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sabato 4 giugno 2022

Barometro dell’odio: “l’Italia sulla strada del razzismo”. Amnesty: “una narrativa tossica, secondo la quale dare diritti a un gruppo significa toglierli a un altro”


Barometro dell’odio: “l’Italia sulla strada del razzismo”. Amnesty: “una narrativa tossica, secondo la quale dare diritti a un gruppo significa toglierli a un altro”




“Quello della cittadinanza è un tema di diritti fondamentali e solo chi non lo considera tale lo vede come ‘controverso’. Il passo per considerarlo ‘minaccioso’ è breve e produce risultati nefasti. I risultati del nostro barometro lo evidenziano chiaramente. L’odio che abbiamo rilevato è figlio di una narrativa tossica, secondo la quale dare diritti a un gruppo significa toglierli a un altro: è questa la narrativa da sconfiggere”. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, sintetizza così la quinta edizione del “Barometro dell’odio” intitolato “Senza cittadinanza”. “Un tema quasi invisibile, così come lo sono i suoi protagonisti. Tra tecnicismi, strumentalizzazioni politiche e una sovrapposizione fuorviante al tema immigrazione, di cittadinanza non solo si parla poco, ma anche male, perdendo di vista l’essenziale: riguarda oltre 1 milione di giovani e giovanissimi italiani in tutto e per tutto, tranne che sui documenti, a causa di una legge datata 30 anni”, afferma la nota diffusa da Amnesty.

“Dopo le donne, i bersagli preferiti dagli utenti sono le persone con background migratorio, i rifugiati e i migranti, seguiti da chi è impegnato nel mondo della solidarietà”, rileva l’inchiesta pubblicata oggi da Amnesty. “È ora di cambiare: riconoscere i diritti, contribuendo ad abbattere la discriminazione, anche sul piano culturale”, sottolinea l’organizzazione che difende i diritti umani nel mondo.


“Il Barometro dell’odio” è giunto alla sua quinta edizione ed è incentrato quest’anno, si legge nell’introduzione, sulla riforma della legge della cittadinanza, quanto mai urgente a 30 anni dalla sua emanazione. La ricerca, svolta tra settembre e ottobre 2021, ha preso in analisi oltre 27 mila contenuti unici, tra post/tweet e relativi commenti di 24 pagine/profili pubblici appartenenti ad esponenti politici, testate giornalistiche e operatori della comunicazione, attivisti, personaggi del mondo della cultura.

Il progetto, dedicato al monitoraggio e all’analisi dei discorsi d’odio online, ha coinvolto 50 attivisti di Amnesty International Italia, che, affiancati da esperti nella valutazione dei contenuti, si sono interrogati su quanto e come si parla della riforma della legge 91 del 5 febbraio 1992 che regola la cittadinanza italiana.
Dall’analisi è emerso che della riforma della legge 91/1992 si parla molto poco e in maniera prevalentemente polemica: su 10 commenti che toccano questo tema quasi 8 hanno accezione negativa (76,5%) e più di 1 (14,8%) è offensivo e/o discriminatorio o “hate speech”. “Gli ‘hater’ guardano agli italiani senza cittadinanza come a degli stranieri – sottolinea Amnesty International -, complice un dibattito che talvolta associa in modo fuorviante la riforma della cittadinanza ai flussi migratori. Un contenuto su 3 sulla riforma verte anche sull’immigrazione e ricorrono spesso toni xenofobi e/o razzisti”.

Migranti/rifugiati e persone con background migratorio sono al secondo posto tra i bersagli dei commenti offensivi e/o discriminatori o hate speech.

Nell’edizione di quest’anno del “Barometro dell’odio”, inoltre, sono state raccolte 11 interviste tra persone che sono/sono state direttamente discriminate dalla legge 91/1992. “Secondo gli intervistati la disinformazione e della scarsa visibilità di questo tema hanno una forte influenza sulla discriminazione online e offline – afferma l’organizzazione -. Molti individui non comprendono cosa significa riformare la legge sulla cittadinanza, anche a causa del ricorso costante di un linguaggio tecnico, a volte strumentale, da parte della politica; né conoscono la platea di beneficiari di una riforma. Del resto – come ci hanno raccontato gli intervistati – i protagonisti di questa battaglia sono poco rappresentati, sono ‘fantasmi’ e, quando è dato loro spazio, a volte è fatto in modo stigmatizzante; solo di rado è mostrata l’immensa pluralità di persone italiana in tutto e per tutto, tranne che sui documenti”.

Allargando lo sguardo alla totalità dei contenuti analizzati in questa edizione del rapporto, viene confermata la tendenza degli anni precedenti: 1 commento su 10 è offensivo e/o discriminatorio o “hate speech” e restringendo ai soli discorsi d’odio l’incidenza è di 1 su 100. “A generare più interazioni da parte degli utenti sono i post/tweet problematici: con una media di quasi 2000 like, poco meno di 500 condivisioni e oltre 500 commenti, dimostrano di coinvolgere gli utenti molto più di quanto non facciano quelli neutri o positivi”.
Se migranti, rifugiati e persone con background migratorio sono al secondo posto tra i target più presenti nei commenti problematici, al primo troviamo le donne e al terzo gli individui o le organizzazioni impegnate in attività umanitarie e solidali. “Soffermandoci sui soli casi di discorso d’odio tra i commenti degli utenti, troviamo come target preferiti la comunità musulmana, quella rom e migranti/rifugiati/persone con background migratorio. I temi che generano più commenti problematici sono rom (59,4%), immigrazione (37,3%), minoranze religiose (30,8%), lgbtqia+ (28,5%), donne (26,5%)”.

Nella foto: ragazzi stranieri in una classe di una scuola italiana. I ragazzi senza cittadinanza italiana sono una componente importante della popolazione scolastica. Nell’anno scolastico 2019/20 sono risultati iscritti nelle scuole del nostro paese 877mila ragazzi e ragazze di nazionalità straniera.
Si tratta di un dato che dagli anni ’80 ad oggi è andato progressivamente aumentando, ma che ultimamente ha registrato una tendenza alla stabilizzazione. Mentre infatti nel decennio tra gli anni scolastici 2000/01 e 2009/10 il numero di studenti senza nazionalità italiana è cresciuto del 357% (+526mila persone), nel decennio successivo (tra gli anni scolastici 2009/10 e 2019/20) l’aumento è stato di entità inferiore, attestandosi al 23,4%.
A essere cresciuto è soprattutto il numero di ragazzi di “seconda generazione”, cioè nati in Italia ma senza cittadinanza italiana. Un aumento che ha riguardato in maniera particolare la scuola secondaria di II grado, dove nel passaggio dall’anno scolastico 2018/19 al successivo questa categoria è cresciuta del 15,4%. L’aumento è stato invece leggermente inferiore nella scuola secondaria di I grado (+9%) e decisamente più limitato in quella dell’infanzia (+1%) e primaria (+0,5%).
(fonte: Faro di Roma 31/05/2022)