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lunedì 8 marzo 2021

VIAGGIO DI PAPA FRANCESCO IN IRAQ 5-8 MARZO 2021 - 7 marzo - mattina: Mosul: Preghiera di suffragio per le Vittime della guerra "La fraternità è più forte del fratricidio, la speranza è più forte della morte, la pace è più forte della guerra." (cronaca, testi, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN IRAQ

5-8 MARZO 2021



Domenica, 7 marzo 2021

BAGHDAD - ERBIL - MOSUL 
Mattina
7:15 Partenza in aereo per Erbil
8:20 Arrivo all'Aeroporto di Erbil
8:20 Accoglienza del Presidente della Regione Autonoma del Kurdistan Iracheno e delle Autorità      Religiose e Civili della Regione all’Aeroporto di Erbil
8:30 Incontro con il Presidente e con il Primo Ministro della Regione Autonoma nella Presidential Vip Lounge dell’Aeroporto di Erbil
9:00 Partenza in elicottero per Mosul
9:35 Arrivo al campo di atterraggio di Mosul
10:00 Preghiera di suffragio per le Vittime della guerra presso Hosh al-Bieaa (piazza della Chiesa) a Mosul
10:55 Partenza in elicottero per Qaraqosh


Mosul, Qaraqosh e Erbil. Sono le tre tappe della terza giornata del Papa in Iraq, cominciata con la preghiera per le vittime della guerra, a Mosul, dove Francesco è arrivato in elicottero alle 10 locali (le 8 ora di Roma). Subito dopo la partenza per Qaraqosh, la principale città cristiana del Paese, con oltre 50mila abitanti, di cui il 90% cristiani. Nell’estate del 2014, viene invasa dalle milizie dell’Isis, che la devastano e costringono 45mila cristiani ad abbandonare le loro abitazioni, cercando riparo per la maggior parte nel Kurdistan iracheno. Il villaggio viene liberato dall’occupazione jihadista due anni più tardi, nel 2016, e da allora è cominciata l’opera di ricostruzione di ciò che è andato distrutto, come la chiesa cristiana più grande del Paese, al Tahira al-Kubra, l’Immacolata Concezione. L’aiuto della Chiesa e della comunità internazionale ha consentito al 46% di coloro che l’abitavano prima dell’occupazione di rientrare. E proprio nella chiesa dell’Immacolata Concezione, alle 11.30 (9.30) Papa Francesco ha incontrato la comunità cristiana e pronunciato il suo sesto discorso in Iraq, seguito dall’Angelus. Alle 12.15, il trasferimento al seminario St. Peter di Erbil, per il pranzo privato e un momento di riposo. (Sir)


Erbil è considerata da alcuni la più antica città del mondo, con insediamenti riconosciuti già 23 secoli fa. Antica è la lingua che parla la comunità cristiana, l’aramaico parlato da Gesù. Antica la storia. Nuovi i problemi. Perché è nella capitale del Kurdistan, che doveva diventare la Dubai della Regione Autonoma, che sono arrivati in massa i cristiani scappati da Mosul e dalla Piana di Ninive. E la città, a soli 300 chilometri dal confine siriano, ha dato accoglienza a tutti.
Il Papa è atterrato alle 8.20 del mattino, accolto dall’arcivescovo Bashar Matti Ward di Erbil dei Caldei, dall’arcivescovo Nizar Semaan di Hadiab – Erbil dei Siri, e poi il presidente e il primo ministro della Regione Autonoma del Kurdistan iracheno e alcune autorità religiose e civili.
Presidente della Regione è Nechirvan Barzani, Primo Ministro è Masrour Barzani.
Questi ultimi, dopo l’accoglienza ufficiale, hanno avuto un breve incontro con Papa Francesco nella Presidential Vip Lounge.
Il Papa è stato accolto da un gruppo di persone festanti, alcune che cantavano in italiano: “Francesco, noi siamo pieni di gran speranza, siamo contenti, siamo gioiosi, grazie con tutto il cuore. Il popolo del Kurdistan colmo di gioia ti dà il benvenuto”.
Nell’incontro con Papa Francesco, il presidente Barzani ha tenuto un breve discorso, in cui ha ringraziato il Papa per la sua presenza nel territorio. Quindi, dopo l’incontro con le autorità, Papa Francesco ha anche incontrato l’ex presidente Mas’ud Barzani, che è anche il capo delle forze peshmerga che hanno supportato nella lotta contro l’ISIS ed è adesso leader del Partito Democratico del Kurdistan. “Tutto il popolo del Kurdistan è contento di riceverla, di tutte le religioni”, ha detto Mas’ud Barzani.
Papa Francesco ha risposto ringraziando per l’accoglienza, e “soprattutto per l’accoglienza che hanno avuto per i cristiani perseguitati”. Papa Francesco ha apprezzato il ruolo della Regione del Kurdistan nell'accogliere le componenti religiose e nazionali e nel consolidare la pacifica convivenza tra di loro. Il Papa ha detto di non aver dimenticato il Kurdistan, sottolineando che la regione del Kurdistan è diventata una casa e un rifugio per i cristiani. (Aci stampa)



