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lunedì 15 febbraio 2021

Cardinale Matteo Zuppi: Vivere e morire per strada è una sconfitta per tutti.

Cardinale Matteo Zuppi: 
Vivere e morire per strada 
è una sconfitta per tutti.


Il cardinale di Bologna Matteo Zuppi:
"Non si può morire di povertà ignorati da tutti"

Alla messa in memoria di Tancredi, senza fissa dimora: "Morire per strada è una sconfitta per tutti, che deve suscitare sdegno senza incertezze e non giustificazioni"


"Morire per strada è una sconfitta per tutti, che deve suscitare sdegno senza incertezze e non giustificazioni". È il duro monito del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, che questa mattina nella chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano, sotto le Due torri, ha celebrato la messa in memoria di Paolo 'Tancredi' Baccarini e di tutte le persone senza fissa dimora morte a causa della povertà, proposta dalla Comunità di Sant'Egidio.

Durante la celebrazione, sono state accese alcune candele e letto l'elenco dei loro nomi. "Non si può morire in strada e non si può vivere in strada, ignorati da tutti- insiste Zuppi- sono persone dimenticate dagli uomini ma non da Dio, che ci insegna a ricordarle. Oggi pronunceremo i loro nomi, come una litania di santi, e accenderemo le candele, strappandoli dall'essere una categoria o dalla condizione di anonimi". Il cardinale afferma che "il vero distanziamento è quello dell'indifferenza" e ricorda che "chi sta per strada ha spesso una storia lunga e molto dura. Ma Gesù ci insegna a conoscerla, rispettarla e non giudicarla".

Nell'enciclica 'Fratelli tutti' Papa Francesco, continua il cardinale, "ci invita non solo a dare il pane a chi ne ha necessità, ma anche a combattere le cause della povertà per affrancare e ridare dignità alle persone". Per farlo però "bisogna ascoltare, avere pazienza, non arrendersi e cercare soluzioni vere, non provvisorie".

Il dormitorio di Sant'Egidio

In fondo, sottolinea Zuppi, "siamo tutti mendicanti e pellegrini in questo mondo. E Gesù ci aiuta a capire il valore delle nostre poche cose. Gesù non toglie a qualcuno, ma dona a tutti. Solo così il poco diventa tanto e saremo sazi anche noi". Secondo il cardinale, "un futuro migliore non si programma con vaghe promesse o con impegni per l'immediato, ma con una vita sazia". Infine, Zuppi rileva che "il vero cambiamento è la compassione", non nel senso di un "sentimento inutilmente romantico, che fa essere buoni a poco prezzo".

La compassione deve invece "farci pensare alla vita legata gli uni agli altri", spiega il cardinale. Ed è per questo che "quando perdiamo la compassione, è più facile discutere tra di noi". Paolo Baccarini, conosciuto come 'Tancredi', era originario di Argenta, nel ferrarese, e fu uno dei primi conosciuti dalla Comunità di Sant'Egidio durante le cene itineranti alla stazione. Morì nel dicembre 2013 all'età di 69 anni nella sua umile casa e il suo corpo fu ritrovato alcuni giorni dopo il suo decesso, ricorda la stessa Comunità.

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Messa per Tancredi e quanti muoiono in strada
Bologna, Santi Bartolomeo e Gaetano
13-02-2021


Omelia del Cardinale Matteo Zuppi

La Parola di Dio ci guida sempre molto più di quanto pensiamo. Molte volte la ascoltiamo poco e di corsa. Alcune volte cerchiamo noi quello che ci serve o pensiamo possa aiutarci, spesso per farci dire quello che vogliamo noi. In realtà accade sempre come oggi: è la Parola che ci cerca per aiutarci a capire, per essere noi stessi, per farci vedere, per aiutarci a decidere, per insegnarci a contare i nostri giorni ed acquistare un cuore saggio. E’ Gesù che si fa sempre trovare da noi, spesso distratti o convinti, come i farisei, di vedere e ascoltare.

Oggi ricordiamo, in questa che è ormai una tradizione, Tancredi e con lui i tanti che muoiono per strada. Incredibile: per strada! E’ sempre l’amaro e sconcertante “Non c’era posto per loro”. E’ una sconfitta per tutti. Vivere e morire per strada deve suscitare lo sdegno, senza incertezze, senza giustificazioni. Non si deve morire per strada, non si può vivere per strada, persi nell’anonimato della folla come tutto quello che non è amato. Attenzione, però, perché senza amore nulla è importante e con il distanziamento dell’indifferenza finiamo tutti spogliati delle apparenze che pensavamo dovessero garantirci distinzione, valore, sicurezza, futuro.

Oggi ricordiamo quelli che sono dimenticati dagli uomini ma non da Dio. Ed è Dio che ci insegna a ricordarli, in vita e in morte. Sono come una litania di santi, i santi fratelli piccoli di Gesù. Pronunceremo i loro nomi perché l’amore ce li fa conoscere uno per uno, strappandoli dall’essere una categoria o definiti dalla condizione e non dalla loro storia e personalità.

