviene dal punto di vista del pugno di terra sulla quale appoggia i piedi, cioè dal punto di vista della propria nazione. È una grande illusione. 
Bisogna elevarsi e abbracciare coraggiosamente l’insieme; bisogna elevarsi fino a perdere di vista le barriere differenziali che separano tra loro i combattenti» e, già Papa, nel messaggio di Natale del 1959 spiegava che «l’amore del prossimo, e verso la propria nazione, non deve ripiegarsi su se stesso, in una forma di egoismo chiuso e sospettoso del bene altrui, ma deve allargarsi ed espandersi per abbracciare tutti i popoli e con essi intrecciare relazioni vitali».

La «Pacem in terris» non è stata dunque un bagliore improvviso, che irrompe nella storia e subito si spegne. Ma la storia aspetta ancora di esserne illuminata.

(Fonte:  “Rocca” n 7 del 1° aprile 2023)