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PREGHIERA DI SUFFRAGIO PER LE VITTIME DELLA GUERRA

Presso Hosh al-Bieaa (piazza della Chiesa) a Mosul
Domenica, 7 marzo 2021


Uno dei momenti nevralgici, nel terzo giorno del Papa in Iraq, è la preghiera di suffragio per le vittime della guerra a Mosul, una città devastata dalla furia dell’Is ma che ha cominciato il cammino di ricostruzione anche con esperienze di collaborazione fra cristiani e musulmani. È crudele – dice Francesco– che questo Paese sia stato colpito da una tempesta così disumana. Il Papa affida al Signore i morti e prega che i persecutori si ravvedano

Tra le macerie, lì dove il sedicente Stato islamico ha seminato l’oscurità della morte e del terrore, il Papa porta la luce della fede e della speranza. In una Mosul in cerca di ricostruzione degli edifici e dei cuori, Francesco invoca il perdono di Dio e la grazia della conversione mentre indica che la strada è quella di attuare il disegno d’amore e di pace che il Signore ha per l’uomo. Un cammino segnato dalla speranza che suscitano le esperienze di collaborazione fraterna fra cristiani e musulmani raccontate nelle testimonianze che precedono il saluto del Papa. A scandire l’intensità dell’evento la Preghiera e i silenzi nella spianata dove le rovine delle 4 chiese distrutte, già da sole, testimoniano la sofferenza di cristiani e non solo, quando arrivò l’Is. Tra il 2014 e il 2017 a Hosh al-Bieaa, piazza delle 4 chiese - siro-cattolica, armeno-ortodossa, siro-ortodossa e caldea - questi edifici vennero distrutti dagli attacchi terroristici. Ma ci sono anche i canti e la gioia dei fedeli in una giornata segnata da uno splendido sole, a testimoniare tutta la voglia di ricominciare che si sprigiona. 

Mosul è il luogo simbolo del dell’Is che qui instaurò la sua capitale e compì massacri fra il 2014 e il 2017. Da antica città sulla riva occidentale del fiume Tigri di fronte ai resti archeologici di Ninive, da crocevia di etnie e religioni lungo i secoli, in quegli anni si è trasformata in luogo di terrore. Da qui, dalla “città dei profeti” chiamata così per la presenza delle tombe di cinque profeti musulmani, circa mezzo milione di persone, di cui oltre 120.000 cristiani, dovettero fuggire in quegli anni bui e la località fu sottoposta a una sistematica devastazione con la distruzione fra l’altro di chiese, del mausoleo di ‛Awn ad-dīn, di Nabī Yūnis (il mausoleo del profeta Giona), di un tratto murario del sito di Ninive, oltre che di rarissimi manoscritti e di più di 100.000 libri conservati nella Biblioteca, di reperti archeologici e perfino della moschea di Mūr ad-dīn. Oggi si sta lavorando alla ricostruzione della città, ma anche del tessuto sociale che la abita.
Subito nel suo saluto il Papa ricorda le fin troppo evidenti conseguenze del terrore (Vatican News)

 

 

 

 

SALUTO PRIMA DELLA PREGHIERA

Cari fratelli e sorelle,
cari amici!

Ringrazio l’Arcivescovo Najeeb Michaeel per le sue parole di benvenuto e sono particolarmente grato a Padre Raid Kallo e al Sig. Gutayba Aagha per le loro toccanti testimonianze.

Grazie tante, Padre Raid. Lei ci ha raccontato dello sfollamento forzato di molte famiglie cristiane dalle loro case. Il tragico ridursi dei discepoli di Cristo, qui e in tutto il Medio Oriente, è un danno incalcolabile non solo per le persone e le comunità interessate, ma per la stessa società che si lasciano alle spalle. In effetti, un tessuto culturale e religioso così ricco di diversità è indebolito dalla perdita di uno qualsiasi dei suoi membri, per quanto piccolo. Come in uno dei vostri tappeti artistici, un piccolo filo strappato può danneggiare l’insieme. Lei, Padre, ha parlato dell’esperienza fraterna che vive con i musulmani, dopo essere ritornato a Mosul. Lei ha trovato accoglienza, rispetto, collaborazione. Grazie, Padre, per aver condiviso questi segni che lo Spirito fa fiorire nel deserto e per averci indicato che è possibile sperare nella riconciliazione e in una nuova vita.

Signor Aagha, Lei ci ha ricordato che la vera identità di questa città è quella della convivenza armoniosa tra persone di origini e culture diverse. Per questo, accolgo con grande favore il Suo invito alla comunità cristiana a tornare a Mosul e ad assumere il ruolo vitale che le è proprio nel processo di risanamento e di rinnovamento.

Oggi, tutti eleviamo le nostre voci in preghiera a Dio Onnipotente per tutte le vittime della guerra e dei conflitti armati. Qui a Mosul le tragiche conseguenze della guerra e delle ostilità sono fin troppo evidenti. Com’è crudele che questo Paese, culla di civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia e migliaia di persone – musulmani, cristiani, gli yazidi, che sono stati annientati crudelmente dal terrorismo, e altri – sfollati con la forza o uccisi!

