Un discorso magistrale sulle donne
“MEGLIO DI COSÌ NON SI POTEVA DIRE”
Tre punti salienti indicati dal papa nel riconoscimento
della novità storica in cui si pone la questione femminile,
in una rinnovata cultura dell’identità e della differenza
di Luisa Muraro
La giornalista Ester Palma ha dato ampia notizia di un discorso fatto dal papa il 5 ottobre all’assemblea generale della Pontificia accademia per la vita. Ha fatto bene, si tratta infatti di un discorso notevolissimo che porta Bergoglio ai primi posti nella storica graduatoria degli amici delle donne. Nessuna se l’aspettava. Dirò tre punti salienti del discorso, punti non annegati in un mare di parole già dette. Al contrario, sono l’ossatura del discorso. Dirò infine il problema che secondo me resta aperto.
L’autore del discorso non usa la parola “coscienza evolutiva” ma ha chiara l’idea che siamo in un passaggio importante, un vero e proprio salto, nella consapevolezza umana di quello che è la vita. Elenca le circostanze di questo passaggio, specialmente quelle che lo rendono altamente rischioso. Non parla contro “la potenza delle biotecnologie”, ma segnala l’esistenza di un materialismo tecnocratico che ci può portare fuori strada.
Secondo punto. Ci sono due bersagli polemici più nettamente indicati. Uno è il narcisismo, che il papa chiama egolatria (culto dell’ego), con l’aggiunta mia che questa è una piega e piaga molto più maschile che femminile. L’altro bersaglio è la convinzione che neutralizzando la differenza sessuale si possa correggere le ingiustizie storiche contro le donne. Il papa indica l’alternativa in termini a me (e a una parte delle femministe) chiarissimi, ma buoni per tutte e tutti: “Un nuovo inizio dev’essere scritto nell’ethos dei popoli, e questo può farlo una rinnovata cultura dell’identità e della differenza”.
L’autore sa, terzo punto, che il nuovo inizio si deve alla rivoluzione femminista. Parla di rivoluzione e non usa la seconda parola, che però sottende la parte centrale del discorso, quella che ha attirato l’attenzione della giornalista. Comincia con l’alleanza dell’uomo e della donna, per dire che “va ben oltre il matrimonio e la famiglia”. Da sottolineare. Si tratta, dice il testo, di una vera e propria rivoluzione culturale che sta all’orizzonte della storia di questo tempo. Meglio di così non si poteva dire. Questa alleanza è chiamata “a prendere nelle sue mani la regia dell’intera società”: donne e uomini portano la responsabilità del mondo in politica, nella cultura, nel lavoro e nell’economia. La radicalità di questa visione detta le parole di critica al femminismo della parità (“non si tratta di pari opportunità o di riconoscimento reciproco”), e quelle che invitano la Chiesa cattolica a riconoscere onestamente i suoi ritardi e le sue mancanze.
Una domanda s’impone: eliminato il confinamento domestico delle donne e la loro subordinazione agli uomini, aperta la strada al senso libero della differenza sessuale, scartata la deprimente utopia del neutro, quali sono le nuove poste in gioco nei rapporti tra i sessi?
È la questione che apro: la sessuazione della vita, per cui questa si riproduce con l’incontro di due viventi tra loro differenti, quando arriva fino a noi esseri umani, crea squilibrio, un fecondo e ineliminabile squilibrio. E questo per una ragione leggibile nella storia umana. E cioè che l’uomo sa, vuole e mira a fare uno (Fare Uno è il titolo di un bel saggio sulla mistica al maschile) mentre le donne sanno farsi due nel corpo come nell’anima. Bisogna cominciare a dire qualcosa di concreto su questo punto; la differenza si salva accettando lo squilibrio della dissimmetria.
(www.libreriadelledonne, 13 ottobre 2017)
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