«Sono centinaia i messaggi di solidarietà che mi sono arrivati da tutte le parti d’Italia. E uno anche dal Belgio». All’indomani della bufera che l’ha travolta, la professoressa Clara Ferranti commenta: «Non mi sono mai pentita. Ciò che ho fatto, l’ho fatto consapevolmente, non ho certo improvvisato, ma meditato e pregato prima di farlo, cosciente di trovarmi in un’aula universitaria. Una scelta un po’ sofferta, ma ragionata».
Venerdì scorso alle 17.30 la professoressa di glottologia ha interrotto la lezione: ha chiesto agli studenti di alzarsi in piedi e ha recitato un’Ave Maria e un Gloria «per la pace nel mondo e contro la violenza, momento di preghiera che si svolge contemporaneamente in tutta Italia», invitando anche chi non crede a rimanere alzato, per rispetto di chi crede. Alcuni si sono uniti alla preghiera, altri sono rimasti in piedi, in silenzio. Poi la lezione è ripresa.
«Saluto il suo coraggio e la sua dignitosa motivazione nel voler coinvolgere gli studenti a riflettere sul bisogno che il nostro mondo ha disperatamente di pace», è il messaggio che le arriva da un pastore protestante belga. «E un gruppo di studenti – prosegue Ferranti – è venuto a portarmi la propria solidarietà durante l’ora di ricevimento (ieri, ndr). Hanno detto che il mio è stato un gesto bellissimo e mi hanno ringraziato perché attraverso il mio gesto hanno avuto il coraggio di mostrarsi per quello che sono, cioè come credenti». «Una preghiera può muovere il mondo, per questo fa paura», recita un altro messaggio.
Il vescovo: "Le proteste ci ricordano che la preghiera è forte"
«Certo – sottolinea –, da un punto di vista umano mi verrebbe da dire che ho combinato un putiferio, però bisogna vedere quali occhiali si indossano, perché attraverso lo sguardo del credente la preghiera che ho fatto è ben poca cosa. Un non credente non lo capisce. Se lo rifarei? Non è che ora, perché ho ricevuto tutta questa solidarietà, comincerò le mie lezioni con un’Ave Maria, sarebbe una prevaricazione, pregare come uno vuole sarebbe anarchia. Però di certo non vedo perché dovrei nascondermi, anche se sono in uno spazio pubblico, e se lo ritengo in coscienza una cosa buona, lo faccio, nella mia libertà. È anche questione di una corretta pedagogia, mi rivelo per quello che sono davanti allo studente. La laicità è anche esprimersi liberamente in uno spazio pubblico, leggo in un messaggio che mi è arrivato da un accademico, mentre un altro scrive “Sono molto dispiaciuto per gli studenti che hanno chiesto provvedimenti, e non hanno capito quanto li ama’’.
"Un credente – precisa Ferranti – sa cosa vuol dire una preghiera tutti insieme alla stessa ora, perché la potenza della preghiera passa anche per il numero. Non esistono gli atei, anche quelli che si dichiarano tali non lo sono, perché ognuno sulla terra vive per qualcosa».
(fonte: Il Resto del Carlino 20/10/2017)
Sulla vicenda è intervenuto il vescovo di Macerata, monsignor Nazareno Marconi, di seguito riportiamo la nota dal tono ironico pubblicata sul sito dell'emittente diocesana in cui chiede scusa, come credente, per «aver destabilizzato la serenità di un'Università».
La storia dei 25 secondi di interruzione di una lezione, per dire un’Ave Maria per la pace, con la reazione che ha scatenato ci interroga profondamente come credenti.
Gli stessi 25 secondi usati per dire una battuta, cosa che molti docenti fanno spesso, non avrebbero creato problemi.
Chiediamo scusa come credenti per aver destabilizzato la serenità di un’Università, ma il problema è la nostra poca fede. Chi dice almeno 50 Avemarie al giorno, cioè un rosario, tanti, molto più di quelli che vanno a Messa la domenica, non capisce tutta questa agitazione.
È che a dirne tante di Avemarie si comincia a pensare che valgano poco, che di fatto siano innocue. Che non creino problemi. Grazie perciò di cuore a chi ha protestato, a chi ci ha ricordato che la preghiera è una forza, una potenza che può mettere paura a qualcuno.
Grazie a chi crede più di noi credenti che quelle poche parole smuovano i monti e i cuori tanto da sconvolgere la loro vita. Grazie a chi ci ricorda che dire Ave Maria è salutare una donna morta 2000 anni fa credendo che è viva, in grado di pregare per noi e di operare per rendere la nostra vita più buona e vicina a Dio, tanto da aiutarci ad affrontare serenamente la morte.
Grazie fratelli non credenti e anticlericali perché ci avete ricordato quali tesori possediamo senza apprezzarne adeguatamente il valore e l’importanza.