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sabato 24 dicembre 2016

“Se a Natale Gesù non nasce nel nostro cuore, rischiamo un aborto spirituale”

 “Se a Natale Gesù non nasce nel nostro cuore,
 rischiamo un aborto spirituale”
p. Raniero Cantalamessa
predicatore della Casa Pontificia

23 dicembre 2016. Nell’ultima predica d’Avvento, il predicatore della Casa Pontificia si sofferma sulla triplice maternità di Maria: fisica, metafisica e spirirituale



Il Natale non è una celebrazione a modo di anniversario (la scelta della data del 25 Dicembre non è dovuta, sappiamo, a ragioni storiche, ma simboliche e di contenuto); è una celebrazione a modo di mistero che esige di essere compresa nel suo significato per noi. San Leone Magno metteva già in luce il significato mistico del “sacramento della natività di Cristo”, dicendo che “i figli della Chiesa sono stati generati con Cristo nella sua nascita, come sono stati crocifissi con lui nella passione e risuscitati con lui nella risurrezione” .
All'origine di tutto, c’è il dato biblico, compiutosi, una volta per sempre, in Maria: la Vergine diventa Madre di Gesù per opera dello Spirito Santo. Tale mistero storico, come tutti i fatti della salvezza, si prolunga a livello sacramentale nella Chiesa e a livello morale nella singola anima credente. Maria, nella sua qualità di Vergine Madre che genera il Cristo per opera dello Spirito Santo, appare il “tipo”, o l’esemplare perfetto, della Chiesa e dell’anima credente. Ascoltiamo come un autore del Medio evo, sant’Isacco della Stella, riassume il pensiero dei Padri a questo riguardo:
“Maria e la Chiesa sono una madre e più madri; una vergine e più vergini. L’una e l’altra madre, l’una e l’altra vergine… Per questo, nelle Scritture divinamente ispirate, ciò che si dice in modo universale della Vergine Madre Chiesa, lo si intende in modo singolare della Vergine Madre Maria… Infine, ogni anima fedele, sposa del Verbo di Dio, madre figlia e sorella di Cristo, viene ritenuta anch’essa, a suo modo, vergine e feconda. “
Questa visione patristica è stata riportata alla luce nel concilio Vaticano II, nei capitoli che la costituzione Lumen Gentium dedica a Maria. Qui, infatti, in tre paragrafi distinti, si parla della Vergine Madre Maria, come esemplare e modello della Chiesa (n. 63), chiamata essa pure ad essere, nella fede, vergine e madre (n. 64) e dell’anima credente che, imitando le virtù di Maria, fa nascere e crescere Gesù nel suo cuore e nel cuore dei fratelli (n. 65).
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Ora cerchiamo di vedere cosa il “mistero” della nascita di Gesù per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine significa “per noi”. C’è un pensiero ardito sul Natale che è rimbalzato di epoca in epoca sulla bocca dei più grandi dottori e maestri di spirito della Chiesa: Origene, sant’Agostino, san Bernardo e altri ancora. Esso, in sostanza, dice così: “Che giova a me che Cristo sia nato una volta a Betlemme da Maria, se egli non nasce per fede anche nel mio cuore?” . “Dov’è che Cristo nasce, nel senso più profondo, se non nel tuo cuore e nella tua anima?”, scrive sant’Ambrogio .
San Tommaso d’Aquino raccoglie la tradizione costante della Chiesa quando spiega le tre Messe che si celebrano a Natale in riferimento alla triplice nascita del Verbo: quella eterna dal Padre, quella temporale dalla Vergine e quella spirituale dall’anima credente. Facendo eco a questa stessa tradizione, san Giovanni XXIII, nel messaggio natalizio del 1962, elevava questa ardente preghiera: “O Verbo eterno del Padre, Figlio di Dio e di Maria, rinnova anche oggi, nel segreto delle anime, il mirabile prodigio della tua nascita”.
