Perdono e nonviolenza:
affrontare i conflitti
Riflessione sul cap. 7 di Fratelli tutti
Gregorio Battaglia, ocarm
(VIDEO INTEGRALE)
Settimo dei Mercoledì della Spiritualità 2021
tenuto il 24 novembre 2021
e promossi dalla
Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto
RISCOPRIRE IL VOLTO FRATERNO DELL’UMANITÀ
A confronto con la “Fratelli tutti” di papa Francesco
1. Si richiedono “artigiani di pace”
Per poter tracciare questi percorsi, che conducono ad un nuovo modo di incontrarsi nella pace, dice l’inizio del cap. VII: «c’è bisogno di artigiani di pace, disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia» (n. 225). L’attenzione del Papa è rivolta in modo particolare a tutte quelle situazioni di contrasti violenti e distruttivi, che hanno reso impossibile una pur labile condizione di convivenza. Egli, però, è ben fiducioso nella capacità umana di saper uscire dalle catastrofi, se ci sono uomini e donne ben disposti a saper proporre veri processi di pace nella giustizia e nella verità.
La follia della violenza mette in moto una spirale, che risucchia sempre più in basso, perché violenza chiama altra violenza. Da questo corto circuito si può uscire soltanto se si ha il coraggio di abbandonare il piano dei risentimenti, del ricorso alla forza distruttiva per sollevarsi a quello dell’incontro e del dialogo con l’altro. Afferma la Fratelli Tutti: «Il processo di pace è un impegno che dura nel tempo. E’ un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia, che onora la memoria delle vittime e che apre, passo dopo passo, ad una speranza comune, più forte della vendetta» (n. 226). In un altro passaggio è detto: «la pace sociale è laboriosa, artigianale. (…) Quello che conta è avviare processi di incontro, processi che possono costruire un popolo capace di raccogliere le differenze» (n. 217).
Per spezzare l’assurda spirale della violenza e della vendetta si richiedono persone capaci di lavorare con arte sul terreno della pace. Gesù nella proclamazione delle otto beatitudini parla dei “poeti” della pace, perché essa richiede l’invenzione creativa, la disponibilità a lasciarsi guidare ed ispirare dal soffio dello Spirito.
Questa insistenza, da parte di papa Francesco, sull’aspetto “artigianale” della pace ci porta a concludere che non è sufficiente il semplice desiderio della pace, ma essa presuppone una vera conversione del cuore, che consenta uno sguardo diverso sull’altro, anche se nemico o semplice oppositore. In conseguenza di questo cambio di sguardo dovrebbe mettersi in moto un vero percorso di apprendistato per poter proporre con sapienza e tenacia vie nuove, che permettano di affrontare e superare conflitti o di risanare ferite traumatiche.
Si può ben dire che l’incipit di questo capitolo VII sembra dirci che non siamo alla semplice conclusione di una lunga riflessione sulla fraternità, ma ci troviamo di fronte all’apertura di un vero cantiere della pace, dal quale nessuno può sentirsi esonerato. La fraternità, se da una parte richiede la presa di coscienza di una comune appartenenza, dall’altra necessita di una volontà di imparare a gestire e superare i conflitti, rifuggendo da qualsiasi tentativo di dominare l’altro o di escluderlo da qualsiasi possibilità di relazione e, quindi, di incontro.
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