NOSTALGIA DEL CIELO
Con l'ascensione inizia la nostalgia del cielo.
Di noi che restiamo nella storia,
a fidarci di un corpo assente, a fidarci di una Voce.
I commenti di p. Ermes al Vangelo della domenica sono due:
- il primo per gli amici dei social
- il secondo pubblicato su Avvenire
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Mc 16,15-20
per i social
NOSTALGIA DEL CIELO
Con l'ascensione inizia la nostalgia del cielo. Di noi che restiamo nella storia, a fidarci di un corpo assente, a fidarci di una Voce.
Andate in tutto il mondo. Che ampio orizzonte in queste parole! È sentirsi protesi verso tutto, allargare le braccia su ogni cosa, respirare ogni vivente, sentire il vangelo, la parola felice, dilagare nei paesaggi del mondo come ossigeno e fresca acqua chiara.
Io sto con la Voce. Continuo a scegliere di starci. La sento cantare dentro, riaccendermi, farsi cuore. E l'assenza diventa una più ardente presenza.
Nel racconto dell'ascensione, a sorpresa, si parla più di me che di Cristo. Io ricevo la stessa consegna degli undici: annunciate. Niente altro. Non dice: organizzate, occupate i posti chiave, assoggettate. Non le vostre idee più belle, non la soluzione dei problemi, non una politica o una teologia, solo vangelo. E mi sembra persino facile.
Gesù spinge i suoi amici a pensare in grande, a guardare lontano: il mondo è vostro!
Lo fa perché crede in loro nonostante abbiano capito poco e siano scappati. E quale gioia sapere che si fida ancora del mio cuore, delle mie mani.
Ma durissima fu la fatica degli apostoli, secondo Marco. Un gruppetto di uomini confusi, con i tre anni di libertà, predicazione e conflitti che sembrano chiudersi in un fallimento. Uomini e donne che stanno a fissare il cielo. Gente che anche nell’ultimo incontro si confonde: lui che parlava del Regno di Dio, loro che capivano il regno di Israele. E invece di restare, Gesù se ne va! Ma con un atto di enorme fiducia: «Ce la farete!»
Nel mio nome scacceranno demoni. I demoni da snidare sono i nuovi padroni del cuore, i pensieri che ci possiedono: l’arrivismo, l'autorealizzazione a spese di tutto, il vuoto dentro.
Se berranno veleni... nella vita c'è chi sparge veleni, ma passeremo indenni tra falsità e cattiverie, perché il nostro antidoto è una Parola salda che fa vivere.
Parleranno lingue nuove: in un mondo cinico l’amore è poliglotta, e il vangelo insegnerà parole luminose con la lingua della tenerezza e della cura, che apre all'ascolto dell'altro.
E partirono a predicare ovunque.
L'ultimo versetto, che chiude il vangelo di Marco e apre il mio vangelo, dice: il Signore operava insieme con loro. Il verbo greco suona così: Il Signore agiva in sinergia con loro.
Come farei altrimenti a scacciare demoni, a prendere in mano serpenti, a bere veleni, a guarire? Lui è con te quando lotti contro il male, offri un bicchiere d'acqua, porgi una parola fresca; con te quando costruisci pace, quando la tua è fame di giustizia.
Ascensione. Cristo non è salito verso l'alto, lui è andato oltre, verso l'intimo delle cose. Non si è spostato di luogo, è andato in profondità, assente e meno assente che mai. E noi qui, “conchiglie ripiene dell’eco dell’infinito silenzio” (Turoldo); noi qui, come Elia sull’Oreb, a incontrare Dio nel brivido del silenzio.