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venerdì 20 novembre 2015

"Il Giubileo del perdono" di Massimo Toschi

Il Giubileo del perdono
di Massimo Toschi

Dopo i fatti di Parigi c'è chi chiede di sospendere il Giubileo. Ma proprio in questo tempo segnato da una violenza senza limiti la misericordia e il perdono sono di grande attualità

papa
E’ di 132 uccisi e oltre trecento feriti, di cui ottanta gravissimi, il bilancio attuale di quanto di tragico è accaduto nella notte del 13 novembre a Parigi. Un evento terribile che ha il volto giovane di tanti ragazzi ospiti del cuore di Parigi, e di cittadini che in diversi luoghi, dallo stadio ai piccoli ristoranti, riempivano la città.

La parola guerra è tornata sulla bocca di molti come antidoto ad ogni passività, che genera angoscia. Qualcuno ha scritto che la violenza si sconfigge con la violenza. Affermazione temeraria, perché ogni giorno noi facciamo l’esperienza, su tanti scenari di conflitto, che la violenza non sconfigge ma moltiplica la violenza, in un meccanismo di azione e reazione senza fine.

Noi siamo chiamati a ricordare una ad una le vittime di Parigi, ma non possiamo mai dimenticare gli oltre duecentomila morti della guerra in Siria, i centotrentamila di catturati e dispersi, i quattro milioni di rifugiati nei Paesi confinanti, gli otto milioni di persone rimaste in condizioni terribili di scarsità di cibo e di acqua. Tutti custoditi nella nostra memoria, che non vuole dimenticare nessuna delle vittime, da Parigi alla piana di Mossul a Raqqa.

La guerra c’è già, non si tratta di farla ex-novo. Già ora in queste ore e minuti ci sono uccisioni e massacri di una guerra che ogni giorno si finanzia con il petrolio, con il traffico delle armi, finanziato a sua volta dal petrolio, in un meccanismo perverso, che non finisce mai. C’è sempre qualcuno che compra e vende, secondo i suoi interessi particolari, spesso ignobili, dove gli stessi manipolatori sono manipolati in una continua sovrapposizione di ruoli, in cui si perdono le ragioni e i torti di tutti. E dove si alimenta la strategia della morte di tutti e di ciascuno.

In questo vortice della guerra si è tentato di coinvolgere papa Francesco, ponendo l’astuta domanda di rinviare il giubileo o ancor più di sospenderlo, perchè la dominante della guerra fosse assoluta su tutto. Il presidente Hollande, per rassicurare la sua base ha parlato di guerra spietata cioè senza pietas, quasi che tutte le guerre non siano per definizione senza pietas, e cioè spietate.

E allora per fare le guerre senza pietà, per abolire la pietas, ci si è chiesti se non valeva la pena sospendere il Giubileo e subito qualche aspirante teologo ha parlato di una chiesa che a certe condizioni può giustificare la guerra, secondo antica e fallimentare dottrina e politica.

Padre Lombardi ha risposto in modo netto e limpido: proprio in questo tempo segnato da una violenza senza limiti ci vuole il Giubileo della misericordia e del perdono. Di fronte alla violenza e contro la violenza serve la parola della misericordia e del perdono.

La vera sfida del Giubileo non è andare a Roma (e in ogni luogo di cura di sofferenza, di comunione, di preghiera), ma vivere il Giubileo come grande scuola di misericordia e di perdono in cui Gesù ci ammaestra con il suo Vangelo.

Ecco la parola ingombrante del perdono, che oggi mantiene tutta la sua forza di guarigione e di scandalo. La terza guerra mondiale fatta a pezzi, di cui la guerra contro l’Isis è un aspetto decisivo, la si vince con la cultura e non con le armi, perchè la misericordia e il perdono sono capaci di disarmare le mani e i cuori di molti. Sono efficaci e potenti, ben di più dei kalashnikov usati a Parigi.

Noi dobbiamo chiedere perdono, perché abbiamo inaugurato la guerra in Libia e in Siria, nella convinzione che questa fosse la via giusta, e oggi assistiamo ad un grande scialo di morte, di cui anche noi siamo corresponsabili.

Noi dobbiamo chiedere perdono perchè alimentiamo i giacimenti della cultura della violenza, che non vogliamo e non siamo in grado di bonificare. Basti ricordare la questione israelo/palestinese.

Noi dobbiamo chiedere perdono perchè siamo complici di trafficanti di armi, di petrolio, di denaro, di politica e cerchiamo di lucrare sulle sofferenze dei popoli. Noi dobbiamo chiedere perdono, perchè alimentiamo l’illusione della efficacia della guerra

Il perdono ci libera dalla prigionia dell’odio e della paura, i veri cattivi consiglieri di questa guerra, che moltiplica i fondamentalismi e fanatismi. Il perdono è la vera forza culturale, che può cambiare le grandi religioni del libro. Può spingere i cristiani, i musulmani e gli ebrei a convertirsi dalla giustificazione religiosa e politica della violenza. Ecco la via maestra, per abbattere il muro della inimicizia e del conflitto per il conflitto. La sua forza sta nell’impossibile di Dio, perché ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio.

Il rabbino, l’imam e l’arcivescovo di Parigi hanno voluto combattere insieme la loro battaglia spirituale, nella consapevolezza che da questa crisi culturale prima che militare, se ne esce insieme e non da soli, tanto meno gli uni contro gli altri.

Putin e Obama si sono incontrati ad Antalia in Turchia, al G20. E’ un primo passo del lungo viaggio della pace. E il passo deve diventare rapido, perché davvero il tempo della pace si è fatto breve. Dunque grande politica con grandi attori, per uscire da una crisi politico/militare che può travolgere tutti.

Il perdono e la misericordia sono parole potenti, nella loro apparente impotenza, perché la loro efficacia non dipende dalla loro forza, ma dalla loro verità, dal loro narrare il mistero di Dio e per questo sono capaci di illuminare di luce nuova la storia e i suoi drammatici, tragici processi.

Per questo papa Francesco chiama al Giubileo della misericordia, non per una fuga spiritualista, ma per una vera immersione nei sotterranei della storia, là dove il dolore delle vittime ha il respiro di Dio. Per questo il papa non rinuncia al Giubileo e aprirà la porta santa della misericordia a Bangui e non a Parigi, non per sottovalutare la Francia, ma per chiamare cristiani e musulmani a rendere concreta la parola del perdono, che tutti accoglie e nessuno esclude.
(fonte: Città Nuova)