S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
13 novembre 2015
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“Dio è la grande bellezza, il resto tramonta”
«Non cadere mai nell’idolatria delle immanenze e nell’idolatria delle abitudini» e puntare invece «sempre oltre: dall’immanenza guardare la trascendenza e dalle abitudini guardare l’abitudine finale, che sarà la contemplazione della gloria di Dio». Con la certezza che se «la vita è bella, anche il tramonto sarà tanto bello». Ecco le raccomandazioni, per non cadere nelle due idolatrie, suggerite dal Papa nella messa celebrata, venerdì mattina 13 novembre, nella cappella della Casa Santa Marta.
Francesco ha preso le mosse dal salmo 18, proposto dalla liturgia. In quella preghiera, ha detto, «abbiamo ripetuto: “I cieli narrano la gloria di Dio”: la sua gloria, la sua bellezza, l’unica bellezza che rimane per sempre».
Invece «le due letture — sia quella del libro della Sapienza (13, 1-9), sia quella del Vangelo (Luca 17, 26-37) — ci parlano di glorie umane, anzi di idolatrie». In particolare, ha fatto notare il Papa, «la prima lettura parla della bellezza della creazione: è bella! Dio ha fatto cose belle!». Ma subito «sottolinea l’errore, lo sbaglio di quella gente che, in queste cose belle, non è stata capace di guardare al di là e cioè alla trascendenza».
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E ce l’abbiamo tutti «il pericolo» di avere «questa idolatria di essere attaccati alle bellezze di qua, senza la trascendenza». È, appunto, ha insistito Francesco, «l’idolatria dell’immanenza: crediamo che le cose come sono, sono quasi dèi, non finiranno mai». E «dimentichiamo il tramonto».
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E ce l’abbiamo tutti «il pericolo» di avere «questa idolatria di essere attaccati alle bellezze di qua, senza la trascendenza». È, appunto, ha insistito Francesco, «l’idolatria dell’immanenza: crediamo che le cose come sono, sono quasi dèi, non finiranno mai». E «dimentichiamo il tramonto».
«L’altra idolatria è quella delle abitudini» ha quindi affermato Francesco.
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Ma «anche questa è un’idolatria: essere attaccato alle abitudini, senza pensare che questo finirà». E «la Chiesa ci fa guardare la fine di queste cose». Dunque, «anche le abitudini possono essere pensate come dèi». Così «l’idolatria» consiste nel pensare che «la vita è così» tanto da andare avanti per abitudine. E «come la bellezza finirà in un’altra bellezza, l’abitudine nostra finirà in un’eternità, in un’altra abitudine. Ma c’è Dio!».
Ecco, allora, ha spiegato Francesco, che «la Chiesa ci prepara, in questa settimana, alla fine dell’anno liturgico e ci fa pensare proprio alla fine delle cose create». Sì, «saranno trasformate, ma c’è un consiglio — ha aggiunto il Papa — che Gesù ci dà in questo Vangelo di oggi: “Non tornare indietro, non guardare indietro”». E «prende l’esempio della moglie di Lot».
Anche «l’autore della lettera agli Ebrei», ha fatto infine notare il Pontefice, raccoglie «questo consiglio e dice: “Noi — i credenti — non siamo gente che torna indietro, che cede, ma gente che va sempre avanti”». E Francesco ha rilanciato, a sua volta, il consiglio di «andare sempre avanti in questa vita, guardando le bellezze, e con le abitudini che abbiamo tutti noi, ma senza divinizzarle» perché «finiranno». Dunque, ha concluso, «siano queste piccole bellezze, che riflettono la grande bellezza, le nostre abitudini per sopravvivere nel canto eterno, nella contemplazione della gloria di Dio».
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