LUI VERRA' E NON MI IMPORTA IL TEMPO
Tutti almeno una volta abbiamo patito una rasoiata nell’anima.
E fu necessario guardare molto in alto,
annaspare fra le nubi cercando un senso, sperare che la luce tornasse.
E fu necessario ricominciare a vivere.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte (...). Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina (...)». Marco 13,24-32
LUI VERRA' E NON MI IMPORTA IL TEMPO
Tutti almeno una volta abbiamo patito una rasoiata nell’anima. E fu necessario guardare molto in alto, annaspare fra le nubi cercando un senso, sperare che la luce tornasse. E fu necessario ricominciare a vivere.
Un Vangelo sulla crisi e sulla speranza, che non intende incutere paura (nel vangelo Dio non incute mai paura), che vuole profetizzare non la fine del mondo, ma il fine, il senso pieno del vivere.
Per noi che viviamo di solo presente, la liturgia apre una porta nella parete del tempo, per insegnarci a vivere giorni aperti al nuovo che viene.
Vangelo che quindi dispiega il senso della storia, dove, nella sua grande bellezza, anche l'universo è fragile: il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno... A indicare che ognuno di noi è contemporaneo alla propria fine, che la vita è contemporanea alla morte e si interfaccia con lei. Quante volte si è spento il sole e le stelle sono cadute a grappoli dal cielo, lasciandoci vuoti, poveri, senza sogni: una disgrazia, una morte, una sconfitta nell'amore, un tradimento.
Tutti almeno una volta abbiamo patito questa rasoiata nell’anima.
E fu necessario guardare molto in alto, annaspare fra le nubi cercando un senso, rattoppare una fede che si era sfilacciata, sperare che una luce tornasse.
E fu necessario ricominciare a vivere. A credere che la vita inizia sempre dal quasi nulla, dal buio più profondo. Ricominciando con infinita e fragile pazienza.
Le parole di Gesù, dentro questa vita impastata di drammi e tenerezze, nel male che dilaga in forme nuove e antiche, portano il sapore della speranza.
Come reagire? Non con la fuga, ma rimanendo al proprio posto, per quanto umile sia, con gli occhi verso «coloro che infondono giustizia», come dice il profeta Daniele; verso il germoglio di speranza che spunta, come dice Marco; verso il Figlio dell'uomo che verrà, come dice Gesù.
Marco parla di stelle che si spengono, ma Daniele alza lo sguardo: i saggi risplenderanno, i giusti brilleranno come stelle.
Il cielo dell'umanità non sarà mai vuoto e nero, perché ad ogni latitudine uomini giusti accendono pace, giustizia, bellezza. E sono molti, come stelle nel cielo. Legione dal volto buono del futuro che viene.
Io so che Lui verrà, e non mi importa il tempo; verrà e non mi interessa indovinare il giorno, ma avere un cuore che guarda in alto, per invertire la rotta di questa storia risucchiata verso il basso... e noi, curvi, a cercare un benessere che non ci placa e che ci sfugge.
L'uomo oggi possiede più di tutte le generazioni della storia messe insieme, eppure è insoddisfatto; ma non serve essere profeti maggiori, il mondo ha fame di piccoli profeti che vivano in semplicità, senza chiasso, senza integralismi, la fioritura di un Vangelo amante, perché solo sull'amore saremo interrogati.
E quando ognuno dirà all’amato e al lontano, all'ultima stella del cielo e al povero «vieni», allora, in quell’amore capace di aprire feritoie nel cielo, sentiremo che l’estate è vicina.
per Avvenire