Delegazione di eurodeputati bloccata tra Croazia e Bosnia
Cosa non dovevano vedere?
Condizioni disumane nel campo profughi
Pietro Bartolo, Brando Benifei, Pierfrancesco Majorino e Alessandra Moretti, tutti europarlamentari dem, sono in missione in Bosnia e Croazia. Nello Stato europeo, però, a pochi metri dal confine viene loro impedito di avvicinarsi al territorio bosniaco, nonostante le garanzie fornite alle istituzioni locali circa il fatto che non intendessero attraversarlo a piedi. Nel punto più delicato della rotta balcanica dei migranti, perfino gli eurodeputati vengono rispediti indietro dalla polizia.
Polizia croata respinge 4 europarlamentari:
"Non osiamo pensare cosa fanno a donne e bambini"
Migranti nei Balcani, delegazione di eurodeputati bloccata tra Croazia e Bosnia
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Cosa non dovevamo vedere oltre il blocco della polizia croata
Il racconto a Huffpost degli europarlamentari dem Bartolo, Benifei, Majorino e Moretti, in missione sulla rotta balcanica, per vedere cosa accade ai migranti che stazionano in Bosnia al freddo nella speranza di varcare il confine europeo
(A cura degli europarlamentari del Pd, Pietro Bartolo, Brando Benifei, Pierfrancesco Majorino, Alessandra Moretti)
MAKI GALIMBERTI/S&D
E così, la polizia croata l’abbiamo sperimentata anche noi, in modo fermo ma, riflettiamo, sicuramente più cortese di quanto capiti a uomini, donne e bambini intrappolati in quello che chiamano “The game”, il gioco crudele che costringe i migranti ad attendere la notte per cercare di attraversare la linea ambigua che fa da confine fra l’Unione europea e la Bosnia. Coloro che riescono a passare in Europa sperano di poter chiedere lo status di rifugiati o di richiedenti asilo. Coloro non riescono a passare vengono respinti a decine di chilometri dal confine, in mezzo alla neve, spesso senza più cellulare né denaro, di cui subiscono il sequestro immotivato e illegale.
Siamo quattro eurodeputati italiani in missione sulla rotta balcanica. Vogliamo vedere con i nostri occhi. Il bosco è quasi più difficile da monitorare del mare. Ieri a Zagabria, nell’unico centro di permanenza ufficiale della Croazia, in quell’Hotel Porin dove non hanno consentito l’ingresso ai giornalisti che erano con noi - non proprio un segno di trasparenza - abbiamo avuto conferma, dalle persone che vi sono accolte, della veridicità di tanti racconti fatti puntualmente in questi mesi nei reportage di stampa e nei resoconti delle Ong che cercano di dare una mano sul campo. Le condizioni dignitose delle persone che risiedono all’Hotel Porin non bastano a far loro dimenticare quello che hanno vissuto e visto sul confine.
È anche per questo che in una delle tappe del nostro viaggio ci addentriamo nella foresta di Bojna, verso il punto dove avvengono molti attraversamenti, lontano dai riflettori. Ma lì ci attende la polizia croata, che ci ferma. Un drone ci ronza sopra la testa. Centinaia di metri prima del confine, un nastro di cellophane, evidentemente improvvisato, ci blocca la strada. A piedi incontriamo gli agenti e discutiamo a lungo con loro, spiegando che verificare la situazione sul territorio europeo è una delle nostre responsabilità e prerogative.
Intervengono per telefono gli ambasciatori, quello italiano in Croazia e quello croato in Italia, ma invano. Gli agenti si irrigidiscono. Allora ci incamminiamo pacificamente per forzare il blocco e proseguire, rimanendo comunque all’interno dei confini europei. Gli agenti ci inseguono e ci fermano di nuovo, formando poi un cordone per impedirci di andare avanti.