Di molti ricordiamo anche i volti, che abbiamo iniziato a distinguere piegandoci su di loro, guardandoli negli occhi, stabilendo un legame di amicizia che permette di scoprire tanta umanità, dignità, pensiero. Accenderemo delle candele nella fede in Dio che è luce e sconfigge le tenebre della morte. Vogliamo accendere anche l’amore per quanti vivono per strada oggi, ricordando l’invito che Papa Francesco rivolge nell’enciclica Fratelli Tutti a non dare solo pane a chi ne ha bisogno nell’emergenza, ma a combattere le cause della povertà e a trovare soluzioni che liberino dalla strada e rivestano tutti della piena dignità.

Alcuni modi: trattarli con gentilezza, quella che vogliamo per noi; ascoltare e prendere sul serio, come vorremmo sia fatto a noi; avere pazienza, come esigiamo per noi; non arrendersi, come speriamo gli altri facciano davanti ai nostri problemi anche se non sono facili, anzi proprio perché non sono facili; cercare soluzioni vere e non provvisorie. Se vogliamo bene ad un’idea, ci arrendiamo subito e diciamo che non si può fare nulla.

Se amiamo i senza fissa dimora come sono incontreremo tante persone con il peso di storie davvero difficile. Ecco, questi sono come i nostri pochi pani e pesci che permettono a Gesù di saziare la folla e non solo la folla, ma tutti, anche noi. Gesù non toglie a qualcuno: dona a tutti e stabilisce anche che il pane è per tutti e che solo pensando a tutti lo abbiamo anche noi. Gesù non chiede sacrifici, ma dono e solo così il poco diventa tanto e solo se pensiamo di saziare tutti saremo sazi anche noi.

Nella memoria di oggi contempliamo il sogno di Dio: fratelli tutti, anzi i fratelli più piccoli di Gesù prediletti perché sono i più piccoli. Ci aiuta a vedere spiritualmente la storia umana che incontriamo e a capire la storia umana nella contemplazione dei segni spirituali. Siamo tutti polvere e abbiamo tutti bisogno di senso, di quello che non finisce, di amore che rivesta di importanza.

Siamo mendicanti e pellegrini in questo mondo. La sua forza, possiamo dire, è proprio la nostra debolezza! Non dobbiamo più cercare una forza che non abbiamo, che ci fa male, che rubiamo agli altri o che non raggiungiamo mai! Il vero cambiamento è la compassione.

Non è un sentimento inutilmente romantico che fa sentire buoni a poco prezzo. La compassione cambia la vita e ci fa pensare assieme tra discepoli. Quando perdiamo la compassione per gli altri discutiamo tra di noi! Gesù ci coinvolge. E non perché non hanno da mangiare nel presente – che spesso consideriamo troppo poco – ma perché pensa al loro futuro.

Avranno bisogno lungo il cammino. Ecco, questo è un amore che cambia la vita ed così si prepara per davvero un futuro migliore! Non vaghe promesse o impegni che non risolvono o si limitano all’immediato. Gesù guarda la folla come una persona ed in essa distingue ogni persona, cioè quell’unico che è ogni uomo e ogni donna.

Non la ama perché ha delle qualità particolari, ma perché ha fame e perché la vede con una preoccupazione paterna e materna. La conosce: sa che vengono da lontano e debbono andare lontano. Chi sta per strada ha la sua storia lunga, spesso dura.

Gesù ci insegna a comprenderla, a rispettarla, a non giudicarla ma ad amarla. La compassione significa amare l’altro come se stessi e così capisce il male che ancora non si vede. La compassione, molto più del dovere e della filantropia, spinge a sederci a terra.

Il vangelo sembra descrivere le nostre distribuzioni per strada, fermarsi con loro, apparecchiare una tavola e rendere la strada una tavola, un luogo familiare. E’ il servizio eucaristico che completa il pane che spezziamo sull’altare. Al termine della vita è Dio stesso che solleva la nostra povera umanità con le mani di Gesù.

Quanto è offensivo ed inutile mandare via le persone, allontanare! Il problema è risolvere i problemi, non spostarli e fare finta che non esistano perché non li vediamo o pensare riguardino altri! Anche se sono lontani vengono meno perché noi non li abbiamo aiutati!

Uniamo quello che abbiamo e siamo per proteggere chi è debole e da solo non ce la può fare! Proteggiamo la fragilità di chi vive per strada perché è il segno di una città che conserva la sua umanità. Inizia da noi. Voi stessi date loro da magiare, significa anche che se lo hanno o non lo hanno dipende da noi. Il prossimo sono io e il prossimo è mio.

Nella folla saziata vediamo l’inizio del futuro banchetto del cielo, dove oggi sono accolti i suoi fratelli più piccoli. “Fate del bene a quanti più potete e vi seguirà tanto più spesso d’incontrar de’ visi che vi mettano allegria”, scriveva Manzoni. Sì, a noi diffidenti e possessivi il vangelo spiega come il bene non è mai perso e ogni incontro sarà nella gioia e non nella paura. Ma occorre fare del bene a quanti più possiamo, iniziando da chi non ha nessuno che si ricordi di lui.

Grazie Gesù che ti fai mendicante per noi e ci liberi dalla paura di donare quello che abbiamo. Con Te tutti siamo saziati, non manca a nessuno e il nostro cammino, a volte così incerto e faticoso, è accompagnato sempre dal tuo amore.

Dona loro la luce del tuo amore pieno e a noi di essere luminosi e forti nell’amore.

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