«ARBEIT MACHT FREI»
Già da diversi anni il 27 Gennaio il nostro Paese fa memoria della Shoàh, lo Yom ha-Zikkaron - il Giorno della Memoria, data questa in cui le Forze Armate Alleate liberarono il campo di sterminio di Oswiecim (in tedesco Auschwitz) dai nazisti. Oltre quel cancello sopra il quale era la scritta: «ARBEIT MACHT FREI» (Il lavoro rende liberi) agli occhi dei liberatori si presentò l'inferno. In quel momento il mondo vide per la prima volta quello che era accaduto, lo sterminio in tutta la sua terrificante realtà.
Il Giorno della Memoria è un riconoscimento di questa immane tragedia, uno sguardo oltre il filo spinato del campo di stermino affinché tutti possiamo meditare "che questo è stato" (Primo Levi).
Shoàh è una parola ebraica che significa «Catastrofe, Distruzione», essa è stata il frutto di un progetto di eliminazione di massa senza precedenti nella storia dell'umanità. Lo sterminio degli ebrei non ha avuto ragioni di espansioni territoriali o politiche, è stato deciso solo sulla base del fatto che il popolo ebraico non meritava di vivere.
«E' una forma di razzismo radicale che vuole rendere il mondo "Judenfrei", "ripulito" dagli ebrei» (Elena Loewenthal).
Mai, a memoria d'uomo, era stato programmato a tavolino, con totale freddezza e determinazione, il massacro di un intero popolo, la Shoàh non è stata soltanto un atto di ferocia inaudita, ma soprattutto un sistema "scientifico" di morte.
Il Giorno della Memoria allora non vuole essere tanto un omaggio alle vittime, un riconoscimento del loro dolore, della loro sofferenza, ma una presa collettiva di coscienza del fatto che l'uomo è stato capace di fare tutto questo. Non è tanto un atto di pietà verso coloro che sono morti ad animarlo, quanto la consapevolezza di ciò che è accaduto, che milioni di persone permisero che accadesse, e che non deve mai più accadere.
Shalom