Oggi, malgrado tutto, riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra. Questa convinzione parla con voce più eloquente di quella dell’odio e della violenza; e mai potrà essere soffocata nel sangue versato da coloro che pervertono il nome di Dio percorrendo strade di distruzione.



PAROLE INTRODUTTIVE DEL SANTO PADRE


Prima di pregare per tutte le vittime della guerra in questa città di Mosul, in Iraq e nell’intero Medio Oriente, vorrei condividere con voi questi pensieri:

Se Dio è il Dio della vita – e lo è –, a noi non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome.
Se Dio è il Dio della pace – e lo è –, a noi non è lecito fare la guerra nel suo nome.
Se Dio è il Dio dell’amore – e lo è –, a noi non è lecito odiare i fratelli.

Ora preghiamo insieme per tutte le vittime della guerra, perché Dio Onnipotente conceda loro vita eterna e pace senza fine, e le accolga nel suo amorevole abbraccio. E preghiamo anche per tutti noi, perché, al di là delle appartenenze religiose, possiamo vivere in armonia e in pace, consapevoli che agli occhi di Dio siamo tutti fratelli e sorelle.



Altissimo Dio, Signore del tempo e della storia, Tu per amore hai creato il mondo e non smetti mai di riversare sulle tue creature le tue benedizioni. Tu, al di là dell’oceano della sofferenza e della morte, al di là delle tentazioni della violenza, dell’ingiustizia e dell’iniquo guadagno, accompagni i tuoi figli e le tue figlie con tenero amore di Padre.

Ma noi uomini, ingrati per i tuoi doni e distolti dalle nostre preoccupazioni e dalle nostre ambizioni troppo terrene, spesso abbiamo dimenticato i tuoi disegni di pace e di armonia. Ci siamo chiusi in noi stessi e nei nostri interessi di parte e, indifferenti a Te e agli altri, abbiamo sbarrato le porte alla pace. Si è così ripetuto quanto il profeta Giona udì dire di Ninive: la malvagità degli uomini è salita fino al cielo (cfr Gn 1,2). Non abbiamo alzato al Cielo mani pure (cfr 1 Tm 2,8), ma dalla terra è salito ancora una volta il grido del sangue innocente (cfr Gen 4,10). Gli abitanti di Ninive, nel racconto di Giona, ascoltarono la voce del tuo profeta e trovarono salvezza nella conversione. Anche noi, Signore, mentre ti affidiamo le tante vittime dell’odio dell’uomo contro l’uomo, invochiamo il tuo perdono e supplichiamo la grazia della conversione:

Kyrie eleison! Kyrie eleison! Kyrie eleison!

[breve silenzio]

Signore Dio nostro, in questa città due simboli testimoniano il perenne desiderio dell’umanità di avvicinarsi a Te: la moschea Al-Nouri con il suo minareto Al Hadba e la chiesa di Nostra Signora dell’orologio. È un orologio che da più di cent’anni ricorda ai passanti che la vita è breve e il tempo prezioso. Insegnaci a comprendere che Tu hai affidato a noi il tuo disegno di amore, di pace e di riconciliazione, perché lo attuassimo nel tempo, nel breve volgere della nostra vita terrena. Facci comprendere che solo mettendolo in pratica senza indugi si potranno ricostruire questa città e questo Paese, e si potranno risanare i cuori straziati dal dolore. Aiutaci a non trascorrere il tempo al servizio dei nostri interessi egoistici, personali o di gruppo, ma al servizio del tuo disegno d’amore. E quando andiamo fuori strada, fa’ che possiamo dare ascolto alla voce dei veri uomini di Dio e ravvederci per tempo, per non rovinarci ancora con distruzione e morte.

Ti affidiamo coloro, la cui vita terrena è stata accorciata dalla mano violenta dei loro fratelli, e ti imploriamo anche per quanti hanno fatto del male ai loro fratelli e alle loro sorelle: si ravvedano, toccati dalla potenza della tua misericordia.

Requiem æternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis.

Requiescant in pace. Amen.

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Al termine della preghiera l’inaugurazione della lapide commemorativa della visita di Francesco a Mosul scritta in arabo e inglese. “Quanto son belli - vi si legge - i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene! (Rm 10,15). In ricordo della visita di Sua Santità, Papa Francesco, messaggero di pace e di amore fraterno, alla città di Mosul e alla Piana di Ninive. In questo luogo, che i cristiani hanno obbligatoriamente dovuto abbandonare (2003-2017), il Papa ha pregato per la diffusione della pace e della giustizia, della coesistenza serena e della fratellanza tra gli uomini”. 


 


E al termine, il lancio della colomba bianca sigla questo evento come un messaggio, perché questo territorio macchiato dal sangue di tanti innocenti possa trovare nella riconciliazione e nella fraternità, la sua strada di vita. A seguire il Papa si ferma per salutare molti dei presenti, il cui sorriso anch'esso riconferma questo desiderio.

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