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sabato 28 novembre 2015

S.TERESA D’AVILA In Dio conosciamo noi stessi: il “Castello Interiore” - prima parte - (VIDEO)

S.TERESA D’AVILA
In Dio conosciamo noi stessi: il “Castello Interiore” 
- prima parte -
Alberto Neglia, ocarm



Incontro del 04.11.2015 inserito nell'ambito dei
I MERCOLEDÌ' DELLA SPIRITUALITÀ 2015
S. TERESA D’AVILA DONNA IN CAMMINO CON DIO 
Nel V Centenario della nascita (1515-2015)
promossi dalla Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto (ME)





Sotto il segno dell’efficienza
Si ha l’impressione che l’esperienza umana oggi sia proposta e sia vissuta sotto il segno dell’efficienza. All’interno di questo paradigma diventa sempre più difficile per l’uomo fermarsi per stare con se stesso, ognuno sente il bisogno di proiettarsi in un attivismo che gli dia l’impressione di essere vivo, ed efficiente nella società.

Di fronte a questa deriva che rischia di vanificare il senso profondo della nostra vita credo che sia opportuno riflettere sulla necessità di recuperare, una intensa vita interiore.

Ovviamente, con vita interiore non alludiamo ad intimismo o a un gioco psicologico, ma all’impegno a recuperare noi stessi come persone e di organizzare la nostra vita e le nostra missione dal di dentro, cioè, da un consapevole rapporto di amicizia con il Dio vivente che nel figlio suo Gesù ci visita, ci fa crescere come figli e come fratelli e ci coinvolge a stare nella storia con la sua stessa passione. 


La vita interiore non si improvvisa
È chiaro che la vita interiore non si improvvisa, né è un fatto automatico. È frutto di una lotta prima di tutto con se stessi. Paolo ce lo ricorda: «Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti secondo l’uomo interiore mi compiaccio per la legge di Dio, ma vedo una legge diversa nelle mie membra che osteggia la legge della mia mente» (Rom 7,21-23).

Lasciare emergere l’uomo interiore, quindi, non è un dato di fatto, è un cammino. Oggi si attivano tanti pellegrinaggi, ma il vero pellegrinaggio è quello della conversione, quello verso l’intimo di sé dove abita Dio. Il viaggio più lungo e più impegnativo è quello che conduce ad «essere rafforzati dallo Spirito nell’uomo interiore» (Ef 3,16), che fa del nostro corpo il tempio dello Spirito (1Cor 6,19). Qui vedo e gusto quanto è buono il Signore (Sal 34,9) e, dalla sua presenza in me, più intima di quanto io possa esserlo a me stesso (intimior intimo meo) (S. Agostino), ricevo il mio essere me stesso. 

«Il viaggio più lungo è il viaggio interiore», annotava Dag Hammarskjold, anche se si tratta, in questo viaggio, di trovare un centro che non è fuori di noi, ma in noi.

Ma è anche il più impegnativo, richiede infatti il coraggio di sottrarsi alle mode, di andare incontro all’impopolarità e di sapersi conciliare con una certa solitudine e con i propri limiti.

In questa riflessione ci lasceremo guidare da Teresa d’Avila che nei suoi scritti evidenzia la necessità e il dinamismo di questo cammino.



Teresa donna itinerante
Il tema del cammino non solo è presente ma è dominante nell’esperienza e negli Scritti di Teresa. Lei ha viaggiato a lungo per fondare e visitare i 17 monasteri a cui ha dato vita. Una delle sue opere porta come titolo Cammino di perfezione. E, all’interno di quest’opera Teresa si consegna a Dio “Camminiamo insieme, Signore: verrò dovunque voi andrete, e per qualunque luogo passerete passerò anch’io” (Cammino di perfezione 26,6). È ovvio che l’andare va oltre il camminare per le vie di Spagna, ma è un lasciarsi coinvolgere nel ritmo e nello spazio di Dio. Alla fine della sua vita, dice che le mancava di percorrere l`ultimo tratto di strada, quello tra terra e cielo, e, prima di morire, esclama: «È ora, Sposo mio che ci vediamo. È tempo di camminare» Teresa, quindi, è una “itinerante” e le è congeniale vedere l’avventura spirituale come un cammino.
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Teresa sta dicendo che ci sono vari “modi di essere”, cioè, di vivere la propria esperienza umana e cristiana, per cui potremmo dire: il fuori del castello è il luogo in cui la persona non vive la libertà del proprio possesso; al contrario è soggetta al dominio di forze che le sfuggono. Per Teresa essere fuori significa essere alienati, privi di autenticità di vita, in modo superficiale, condizionati dalle suggestioni immediate che lasciano nel vuoto e determinati dal banale (cf. 1Pt 1,18)
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