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mercoledì 24 marzo 2021

Fino all'estremo sacrificio per il Vangelo: La Giornata dei Missionari Martiri, cos'è e perché oggi


Fino all'estremo sacrificio per il Vangelo:
La Giornata dei Missionari Martiri, cos'è e perché oggi

Nel 1993 il Movimento Giovanile Missionario volle ricordare con la preghiera e il digiuno chi era stato ucciso per annunciare Gesù Cristo e a viverne il messaggio di salvezza. La data è stata scelta perché il 24 marzo 1980 fu assassinato monsignor Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador. 
Nel 2020 sono stati ammazzati nel mondo 20 missionari: 8 sacerdoti, 3 religiose, 1 religioso, 2 seminaristi e 6 credenti laici


Ricordare con la preghiera, il digiuno e un gesto concreto di carità tutti i missionari che sono stati uccisi nel mondo, anche quelli sconosciuti ai più, e che hanno versato il loro sangue per il Vangelo.

Questa la motivazione che spinse nel 1993 il Movimento Giovanile Missionario delle Pontificie Opere Missionarie italiane a decidere di celebrare annualmente una “Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei Missionari Martiri”.

Venne scelta la data del 24 marzo, giorno dell’assassinio nel 1980, di Mons. Oscar Arnulfo Romero, Arcivescovo di San Salvador, e canonizzato nel 2018. Romero fu ucciso durante la celebrazione della Messa, “punito” per le sue denunce contro le violenze della dittatura militare nel Paese. Le sue ultime parole furono: «Questa santa Messa è un atto di fede. In questo calice il vino diventa sangue, che è stato il prezzo della salvezza. Possa questo sacrificio di Cristo darci il coraggio di offrire il nostro corpo e il nostro sangue per la giustizia e la pace del nostro popolo».

«Come il Santo de America, spiega Giovanni Rocca, segretario nazionale di Missio Giovani, «ogni anno centinaia di donne e uomini sparsi per il globo rimangono fedeli al messaggio evangelico di pace e giustizia fino all’ultimo istante di vita; sono loro i protagonisti della celebrazione di cui Missio Giovani ogni anno si fa promotrice. Il sacrificio dei martiri, ossia dei testimoni, è il segno tangibile – afferma – che la propagazione della fede non è una crociata ma un abbraccio di culture, popoli e religioni, la totale disponibilità di sé verso l’ascolto e lo scambio reciproco, il soccorso verso chi è nel bisogno».

CHI ERA OSCAR ROMERO

Óscar Arnulfo Romero y Galdámez nacque il 15 marzo 1917 a Ciudad Barrios, nello Stato di El Salvador. Approfondì gli studi in vista del sacerdozio a Roma e venne ordinato lì il 4 aprile 1942. Dopo vari incarichi diocesani, divenne vescovo ausiliare della diocesi di El Salvador. Nel 1970 fu nominato vescovo titolare di Santiago de María. Quell’esperienza segnò l’inizio del suo impegno a favore degli oppressi del suo Paese. Quattro anni dopo divenne vescovo di San Salvador. L’uccisione del padre gesuita Rutilio Grande, unita ad altri eventi, lo condusse a schierarsi apertamente per i poveri: non solo tramite la parola scritta e le omelie, diffuse tramite i mezzi di comunicazione sociale, ma anche con la presenza fisica.

Il 24 marzo 1980, monsignor Romero stava celebrando la Messa nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza di San Salvador, dove viveva. Al momento dell’Offertorio, un sicario gli sparò un solo proiettile, che l’uccise.

È stato beatificato il 23 maggio 2015, a San Salvador, sotto il pontificato di papa Francesco. Lo stesso Pontefice lo ha canonizzato il 14 ottobre 2018 in piazza San Pietro a Roma. La memoria liturgica di monsignor Romero cade il 24 marzo, giorno della sua nascita al Cielo. I suoi resti mortali sono venerati nella cripta della cattedrale del Divino Salvatore del Mondo a San Salvador.