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giovedì 28 gennaio 2016

DEI NOSTRI O DEI LORO? di Marco Aime


DEI NOSTRI O DEI LORO? 
di Marco Aime

E poi difendono il presepe, si fanno paladini della cristianità, ne difendono i valori: quelli che vorrebbero affondare i barconi pieni di disperati che scappano da guerra e fame; quelli che fanno titoli di giornale per cui non esistono aggettivi, ma solo abissi disgusto; quelli che continuano a parlare di “noi” e di “loro”, riducendo a due pronomi il caleidoscopio della diversità umana; quelli che dicono ipocritamente “aiutiamoli a casa loro” e poi non lo fanno; quelli che fanno leggi razziste, che condannano un individuo per quello che è e non per quello che fa; quelli che non riescono a provare pietà neppure davanti alla morte (degli altri); quelli che vogliono bombardare; quelli che vogliono fare la guerra, ma ci mandano gli altri; quelli che vorrebbero rendere merce ogni gesto umano; quelli per cui l’unico valore è quello del profitto; quelli che avvelenano il cielo e la terra; quelli per cui accogliere è uno sbaglio; quelli per cui non c’è posto per tutti. E poi dicono di difendere le “nostre tradizioni”.

Molti dei nostri nonni, erano più poveri di noi, vivevano di poco e di niente, spesso faticavano a riempire il piatto di tutta la famiglia. Qualcuno era costretto a migrare. Eppure, se arrivava un viandante, un piatto per lui c’era sempre e un posto per dormire nel fienile o nella stalla.

L’ho già ricordato in queste pagine: in ogni casa del Sahel, terra maltrattata dal sole e dai venti da cui fuggono molti disperati in cerca d’Europa, appena entrati nel cortile troverete sempre, in un angolo all’ombra, un vaso pieno d’acqua fresca con un piccolo mestolo fatto con una zucca. Chiunque voi siate, amico o straniero, di qualunque etnia voi siate, potete entrare, sedervi all’ombra e dissetarvi. Un gesto che fa sentire meno solo il viandante, che fa sentire semplicemente umano chi passa di lì. È gente povera quella che abita in quelle case, che vive di poco, di niente e che per questo sa il valore di un sorso d’acqua.

Dove sono oggi quel vaso, quel sorso d’acqua? Quel fienile? Qualcuno l’ha conservato. Una donna di Lampedusa ha detto: «Noi tutti qui abbiamo un maglione a testa, non di più. Gli altri li abbiamo dati a quei poveri ragazzi, perché dall’altra parte del mare le loro madri avrebbero fatto lo stesso con i nostri figli».

Che lezione di civiltà, dà una madre come tante, di una piccola, piccolissima isola che a due passi dall’Africa, mostra il volto più bello dell’Europa, quello più profondo, quello più dimenticato. E forse non è un caso se ancora oggi, in Sicilia, si entra in un bar chiedendo un bicchiere d’acqua, quell’acqua non vi viene fatta pagare. E non vi chiedono se sei dei nostri o dei loro.
(fonte: Nigrizia - Gennaio)