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venerdì 24 dicembre 2021

RIPARTIRE DALLA CURA, la Lettera di Natale 2021 del Centro di Accoglienza Balducci

RIPARTIRE DALLA CURA
la Lettera di Natale 2021 
del Centro di Accoglienza Balducci



Care amiche e cari amici, il saluto più cordiale. Cerchiamo di mantenere fede alle relazioni vissute in questi anni, anche tramite la Lettera in prossimità del Natale, con i contributi di riflessione di amiche e amici come già avvenuto lo scorso anno.

1. L’esigenza di ripartire
Viviamo un tempo complesso e difficile. La pandemia ha segnato e continua a incidere nelle nostre vite, nelle relazioni, nella visione del mondo, negli atteggiamenti e nelle scelte quotidiane, a livello personale, sociale, culturale, politico, legislativo ed ecclesiale. L’esperienza della paura e dell’incertezza ci riguarda; le diversità di pensieri e atteggiamenti ci interrogano. Condividiamo le fatiche, i dolori e insieme l’esigenza profonda di accoglienza, fiducia, incoraggiamento e sostegno reciproci.
Spesso si sperimenta in modo accentuato che la percezione dell’identità personale, comunitaria, sociale non dipende dall’incontro, dal dialogo e dal confronto, dalla gestione dell’eventuale conflitto, ma dall’avversione e dall’inimicizia nei confronti dell’altro e delle sue diversità.
Siamo legati a una visione culturale conflittuale, che usa «il meccanismo di esasperare, esacerbare e polarizzare. Con varie modalità si nega ad altri il diritto di esistere e di pensare, e a tale scopo si ricorre alla strategia di ridicolizzarli, di insinuare sospetti su di loro, di accerchiarli. Non si accoglie la loro parte di verità, i loro valori, e in questo modo la società si impoverisce e si riduce alla prepotenza del più forte» (papa Francesco, Fratelli Tutti).
Una visione culturale capace unicamente di riflettere una inospitalità per l’altro e di perpetuare nella sua visione debole la violenza. Ce ne accorgiamo quanto questo si stia alimentando sui social e nelle relazioni con particolari categorie, come in occasione delle manifestazioni No-Vax e No-Green Pass sui giornalisti nello svolgimento del loro lavoro.
È questo certamente un fatto etico su cui meditare, anche perché supportato da continui fatti di cronaca che portano alla luce la violenza verso qualsiasi alterità: in particolare vogliamo esprimere il nostro dolore e la nostra prossimità alle vittime delle diverse forme di odio verso le donne (i casi in Italia sono 97 ogni giorno, mentre nell’arco dell’anno si sono contati più di 110 femminicidi) e verso le persone lgbtq+, uscite ancor più emarginate con l’imbarazzante plaudente bocciatura al Senato del ddl Zan contro l’omotransfobia, legge che riteniamo, da un lato, sicuramente migliorabile e, dall’altro, una necessità da approvare quanto prima seppur in forma diversa per porre fine a ingiuste discriminazioni e a ingiustificabili violenze. Ci sentiamo inoltre particolarmente interpellati dalla questione della libertà, non vincolata in modo inscindibile alla responsabilità per il bene comune, quindi alla solidarietà , ma intesa come affermazione individualistica di sé stessi. Se da una parte è sempre più necessario adottare politiche che possano incidere sulle cause strutturali delle disuguaglianze economiche e sociali, dall’altro le parole solidarietà, sussidiarietà e cittadinanza attiva assumono un peso quanto mai decisivo per il contrasto alle povertà e alla riduzione della forbice delle disuguaglianze. Ci sentiamo colpiti dalla sfiducia nelle istituzioni che, certo, si presentano con limiti e contraddizioni, ma sono frutto di lotte, dedizioni, conquiste espresse in modo così autorevole dalla nostra Costituzione. Noi cerchiamo di camminare insieme riferendoci al Vangelo e alla Costituzione.
È messa in discussione l’istituzione della scienza, la conoscenza che, con fiducia, dovrebbe rassicurare, anche se non in modo assoluto, con i saperi via via acquisiti.
Questa fiducia non c’è come dovrebbe esserci e la sua mancanza determina diffidenza, sospetto, risentimento e raccoglie esperienze di altri disagi, sofferenze, ingiustizie.
Come conseguenza viene a mancare quel senso di gratitudine per il bene ricevuto che dovrebbe diventare parte importante del nostro patrimonio interiore, da custodire e da alimentare personalmente nelle relazioni, nella società, nelle comunità di fede, come cura dell’anima.
Condividiamo le fatiche e insieme il desiderio di vita che ci chiede di risollevarci, di ripartire, riprendere il cammino con l’ottimismo della volontà e la speranza della fede, nella convinzione che ci si può salvare solo insieme. Pensiamo all’importanza decisiva dei vaccini per tutti i popoli.
Così come solo insieme, con una sinergia che coinvolga Governo, istituzioni e cittadini, si potrà uscire da una delle emergenze nazionali che porta il nome dei “morti sul lavoro”: quest’anno la media è stata di tre morti al giorno, un dramma per superare il quale vanno create maggiori condizioni di sicurezza a partire da un’azione capillare, anche a livello culturale, che si opponga all’idea del lavorare a tutti i costi e in tutte le condizioni, in sprezzo del rischio e del valore della vita umana. Con i vescovi italiani diciamo anche noi: “Basta morti sul lavoro!”.