MAKI GALIMBERTI/S&D
Gli europarlamentari dem Pietro Bartolo, Brando Benifei, Pierfrancesco Majorino, Alessandra Moretti
bloccati dalla polizia croata
Si tratta di un fatto gravissimo, e piuttosto raro, che non depone certo a favore della trasparenza della gestione croata sul confine esterno dell’Unione. Avevamo comunicato per tempo le nostre intenzioni. La nostra libertà di movimento come cittadini europei su suolo europeo è stata negata. E siamo rappresentanti eletti di cittadini europei. Non dimentichiamo poi che il bilancio di Frontex, l’agenzia europea che collabora con tutti i governi nazionali per la gestione dei confini, viene approvato proprio dal Parlamento di Bruxelles, cioè da noi. Come parlamentari europei, abbiamo il dovere di ispezionare e verificare cosa accade ai confini d’Europa. E ognuno di noi quattro, insieme all’eurodeputato Massimiliano Smeriglio che si unisce a noi sul versante italiano, sente fortemente la responsabilità morale del benessere e della sicurezza di uomini, donne e bambini che hanno la sola colpa di tentare la sorte, correndo molti rischi e spesso arrivando da molto lontano - Afghanistan, Kurdistan, Bangladesh - per cercare un futuro migliore.
Le autorità croate sostengono da tempo che i racconti drammatici dal confine siano solo montature. Ma allora perché negarci il passaggio, anche scortati lungo il tracciato della strada? Riprendendo il nostro viaggio, che ci porta a Bihac e poi verso il campo di accoglienza di Lipa, non possiamo non chiederci cosa ci fosse che non dovevamo vedere, oltre le spalle di quegli agenti croati. E che destino riservano quegli agenti a chi, a differenza di noi, non ha alcuna protezione. Quello che ci è chiaro senza ombra di dubbio è che le politiche europee in materia di migrazione vanno cambiate radicalmente. Basta appellarsi all’emergenza, basta scaricare responsabilità, basta esternalizzazione continua delle frontiere. La responsabilità è corale, e un nuovo quadro di regole, di libera circolazione e di accoglienza di qualità, va costruito con la collaborazione di tutti. Più che mai, come ci ha detto un giovane volontario, qui “c’è bisogno di Europa”.
LE FOTO DAL CENTRO DI ACCOGLIENZA DI LIPA, IN BOSNIA
“Le condizioni in cui vivono più di un migliaio di persone nel campo profughi di Lipa sono disumane. Le tende sono poco riscaldate, l’acqua è scarsa e i servizi igienici limitati di numero. Non consentiremo che si faccia finta di niente perché il nostro dovere è anche quello di stare dalla parte degli ultimi. Faremo di tutto perché si cambi politica, strategia e approccio. L’Europa non può consentire un simile trattamento contrario ai valori di umanità su cui dovrebbe fondarsi la nostra Unione”
MAKI GALIMBERTI/S&D
Migranti nel centro di accoglienza di Lipa, in Bosnia
MAKI GALIMBERTI/S&D
La delegazione degli europarlamentari Pd in missione sulla rotta balcanica dei migranti
(fonte: Huffingtonpost 31/01/2021)
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Emergenza migranti nei Balcani, il medico Bartolo:
«Spiegateci perché ci avete impedito di vedere oltre il confine»
L’intervista di Giada Ferraglioni a Pietro Bartolo
L’europarlamentare e medico, che per trent’anni ha lavorato a Lampedusa, racconta quello che ha visto nei campi profughi nei Balcani:
«È disumano. Quelle persone non supereranno l’inverno»
«Tutto intorno c’era la bufera. Le persone camminavano a piedi scalzi nella neve e si lavavano all’aperto, fuori dalle tende. Se nessuno interviene, queste persone non arriveranno a primavera». Pietro Bartolo è in viaggio nei Balcani da tre giorni. Con tre suoi colleghi del Parlamento europeo – Alessandra Moretti, Pierfrancesco Majorino e Brando Banifei – è partito in missione sulla rotta balcanica per verificare le condizioni di vita di chi prova a chiedere asilo all’Europa passando da Est. Nel tragitto di ritorno dalla Bosnia, Bartolo si tormenta per quello che ha visto negli accampamenti. Ma a disturbarlo è anche quello che non è riuscito a vedere a causa dei blocchi della polizia di confine, in Croazia. Senza apparenti spiegazioni, gli agenti gli hanno sbarrato la strada impedendogli il sopralluogo.