Da dove viene quest’idea ardita che Gesù, non solo è nato “per” noi, ma anche nasce “in” noi? San Paolo parla di Cristo che deve “formarsi” in noi (Gal 4,19); dice anche che, nel battesimo, il cristiano “riveste Cristo” (Rm 13,14) e che Cristo deve venire ad “abitare per fede nei nostri cuori” (Ef 3,17). Il tema della nascita di Cristo nell’anima riposa soprattutto sulla dottrina del corpo mistico. Secondo essa Cristo ripete misticamente “in noi”, ciò che ha operato, una volta “per noi”, nella storia. Questo vale per il mistero pasquale, ma vale anche per il mistero dell’incarnazione: “Il Verbo di Dio, scrive san Massimo Confessore, vuole ripetere in tutti gli uomini il mi¬stero della sua incarnazione” .
Lo Spirito Santo ci invita, dunque, a “ritornare al cuore”, per celebrare in esso un Natale più intimo e più vero, che renda “vero” anche il Natale che celebriamo all’esterno, nei riti e nelle tradizioni. Il Padre vuole generare in noi il suo Verbo per poter pronunciare, sempre di nuovo, rivolto a Gesù e a noi insieme, quella dolcissima parola: “Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato” (Eb 1,5). Gesù stesso desidera nascere nel nostro cuore. È così che lo dobbiamo pensare nella fede: come se, in questi ultimi giorni di Avvento, egli passasse in mezzo a noi e bussasse di porta in porta, come quella notte a Betlemme, in cerca di un cuore in cui nascere spiritualmente.
San Bonaventura ha scritto un opuscolo intitolato “Le cinque feste di Gesù Bambino“. In esso spiega cosa vuol dire, in concreto, far nascere Gesú nel proprio cuore. L’anima devota, scrive, può spiritualmente concepire il Verbo di Dio come Maria nell’Annunciazione, partorirlo come Maria a Natale, dargli il nome come nella Circoncisione, cercarlo e adorarlo con i Magi come nell’Epifania, e infine offrirlo al Padre, come nella Presentazione al tempio .
L’anima, spiega, conce¬pisce Gesù quando, scontenta della vita che conduce, stimolata da sante ispirazioni e accendendosi di santo ardore, infine staccandosi risolutamente dalle sue vecchie abitudini e difetti, è come fecondata spiritualmente dalla grazia dello Spirito Santo e concepisce il proposito di una vita nuova. È avvenuta la concezione di Cristo!
Questo proposito di vita nuova deve però tradursi, senza indugio, in qualcosa di concreto, in un cambiamento, possibilmente anche esterno e visibile, nella nostra vita e nelle nostre abitudini. Se il proposito non è messo in atto, Gesù è concepito, ma non è “dato alla luce”. Non si celebra “la seconda festa” di Gesù Bambino che è il Natale! È un aborto spirituale, uno dei numerosi rinvii di cui è punteggiata la vita e una delle le ragioni principali per cui così pochi si fanno santi.
Se decidi di cambiare stile di vita, dice san Bonaventura, dovrai affrontare due tipi di tentazione. Ti si presenteranno dapprima gli uomini carnali del tuo ambiente a dirti: “È troppo arduo ciò che intraprendi; non ce la farai mai, ti mancheranno le forze, ne andrà di mezzo la tua salute; queste cose non si addicono al tuo stato, comprometti il tuo buon nome e la dignità della tua carica… “.
Superato questo ostacolo, si presenteranno altri che hanno fama di essere e, forse, sono anche di fatto persone pie religiose, ma che non credono veramente nella potenza di Dio e del suo Spirito. Queste ti diranno che, se cominci a vivere in questo modo – dando tanto spazio alla preghiera, evitando le chiacchiere inutili, facendo opere di carità -, sarai ritenuto presto un santo, un uomo spirituale, e poiché tu sai benissimo di non esserlo, finirai per ingannare la gente ed essere un ipocrita, attirando su di te l’ira di Dio che scruta i cuori. Lascia perdere, fai come tutti!
A tutte queste tentazioni, bisogna rispondere con fede: “Non è divenuta troppo corta la mano del Signore da non poter salvare!” (Is 59, 1) e, quasi adirandoci con noi stessi, esclamare, come Agostino alla vigilia della sua conversione: “Se questi e queste, perché non anch’io?” .
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