2. La questione dei migranti
Ne abbiamo riflettuto anche nella lettera dello scorso Natale. È doveroso farlo anche attualmente. Diciamo ancora come le migrazioni, che riguardano 82 milioni di persone in cammino sul Pianeta, siano una rivelazione: delle cause strutturali delle forzate partenze, quindi delle situazioni disumane sul Pianeta; di chi sono “loro” come esseri umani con le loro diversità; di chi siamo “noi”; qual è il grado della nostra umanità, cultura, etica, attuazione dei diritti umani, politica, legislazione, fede religiosa.
Uno sguardo complessivo e le situazioni drammatiche presenti mentre prepariamo questa Lettera ci portano ad affermare, pur riconoscendo esperienze positive, che la questione dei migranti non è stata ancora affrontata come la stessa con urgenza richiederebbe: continuano i drammi del Mediterraneo, immenso cimitero, preceduti dalla gravissima, sistematica violazione dei diritti umani nei lager della Libia, la cui Guardia costiera, finanziata anche dall’Italia, riporta i migranti delle imbarcazioni, che cercano drammaticamente speranza e salvezza, nei lager in cui si attuano continue violenze.
Continua l’inferno della Rotta balcanica con testimonianze oculari e con documentazioni videoregistrate che evidenziano la totale e continua disumanità presente nei campi profughi e, più a Sud, in Grecia e nelle isole. Le immagini che in questo periodo ci giungono dal confine tra Bielorussia e Polonia creano in noi sgomento e dolore. Migliaia di persone, molti bambini, si trovano di fronte muri, fili spinati, eserciti schierati, costretti al freddo, all’addiaccio. L’Europa tradisce in modo clamoroso, del tutto inaccettabile, lo spirito da cui è nata e le affermazioni sui diritti umani, che ne sono state conseguenza, come ancor più il riferimento alle radici cristiane.
La sua politica sui migranti è dettata dal rifiuto, dal respingimento, dall’utilizzo di somme ingenti di denaro – a cominciare dai 9 miliardi di euro dati al dittatore Erdogan e dall’enormità dei contributi consegnati alla Croazia, che usa violenza contro i migranti – con l’unico scopo di esternalizzare le frontiere e far sì che i migranti non entrino.
Mentre papa Francesco, con il suo recente viaggio a Cipro, in Grecia e in particolare a Lesbo, ha voluto ribadire che le sorgenti del vivere insieme stanno nell’accoglienza reciproca, l’Europa si presenta sempre più come fortezza; dopo aver colonizzato e depauperato, dichiara a intermittenza di voler contribuire a progetti di vita dei Paesi impoveriti, ma poi non li attua in modo responsabile e concreto. L’Italia, paese d’approdo, continua ad essere sola, come anche la Grecia.
Come già accennato, non mancano certo le esperienze positive. Ad esemplificazione ricordiamo l’esperienza già realizzata e in atto dei Corridoi umanitari promossi dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alle Chiese Valdesi, con protocolli condivisi con i Ministeri competenti, e le esperienze di accoglienza diffusa.
E non per un facile recupero della speranza, ma perché i segni di umanità accogliente ci confortano, ricordiamo che in mezzo ai fili spinati e ai muri, che alcuni paesi – prima la Polonia – decidono di aumentare, gruppi di contadini polacchi attuano tutti i tentativi possibili per recapitare viveri e bevande ai profughi; che gruppi di persone in modo creativo hanno voluto dare un segno: una luce verde alle finestre per indicare ai migranti le case accoglienti.
Avvertiamo la continua necessità, riguardo alle migrazioni, di una diffusa crescita culturale ed etica, di una consapevolezza e informazione veritiere delle situazioni, di una politica completamente diversa capace di attuazione e di decisioni rispondenti alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, alla nostra Costituzione, alla Convenzione di Ginevra, a tutte le dichiarazioni che impegnano all’accoglienza e all’affermazione concreta dei diritti umani.
Per chi si riferisce al Vangelo di Gesù di Nazareth l’indicazione è chiara, l’appello è vincolante: se ero forestiero e mi avete accolto, o non accolto; l’avete fatto o non fatto a me.
Anche in questo caso ci sentiamo di esprimere la nostra solidarietà a sei amici che con lungimiranza evangelica si sono fatti “buoni samaritani” sulle strade dei migranti e ai quali guardiamo con affetto e riconoscenza, confidando che nei confronti della solidarietà venga meno il perdurante clima ostile:
– si tratta di Gian Andrea Franchi e della moglie Lorena Fornasir, che ogni giorno, da anni, con la loro Associazione “Linea d’Ombra” nel giardino davanti alla stazione ferroviaria di Trieste curano i piedi delle persone provenienti dalla Rotta balcanica: nei giorni scorsi, su richiesta del pubblico ministero, il gip di Bologna ha archiviato il procedimento giudiziario nei loro confronti, che li vedeva accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a scopo di lucro;
– si tratta ancora di Gabriella Loebau, Elisabetta Michielin e Luigina Perosa, tre attiviste della Rete Solidale di Pordenone che, nel 2017, in piena emergenza profughi, si adoperarono portando coperte e viveri a una settantina di stranieri senza fissa dimora occupanti parte dei parcheggi del centro direzionale Galvani, conosciuto come Bronx, per ripararsi da pioggia e freddo, assolte “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di occupazione abusiva e di deturpamento di terreno altrui e pubblico;
– e, non per ultimo, si tratta di Mimmo Lucano, ex sindaco e uomo simbolo del progetto di accoglienza e d’integrazione a Riace, condannato in primo grado a 13 anni e 2 mesi di reclusione e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, il doppio di quanto aveva chiesto l’accusa, per “aver istituito un’associazione a delinquere responsabile di abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Confidiamo che nei successivi gradi di giudizio vengano riconosciute la sua buona fede e le finalità umanitarie.

