“La politica di cui c’è bisogno”
Riflessione sul cap. 5 di Fratelli tutti
Prof.ssa Maria Grazia Recupero
(VIDEO INTEGRALE)
Quinto dei Mercoledì della Spiritualità 2021
tenuto il 10 novembre 2021
e promossi dalla
Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto
RISCOPRIRE IL VOLTO FRATERNO DELL’UMANITÀ
A confronto con la “Fratelli tutti” di papa Francesco
Quello che si profila nel capitolo quinto dell’enciclica Fratelli tutti – dal titolo La migliore politica – è un pianeta insofferente dinanzi alla fragilità, indifferente dinanzi alla violenza, interessato esclusivamente all’accrescimento del benessere materiale – fatto di poteri e di averi. Dentro questo scenario, proprio a partire dalla sua presunta ineluttabilità, Francesco si batte per un cambio di prospettiva «verso un mondo diverso» (n. 154).
1. Quale politica alla “fine della storia”?
Porgendo in forma di domanda il titolo delle presenti considerazioni: Qual è la politica di cui c’è bisogno? Risponderei la politica che serve, facendo riferimento al doppio significato del “servire” – “procurare un vantaggio”, oppure “essere a disposizione di qualcuno o qualcosa”. Il richiamo alla carità e all’amore politico, al centro del capitolo, sollecita il potere come servizio in opposizione al potere come dominio. Il primo a favore dell’altro, il secondo a costo dell’altro. La parola di Francesco auspica «il bisogno di un cambiamento nei cuori umani, nelle abitudini e negli stili di vita» (n. 166), una trasformazione integrale[1] che scompagini la visione classica del potere come asservimento, in nome dell’«amicizia sociale» (n. 154 e n. 180)[2]. Scandaloso parlare di amicizia in ambito politico, che s’istituisce proprio sulla distinzione-opposizione amico/nemico[3]. Persino controproducente nel quadro di un individualismo chiuso nella “concupiscenza”, «l’inclinazione dell’essere umano a chiudersi nell’immanenza del proprio io, del proprio gruppo, dei propri interessi meschini» (n. 166). Non amici ma concorrenti all’interno di un sistema socioeconomico e culturale governato dall’equivalenza omologante e dalla ragione calcolante, che tende a fagocitare la molteplicità essenziale all’essere umano, nell’unica regola dell’efficienza ad ogni costo. Eppure il sistema sta crollando clamorosamente su se stesso.
Nell’Enciclica si fa un interessante riferimento alla “fine della storia”, formula con cui lo studioso Francis Fukuyama teorizzava, alla caduta del muro di Berlino, il trionfo liberaldemocratico, la fine dei conflitti, e una sorta di pace mondiale[4]. La globalizzazione come compimento di una democrazia universale sotto l’egida del mercato non sembra però aver raggiunto l’unificazione del pianeta sotto forma di pacificazione, quanto piuttosto la sua unificazione sotto forma di violenza.
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