Caos.
Arcobaleno di voci e volti
di mons. Nunzio Galantino,
segretario generale della
Conferenza Episcopale Italiana
«È un Caos!». In genere in chi si esprime così c’è poco o nessuno spazio per riconoscere una valenza positiva alla parola Caos. C’è di più! Sembra una delle parole alle quali si ricorre quando si vuole delegittimare scelte innovative e non si ha voglia di cogliere la ricchezza che può portare con sé questo termine. Il greco (Cháos), nella sua connotazione originale, denota «spazio beante», spazio infinito; ma anche voragine, baratro, vuoto, buio. Termini non necessariamente e non esclusivamente tutti negativi. Tanto da far dire a Henry Adams: «Il Caos spesso genera la vita, laddove l’ordine spesso genera l’abitudine». Nella Teogonia di Esiodo, il Caos non è il principio, ma ciò che appare dal principio.
Alcuni studiosi attribuiscono al Caos della mitologia e della cosmogonia degli antichi greci la personificazione dello stato primordiale di “vuoto”, una sorta di buio anteriore alla generazione del mondo da cui gli dèi e gli uomini ebbero origine. Il Caos così si manifesterebbe all’improvviso come uno spazio di fondo che perdura anche dopo la comparsa di esseri divini. Interpreti della Teogonia, diversi da Esiodo, identificano il Caos con un luogo fisico, circoscritto fra il cielo e la terra; anzi come una entità materiale costituita da una nebulosa senza forma, associata all’oscurità. Nella mitologia, dal Caos nasce Gaia (Terra) e da Gaia nasce Urano (Cielo). In Platone il Caos è materia rozza e informe a cui attinge il Demiurgo per la formazione del mondo ordinato.
A partire dalla concezione platonica e valorizzando ciò che fa di ciascuno di noi – mai soli, ma sempre in relazione con Altro/altri – il demiurgo della propria storia e quindi della propria vita, risultano di grande efficacia le parole di Oriana Fallaci: «La Vita non è uno spettacolo muto o in bianco e nero. È un arcobaleno inesauribile di colori, un concerto interminabile di rumori, un Caos fantasmagorico di voci e di volti, di creature le cui azioni si intrecciano o si sovrappongono per tessere la catena di eventi che determinano il nostro personale destino». Se questo è vero – ed io ci credo! – guardando ai diversi segmenti della nostra vita, c’è una sfida che ci attende giorno dopo giorno: spenderci perché, come afferma H. Adams, il Caos generi vita e l’ordine non ci consegni all’abitudine senza vita. Ma, come per tutte le conquiste per le quali vale la pena spendersi, il Caos genera vita se a esso ci si accosta con rispettosa partecipazione e lo si abita con un atteggiamento di fecondo silenzio. È questo il Caos dal quale nasce il pensiero, l’intuizione per una nuova scoperta o una relazione che rimette in cammino. È il Caos come possibilità e come opportunità. Quello che ci fa scoprire persone da amare e non da usare, tempo da vivere e non da ammazzare, rincorrere colori da contemplare e non da cancellare. È il Caos che ci rende co-protagonisti in/di quella Terra (Gaia) che, secondo la mitologia, proprio dal Caos è stata generata e nella quale dobbiamo imparare a vivere come in un «arcobaleno di Caos» (P. Cezanne).
(Fonte: Rubrica de “Il Sole 24ore - Abitare le parole")