3. Un’altra questione su cui non si può tacere
Un’altra questione su cui non si può tacere è la produzione e il commercio delle armi per alimentare le guerre diffuse in tanti luoghi del Pianeta. Anche di recente, come in altre occasioni, papa Francesco ha chiesto in modo pressante ai costruttori di armi di fermarsi.
Il nostro Paese, contravvenendo alla legge, vende armi anche a Stati, più precisamente regimi, che violano sistematicamente i diritti umani come l’Egitto in cui è stato arrestato, brutalmente torturato e ucciso Giulio Regeni e dove, pur essendo stato liberato dopo 22 mesi, è ancora ingiustamente sotto processo Patrick Zaki. Continuiamo ad esprimere ai genitori di Giulio, Paola e Claudio, alla sorella Irene, all’avvocata Alessandra Ballerini la nostra vicinanza e sostegno nel chiedere verità e giustizia.

L’Italia nel 2021 ha investito per le spese militari 24 miliardi di euro: pensiamo come potrebbe essere impegnata questa somma ingente per la salute, la scuola e la ricerca, i servizi sociali, a partire dell’attenzione alle persone più fragili, deboli, ai margini, compresi i carcerati.
Esprimiamo ancora la doverosa necessità di svincolare in modo definitivo la guerra dalla strumentale copertura e legittimazione della religione: dalla prima tragedia mondiale all’immane secondo conflitto, con i campi di sterminio organizzati dai nazisti che osavano affermare che «Dio è con noi». Il Dio di Gesù, “della non violenza” e “della pace” non può mai essere strumentalizzato in modo vergognoso per legittimare avversione, inimicizia, armi, guerre, uccisione di persone.
Poniamo sempre doverosa attenzione alla presenza nella regione Friuli Venezia Giulia della Base Usaf di Aviano, davanti alla quale più volte abbiamo concluso l’annuale Via Crucis e ci siamo raccolti per vivere la memoria delle vittime di Hiroshima e Nagasaki.

4. La casa comune
Il G20 di Roma e la COP26 di Glasgow hanno evidenziato, da una parte, le titubanze e le incertezze dei “grandi” della terra e, dall’altra, la presenza attiva di milioni di giovani su tutto il Pianeta. Desideriamo partire dall’ascolto dei giovani, che dicono di non essere ascoltati, evidenziando che sono in maggioranza ragazze, giovani donne, a conferma dell’attenzione primaria alla cura dell’ambiente, nostra casa comune e delle persone strettamente interdipendenti, pensando alle generazioni future di cui loro sono espressione qualificata per sensibilità, decisioni e determinazione. Non ci addentriamo nei diversi aspetti; sottolineiamo ancora una volta la drammaticità della situazione e l’esigenza di decisioni urgenti, chiare, non procrastinabili neanche di un momento. Il contenuto dell’enciclica di papa Francesco «Laudato si’» ci guida nell’urgente e doveroso passaggio da una visione antropocentrica, tecnocratica, finanziaria e utilitarista, a quella radicalmente alternativa che chiede attenzione, premura, cura, ascolto del grido della terra e del grido dei poveri che diventano un unico grido. È un’impresa indispensabile e ardua per la sua vastità e le sue implicazioni: riguarda la giustizia, le risorse, la produzione e il consumo; la cultura, la politica, le diverse spiritualità.