Le violenze nascoste ai confini d’Europa
EPA/FEHIM DEMIR |
Un profugo nel campo vicino Bihac, per buona parte distrutto da un incendio e sotto accusa per i soccorsi inadeguati
Oltre a una visita nei principali campi profughi a Sarajevo, Zagabria e Bihac, l’obiettivo della delegazione era quello di testimoniare, in qualità di rappresentanti delle Istituzioni europee, quanto accade ai confini più critici. Che succede tra la Croazia, paese europeo, e la Bosnia, che in Europa ancora non è entrata? Sono veri quei respingimenti illegali, violenti e indiscriminati che vengono documentati da testimoni e giornalisti? «Non appena siamo arrivati al confine croato – racconta il dottor Bartolo – la polizia ci ha sbarrato la strada con atteggiamento arrogante e ostile. Non ci siamo potuti addentrare oltre, nemmeno con gli agenti, ai quali avevamo chiesto di accompagnarci. Non volevamo sconfinare, ma solo controllare quel che accade alla frontiera».
Nemmeno l’intervento della Farnesina e del presidente del Parlamento europeo David Sassoli hanno sbloccato la situazione. I quattro eurodeputati sono arrivati in Bosnia attraversando la frontiera ufficiale, ma i comportamenti degli agenti negli altri punti di confine (quelli dove i migranti tentano la traversata) sono rimasti senza testimoni istituzionali. Lo stop rimane tutt’ora senza una motivazione, ma ora il Governo croato dovrà spiegare all’Ue con quale legittimazione ha bloccato la visita. «Quello che è accaduto è grave», spiega il Bartolo. «Perché a quel confine succedono cose terribili, cose che ci raccontano solo quei pochi che riescono a non morire nel ghiaccio. Chi tenta di attraversarlo viene malmenato, derubato, svestito e mandato indietro».
La situazione nel campo di Lipa, in Bosnia
ANSA, S&D | Un uomo si lava nella neve nella tendopoli di Lipa, in Bosnia. 31 gennaio 2021
«In trent’anni di carriera non ho mai visto niente di simile», racconta al telefono, mentre è in viaggio. Dal 1992 al 2018, Bartolo si è occupato di visitare i migranti in arrivo a Lampedusa. Non è nuovo di situazioni critiche: è abituato a vedere in che condizioni arrivano le persone che scappano dai loro Paesi. Eppure, quello che ha visto a Bihac, nella tendopoli di Lipa – allestita 2 settimane fa, dopo l’incendio nel campo profughi – lo ha sconvolto.
Sperdute tra le alture e le distese di neve ci sono 934 persone, tutti uomini, maggiorenni e non. Sono stipati in 30 o 40 dentro tende sprovviste di servizi, senza acqua corrente e riscaldamento. Spesso non hanno scarpe e vestiti adeguati per affrontare le temperature ampiamente sotto lo zero. «Per tre decenni ho visto cose terribili. Ma posso assicurare che a Lampedusa e a Trieste non succede quello che succede qui in Bosnia. Qui è tutt’altra roba. È inaccettabile, disumano. E gli stati membri se ne devono fare carico».
L’Europa «è responsabile»
Non appena faranno ritorno dalla missione, assicura Bartolo, chiederanno alla Commissione europea di intervenire sia nei confronti del governo croato, sia per risollevare la situazione dei migranti il più presto possibile. «Tutti gli stati membri sono responsabili – dice – di quelle morti e di quelle violenze che costellano il “gioco” (the game, termine con il quale i migranti chiamano la traversata, ndr) nel tragitto dalla Grecia fino all’Italia».
Come ricorda il medico, l’Europa ha dato circa 90 milioni di euro alla Bosnia per gestire l’emergenza migratoria. Proprio come negli accordi del 2016 con la Turchia, l’intento era quello di disincentivare gli ingressi di massa in Europa, esternalizzando i confini nei Paesi appena limitrofi. Ma dare i soldi non basta, che sia alla guardia costiera libica, alla Bosnia o alla Turchia di Erdogan: «Non è questo il modo di affrontare la migrazione», dice Bartolo. «Non bisogna lasciare che i piccoli Paesi si facciano carico di migliaia di persone ammassandole in campi inadeguati. C’è bisogno che l’Europa inizi a distribuire le persone sul suo territorio. E deve farlo a partire da ora».
(fonte: OPEN 1 FEBBRAIO 2021)
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