5. L’”I care” e la cura
Assumiamo a orientamento, visione e sostegno prima di tutto, come già si accennava, il Vangelo e la Costituzione e la loro attuazione espressa dall’«I Care» della Scuola di Barbiana da cui deriva la cura che ne rappresenta l’implicazione e il coinvolgimento. «I Care» significa interessarsi, sentirsi interpellati e coinvolti. Don Lorenzo e i suoi alunni hanno detto che è il contrario del motto fascista «me ne frego», mi disinteresso, non mi riguarda; anzi, questo disinteresse diventa negazione delle libertà, oppressione, violazione dei diritti umani, a cominciare da quelli delle persone povere, fragili, indifese, escluse.
Dall’«I Care» deriva la cura: è una parola ricca di significati, attitudini e qualità riconoscibili come pienamente umane: sensibilità, attenzione all’umanità e alla storia delle persone, accoglienza, ascolto, partecipazione, condivisione, accompagnamento.
La pandemia e le risposte che i servizi hanno dato alle persone coinvolte hanno messo ancor più in evidenza la necessità di una medicina che si appropri di una visione della malattia e della salute in cui la competenza tecnico-professionale si unisca con il pieno riconoscimento dell’umanità della persona che riceve l’assistenza proprio per dare pieno riconoscimento all’esperienza della sofferenza. La cura vive inoltre di reciprocità: si dona cura e si riceve cura come dono, gratuità, gratitudine. Esige la concretezza che esprime la profondità dell’animo di cui siamo tutti chiamati a farci carico. Riguarda la complessità della vita, l’amore e il dolore, la ricerca di senso, l’equilibrio interiore e quello nelle relazioni.

6.Lo stile del camminare insieme
Qualche parola la vogliamo dedicare anche allo stile del camminare insieme. Per questo siamo interessati a valorizzare e a dar seguito al cammino sinodale promosso dal Vescovo di Roma e iniziato lo scorso mese di ottobre anche a livello di Chiese locali. A fronte di chi tenterà sempre di ritualizzare, burocratizzare e gerarchizzare tale esperienza per non far cambiar nulla di fatto, accogliamo come una necessità il metterci in ascolto del popolo, dando voce anche a chi finora per qualche motivo ne è stato escluso, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama. Non è una novità, ce l’eravamo solamente dimenticati: più il discernimento parte dall’ascolto, più è profondo e radicato il rinnovamento della Chiesa.

7. Memoria del Natale nella Chiesa e nella Società
La memoria del Natale è rivivere la nascita di Gesù nella stalla di Betlemme, bambino fra i bambini di un popolo povero e oppresso. Dio si manifesta così: nella povertà, nella semplicità, non nella forza, nell’apparenza e nell’onnipotenza, perché l’unica sua potenza da Betlemme al Calvario è quella dell’amore completo e incondizionato verso tutte le persone, senza distinzione e differenza alcuna.
Vivere il Natale è sentire Dio che cammina con noi nell’umanità, nei gesti, nelle parole di Gesù di Nazareth. Rivivere il Natale significa vivere la concretezza e il mistero di una presenza, che ci sollecita continuamente ad incontrarlo nelle persone, le donne e gli uomini che incontriamo e quelli di ogni parte del Pianeta, solo geograficamente lontani, ma presenti nelle nostre vite. Le comunità cristiane, la Chiesa tutta che vivono la memoria del Natale si riconoscono come fedeli e coerenti se sono caratterizzate dall’accoglienza, dall’ascolto e dalla cura, senza alcuna distinzione, peggio discriminazione. Vivere il Natale diventa luce, incoraggiamento e sostegno da condividere con il NOI che siamo chiamati continuamente a costruire. Può diventare un segno di luce nella laicità della storia per tutte le donne e gli uomini in cammino per costruire un’umanità di giustizia, pace e fratellanza.

I firmatari:
i preti Pierluigi Di Piazza, Franco Saccavini, Mario Vatta, Pierino Ruffato, Paolo Iannaccone, Fabio Gollinucci, Giacomo Tolot, Piergiorgio Rigolo, Renzo De Ros, Luigi Fontanot, Alberto De Nadai, Albino Bizzotto, Antonio Santini, Nandino Capovilla, Gianni Manziega, Lionello Dal Molin, Massimo Cadamuro, Giorgio Scatto;
Andrea Bellavite; 
il Gruppo “Camminare Insieme” di Trieste; il Centro “Ernesto Balducci” di Zugliano (UD); l’Associazione “Esodo” di Venezia, la Comunità Monastica di Marango di Caorle (VE)

(Fonte: Centro di accoglienza "Ernesto Balducci")